Bo Botto
Musica e trance
Gilbert
Rouget: MUSICA E TRANCE. I rapporti fra la musica
e i fenomeni di possessione. Einaudi, 2019 | Alessandra Orlandini
Carcreff :
SCIAMANESIMI . Storia, miti e simboli dal Grande Nord al Mediterraneo. Lindau, 2019
Le edizioni Einaudi che
tradussero nel 1986 la prima edizione (1980) de La musique
et la transe di Gilbert Rouget
pubblicano adesso l'edizione rivista e ampliata nel 1990 (nel frattempo alla
considerevole età di 101 anni l'autore è morto). Attivo nel campo
dell'etnomusicologia - cui si dedicò con numerose registrazioni, alcune finite
su vinile - con questo lavoro si affermò anche fuori di questo campo specifico,
dove i lavori di Metraux, DeMartino,
Eliade e altri tenevano campo. Ma, per esempio
proprio con Eliade, si tendeva a non distinguere -
come osserva Alessandra Orlandini Carcreff
- fra l'estasi sciamanica e la possessione, al contrario di quel che fece Rouget nella sua ricerca: "La differenza tra trance
sciamanica e trance di possessione appare in triplice forma: la prima è un
viaggio dell’uomo presso gli spiriti, la seconda è la visita di uno spirito (o
di una divinità) presso gli uomini; nella prima il soggetto in trance domina lo
spirito che si incarna in lui, nella seconda è il contrario; infine la prima è
una trance volontaria, la seconda è una trance involontaria".
Quanto alla parola
"trance", Rouget osserva che "con ogni
probabilità, è stato lo spiritismo il primo a dare alla parola «trance» il
significato attribuitogli attualmente in etnologia religiosa. Essa era
utilizzata in effetti, alla fine dell’800, per indicare «lo stato del medium
spersonalizzato come se lo spirito estraneo avesse preso il suo posto». Ma la
vita delle parole non obbedisce solo alla logica dell’etimologia. Se «trance»
ha sostituito poco alla volta «estasi» nella descrizione degli stati di
possessione, forse è anche perché, in inglese come in francese, trance evoca
insieme tremare e danzare, riassumendo cosí, o
piuttosto fondendo, alla maniera di Lewis Carroll, due aspetti particolarmente
caratteristici di questi stati".
Felice nell'espressione e
ricco di rimandi - tanto che l'autore stesso lo riteneva per gran parte un
lavoro "di compilazione" - Rouget non
implica la musica come semplice elemento scatenante della trance, della
possessione o anche della "cura" ma ne sottolinea piuttosto la
funzione socializzante con la sua capacità di coinvolgere e commuovere. La
bella ed esaustiva introduzione di Francesco Giannatasio
sfora il tramezzo delle scienze cognitive e delle alterazioni della mente
affermando senza indugi che la ricerca di Rouget
"resta tuttora un’insostituibile opera di riferimento per comprendere e
affrontare la complessità dei problemi implicati nella relazione fra musica e
stati di coscienza".
“Fogli di Via” gennaio 2020