Sandro Ricaldone
Addio a Isidore
Isou (1925–2007)
Che sia occorso ad Ungaretti, anarchico in gioventù oltre che grande console di
Francia nell’immaginaria repubblica ceccardiana d’Apua e, soprattutto, estremo
scarnificatore del verso, ridotto ad un impianto fondato sulla parola o,
addirittura, su ritmi di scansione sillabica, di munire un giovanissimo poeta
rumeno di nome Isidore Isou incontrato a Roma durante la sua marcia
d’avvicinamento a Parigi nell’immediato dopoguerra, d’una lettera di
presentazione a Jean Paulhan non è da considerarsi circostanza semplicemente
casuale, bensì (piuttosto) uno di quegli inavvertiti passaggi di consegne che
talvolta segnano simbolicamente la vicenda della poesia.
Poco più d’un anno dopo, nel 1947, Isou pubblicava infatti nella capitale francese,
presso Gallimard, la sua Introduction à
une nouvelle poesie et à une nouvelle musique in cui dopo aver analizzato
gli svolgimenti della poesia universale propone la ”distruzione delle parole” e
la loro sostituzione con le lettere, atte ”a captare ogni sollecitazione”,
capaci d’”integrare tutto nel Tutto”, di agire ”contro il linguaggio, per il
piacere della lingua".
E’ questo il punto di partenza dell’"avventura lettrista”, cui Isou ha
dato avvio e nel cui alveo non ha cessato d’accumulare, con i suoi compagni,
sovente con notevole anticipo rispetto agli svolgimenti della cultura
contemporanea, elaborazioni teoriche, procedimenti artistici, prassi
comportamentali e profezie sociologiche (come quella del ”Soulévement de la
Jeunesse” teorizzato nel ”Traité d’economie nucleaire” (1949), che già
prefigura i moti studenteschi del Maggio ’68) lungo la direttrice di una
progressiva decostruzione e smaterializzazione dell’opera.
Sotto il profilo sonoro e musicale, la riflessione sulla tematica del silenzio
che dalla complementarità tra ”instant bruit” e ”instant silence”, presenza
invisibile, ”granulo di niente”, approderà nel 1959 alla proposta
dell’“afonismo” s’inscrive nella prospettiva di un azzeramento delle opzioni
già esplorate.
In ambito visivo l’“ipergrafia” vede il passaggio dagli alfabeti esistenti
all’invenzione di nuove lettere e segni mentre su un piano più generale la
teorizzazione di matrice matematica dell’“arte infinitesimale” (1956), che
attribuisce agli elementi percettibili dell’opera la funzione non più di
rappresentare sé stessi ma di evocarne altri, totalmente immaginari, marca il
passaggio ad una sfera contraddistinta da immaterialità e indeterminazione.
Al di là della qualità artistica degli interventi di Isou nelle diverse discipline
(nel teatro e nella performance, come nella fotografia e soprattutto nel
cinema, con il celebre Traité de bave et
d’eternité, del 1951) che hanno profondamente influenzato tendenze come la
poesia sonora, la scrittura visuale, il cinema della Nouvelle Vague e
dell’Underground americano, il Nouveau Réalisme, risulta palese l’ampiezza e il
carattere sistematico del tentativo di rifondazione dell’arte contemporanea,
compiuto da Isou lungo l’arco d’un sessantennio.
“La Créatique ou la Novatique”, opera capitale dei suoi anni maturi, pubblicata
solo nel 2003, dà conto del progressivo definirsi di una vera e propria
metodologia della creazione.
E ci s’accorge, oggi, a ridosso della sua scomparsa, avvenuta a Parigi il 28
luglio, all’età di ottantadue anni, che la sua vicenda artistica è stata
realmente la ”valanga” ch’egli aveva annunciato nel suo primo manifesto.
“Il Secolo XIX”, 4 agosto 2007