Nicola Caricola

“Sotto il sole di Riccione”. Intervista a Enrico Vanzina

 

Sotto il sole di Riccione è un film firmato da Younuts, ovvero da Niccolò Celaia e Antonio Usbergo. Il titolo fa pensare al romanzo di Georges Bernanos, Sotto il sole di Satana, ma si riferisce alla canzone di Thegiornalisti, dei quali Younuts girano i video. E il ritmo di un video di tre minuti non è quello di un film di cento minuti. La supervisione di Enrico Vanzina – produttore, soggettista e sceneggiatore di Sotto il sole di Riccione – l’ha reso un’opera lieve eppure matura, perfetta per la diffusione su Netflix. L’archetipo è Sapore di mare di Carlo e Enrico Vanzina, ma solo Enrico e Isabella Ferrari sono in comune tra i due film. E del resto non c’è né stessa spiaggia, né stesso mare. In Romagna si spende meno e ci si diverte di più che in Versilia. Se cambia dunque la cornice, restano i sentimenti degli adolescenti nei b&b e di una madre che si concede un grande albergo. Ne parliamo con Enrico Vanzina.  

 

-Sotto il sole di Riccione ha tre personaggi in età e dieci ventenni. Rispetto a Sapore di mare gli adulti non determinano le vite dei figli. E’ così cambiata la condizione giovanile?

“Beh, certo che è cambiata. Ai tempi di Sapore di mare, negli anni ‘60, i genitori avevano un grande potere coercitivo sui figli. Oggi è tutto diverso. Ma il film non indaga sui rapporti di potere tra genitori e figli. Anzi, nelle mie intenzioni c’era l’opposto. Volevo fare un film di riconciliazione tra grandi e giovani. Nel film, in qualche modo, alla fine i giovani capiscono meglio i problemi dei più grandi. E viceversa”.

 

-Girato nel 1982, ambientato nel 1964, Sapore di mare era un’operazione nostalgia; Sotto il sole di Riccione è un quadro del presente. Ciò perché agli spettatori di allora interessava la gioventù dei loro genitori, mentre agli spettatori di oggi no?

“Guarda che, in un certo senso, anche questo film è nostalgico. Dal punto di vista formale, d’accordo con me, i registi Younuts hanno scelto una cifra molto anni ‘80. Che si vede e si sente. Ma soprattutto il film racconta la nostalgia per i ‘sentimenti’. Sembra strano puntare sui sentimenti dei giovani nel terzo millennio. Invece, vista l’adesione del pubblico giovanile, questo punto di vista si è rivelato vincente. I sentimenti appartengono a tutte le generazioni. E’ quasi banale dirlo, ma nessuno ci pensava più”.

 

-Sapore di mare era denso di canzoni d’epoca. Sotto il sole di Riccione è solo canzoni recenti…

“Questo film è contemporaneo. E la musica di Tommaso Paradiso è il top del contemporaneo. E’ forte, facile, complessa, tenera, non stupida. E’ una colonna sonora della vita”.

 

-Quasi ogni film recente evoca malattie o disgrazie. In Sapore di mare Angelo Cannavacciuolo si rompeva la gamba, ma, ingessato, rincorreva ugualmente Karina Huff alla stazione di Viareggio; in Sotto il sole di Riccione c’è la cecità di Lorenzo Zurzolo, che non guarisce e che non fa, giustamente, ridere.

“Questa è una commedia romantica. Fa sorridere ed emoziona. Sapore di mare aveva attori comici ed era una commedia spostata di più sul lato umoristico. Ma sempre di commedie stiamo parlando. E nelle commedie il mix tra umorismo e romanticismo è un po’ la cifra narrativa che prediligo”.

 

-Versilia e litorale romagnolo hanno un pubblico diverso. L’ex “ragazza bene” di Sapore di mare, Selvaggia, non ha cambiato interprete, ma ha cambiato mare: perché?

“Questo non è un sequel. E’ una storia original, come piace dire a Netflix. Selvaggia era Selvaggia: qui Isabella Ferrari, se mai, interpreta un po’ il ruolo di Virna Lisi. Scherzo. Ma è un po’ così”.

 

-Andrea Roncato è Il bagnino seduttore di una volta, che vive di ricordi.

“Nel film c’è molta malinconia. Che poi è un verso di una canzone di Tommaso Paradiso che sta nel film. Il personaggio di Roncato è, secondo me, bellissimo. E’ un manuale della malinconia dei maschi italiani sbruffoni, i quali alla fine devono fare i conti col passato. Anche il rapporto tra Isabella Ferrari e Luca Ward, il buttafuori, è malinconico. Ma l’intero racconto è venato di malinconia anche sul terreno allegro dei giovani, che scoprono il senso del tempo. E, quando si analizza il tempo, diventa tutto sempre malinconico”.

 

-Di tante donne, solo un amore, francese e lontano, rimane al bagnino, che si chiama Gualtiero, come Jacopetti, avvocato-seduttore in Un giorno in pretura di Steno…

“Non ci avevo proprio pensato. Penso sempre molto a mio padre, Steno. Ma questa volta lui non c’entra. O forse sì. Qualcosa di inconscio. Vallo a capire”.

https://www.barbadillo.it/