le
voci che corrono
George A. Romero
> La terra dei morti viventi (Land of the dead, 2005)
"Gli zombie
camminano, non corrono". Gli zombie, cinematograficamente
parlando, li ha inventati lui, dunque se George A. Romero dice che camminano significa che camminano, punto e
basta, le altre, e se ne contano, sono stupide imitazioni. Camminavano quelli
dell'Alba dei morti viventi, fantasmi di una guerra che era incubo della
coscienza di una nazione, camminavano quelli di Zombie, figli di una
rivoluzione sconfitta, e camminavano quelli del Giorno degli Zombie,
esercito di colletti bianchi morti da tempo. E oggi sono pronti a camminare
anche gli zombie di Land of the Dead, l'ultima fatica di un lucidissimo e quantomai coraggioso Romero.
Gli ultimi zombie che
lemme lemme, quasi caracollando, distruggeranno uno
degli ultimi bastioni umani: e questa volta rappresenteranno i poveri, i
rivoluzionari, gli emarginati, gli oppressi, gli sfruttati e anche i
terroristi. Camminano e iniziano a pensare, iniziano a reagire ai massacri
compiuti dai vivi, iniziano a capire come funzionano le loro armi e usarle.
Loro che vorrebbero solo la pace. Alla fine lo spettatore tiferà per gli
zombie. Solo Romero poteva creare un effetto di
questo tipo per esseri a dir poco ripugnanti che si nutrono, e nel film si
vede, di carne umana. Land of the Dead è il primo film
veramente "politically incorrect"
realizzato dopo l'11 settembre 2001. Intendiamoci bene: è un horror, tanto
splatter da fare rabbrividire Dylan Dog o da fare
impallidire Edgar Allan
Poe, ma è colmo e stracolmo di riferimenti politici e sociali, come sempre
succede con i film di Romero. Una pellicola
coraggiosa che entusiasmerà i fanatici di zombie, lupi mannari e vampiri, ma
che divertirà e farà pensare anche gli altri. Ci sono frasi che non possono
sfuggire. Come queste: "sogno un mondo senza barriere", "le
barriere che abbiamo costruito per difenderci ci uccideranno", "noi
non trattiamo con i terroristi", "voi che non avete il potere non
potete capire qual è la nostra responsabilità", non possono andare
perdute.
Il film, che in Italia arriverà a metà luglio e che vede protagonista anche Asia Argento, racconta di un mondo in cui i morti hanno preso il sopravvento e i pochi vivi sono costretti a trascorrere l'esistenza in una città fortificata da mura, Fiddler's Green , oppressi all'esterno dagli zombie e all'interno da una specie di despota (Dennis Hopper) che dal suo grattacielo, circondato da mercenari senza scrupoli, sfrutta gli abitanti della città. Hopper è semplicemente splendido per quanto è dissacrante. Non solo è il primo attore a mettersi le dita nel naso davanti a una cinepresa, ma è la caricatura perfetta del nuovo repubblicano misericordioso, come ama definirsi George W. Bush. Lo abbiamo incontrato, George A. Romero, a Los Angeles, occhialoni con montatura nera ed eterna sigaretta in bocca, nonostante i severissimi divieti.
Allora, mister Romero, questo è un film decisamente politico. Dobbiamo
temere gli zombi o sperare di diventare zombie?
Nel mio mondo tutti
diventiamo zombie, ma siamo sempre noi. Penso a loro come una forza esterna.
Sono un gruppo rivoluzionario. Vedono le cose in modo diverso. Ho cercato di
limitarmi, ma credo rappresentino gli afgani, gli iracheni. C'è quella scena
del tank che entra in città e fa una strage. È ovvio.
Chi può biasimare queste persone perché non gli andiamo a genio? E poi
pensateci: se c'è gente così incazzata con noi occidentali
una ragione ci sarà, no?
Probabilmente sì. Ma
lei da che parte sta? E non crede che negli States ci
sia una parte della popolazione che segue il leader a prescindere dalle sue
idee o dalle sue azioni? Basta sia forte? Così come Dennis
Hopper nel film?
È esattamente quello
che succede da entrambi i lati della barricata nella pellicola. Sì, credo
succeda anche nelle moderne democrazie. In particolare quelle che danno un
forte valore alla fede e ai suoi rappresentanti. Poi io ho sempre simpatizzato
per gli zombies, hanno un che di rivoluzionario.
Rappresentano il popolo solitamente senza idee autonome che a un certo punto,
stanco dei soprusi, si ribella. Eravamo noi nel '68. E ora siamo morti, no? I
nostri ideali sono morti, io sono uno zombie.
Questo è il primo film in cui i
morti imparano a prendere le armi e lottare a loro volta contro i vivi?
No, ma è la prima volta
che gli zombie si evolvono così tanto, uno in particolare, dopo l'ennesima
strage compiuta dai vivi, il leader. Un germoglio di intelligenza e questo
basta perché gli altri lo seguano.
La rabbia come impulso
al terrorismo e alla rivoluzione? Dunque basta seminare rabbia? È questo il
monito?
Alla rivoluzione o al
terrorismo, certo. Per fare rivoltare gli zombie li ho fatti arrabbiare, li ho
massacrati, li ho isolati. Alla fine la reazione arriva sempre, è naturale. E
noi questa reazione ce la siamo cercata e secondo me adesso è sempre più
difficile tracciare la linea che divide un terrorista da un patriota.
Veniamo agli effetti speciali.
Per le scene più cruente, come negli altri film, avete usato interiora di
maiale?
Diciamo che per me la
vita è una questione tutta viscerale. Però questa volta abbiamo usato anche
tecniche digitali, oltre a maiale, ovviamente. A me interessa che la sequenza
sembri reale, come ci si arriva è secondario.
E come mai ha scelto Asia
Argento?
Sono un vecchio amico
di Dario e conosco Asia da quando era bambina e non aveva ancora un tatuaggio.
È una donna forte ed era perfetta per questo ruolo.
È l'inizio di una nuova trilogia?
Io lo vedo come un
quarto film, ma se al pubblico piacerà si potrà parlare di una nuova trilogia.
Si sente "artisticamente
intrappolato"?
No, amo il genere. E
poi non sono un patito del lavoro. Pensavo di essere già in pensione. Cioè, non
sono finito, ho ancora tante idee, ma non sento l'urgenza di essere chiamato
dal mio agente con una nuova proposta. Davvero. Non ho mica una casa a Malibu da mantenere come molti miei colleghi. Vivo a
Pittsburgh. Diciamo che sono un'allegoria, la stessa dei miei film, la vecchia
società mangiata e distrutta da quella nuova.
George A. Romero, intervista di Andrea Carugati – “L’unità”
– 25 giugno 2005
§
... Le opinioni della
critica sono fortemente contrastanti. Da un lato c'è chi già parla di
capolavoro e del ritorno del Maestro, dall'altro chi lo considera spazzatura
bella e buona, ma l'impressione generale è che serpeggi una certa delusione di
fondo e che anche chi lo esalta si arrampichi sugli specchi per nascondere un
non so che di amaro. Per Bob Blackwelder, recensore
di Splicedwire, il film: "... non offre
niente di nuovo, ma è pervaso dallo stile semplice e diretto di Romero che rende digeribile anche quanto nel film non è
convincente. Anche il trucco e lo stesso modo di comportarsi e di camminare
degli zombie è più convincente e terrorizzante di quanto sia dato a vedere nei
film di genere". Jeffrey Westhoff,
Northwest Herald
ha scritto: "Quello che colpisce maggiormente nel film non è tanto la pur
splendida realizzazione scenica, ma la stupenda visione speculare presentata da
George Romero dell'America
post 11 settembre" . ... Ferank Swietek, One Guy's Opinion:
"Niente di più di un film di zombie, ma un film di zombie di prima
categoria, buono, pieno di macabro divertimento, inscenato con abilità e con un
senso dell'umorismo deliziosamente perverso". ... Chuck
O'Leary, Fantastica Daily:
"Land of the dead è il peggiore dei quattro film sugli zombie di Romero e appare chiaro che non sarebbe mai dovuto essere
girato". Fiore Mastracci, Outtakes
with Fiore:
"Una stupidaggine horror al di sotto della media che avrebbe dovuto essere
realizzata direttamente per il mercato dei video". ... Scott
Weimberg, Efilmcritic.com: "Land of the
dead funziona e, qua e là funziona veramente bene... ma non è un classico e
dubito seriamente che sarà mai considerato tale". ... Brian Juergens, Freeze Dried Movies: "Una
meditazione vivificante e sensata sulla tolleranza che fa benissimo il suo
lavoro pur mascherandosi da film di zombie". ... Greg
Maki, Star-Democrat:
"Qualsiasi cosa Romero abbia deciso di dire
viene seppellito da un assordante fuoco di sbarramento ed esplosioni". ...
Beatrice Manganelli, ”www.horrormagazine.it”,
29 giugno 2005