Charles de Jacques

i due Rebatet

Lucien Rebatet: I DUE STENDARDI. Settecolori, 2021

Presente sul mercato editoriale da più di quarant'anni la Settecolori fondata da Pino Grillo si distinse subito dalle produzioni "militanti" - della cerchia che per comodità non troviamo niente di meglio se non definirla "neo-fascista" - facendo una scelta più letteraria che altro (il nome è quello del romanzo di Robert Brasillach) come la rivendicazione orgogliosa di un patrimonio culturale e non la monotona, e molto spesso triviale, insistenza sugli "orientamenti". Contribuì, all'epoca, lo sfondamento mediatico della Nuova Destra francese di Alain de Benoist con la fuoriuscita da angusti circoli ideologici ancorché certe occorrenze fossero nell'aria, anche in Italia, specie in ambito giovanile. Morto il fondatore la casa editrice è passata al figlio Manuel che ultimamente ha impresso nuovo vigore all'ispirazione originaria con larghezza di intenti ben visibili a cominciare dall'impostazione grafica dei volumi.

Nella scelta dei primi titoli della nuova collana, che con indecifrabile ridondanza withmaniana si chiama "Foglie d'erba", coerenza e rinnovata elasticità si compenetrano. La inaugura Il Grande Gioco nell'India di Kipling in cui Peter Hopkirk ha voluto evocare nel titolo il suo libro più celebrato (Il Grande Gioco perlappunto). Le prime battute del testo sembrerebbero tener duro e non mancano di fascino. Tuttavia il prosieguo - un'analisi del Kim di Kipling attraverso temi e luoghi, comunque accurata - sembra più che altro un'esaltata agiografia priva per giunta di pietre di paragone. Un altro dei nuovi titoli è il saggio di Victoria Ocampo su Lawrence d'Arabia (338171 T,E) nel quale la madrina della moderna letteratura sudamericana - amica di Roger Caillois, al quale il libro è dedicato, e di tanti altri letterati europei, da Virginia Woolf a Drieu La Rochelle, da Ortega a Malraux - ritrova il tratto esemplare dell'autore dei Sette Pilastri nel pensiero e nell'azione "impegnati fianco a fianco, lo stile nella materia scritta e nella vita vissuta, lo stile nella scelta degli atti come nella scelta delle parole".

Il libro più appariscente, che con le sue oltre mille pagine ha l'aria di un'impresa da grande editore, è ad ogni modo la traduzione (di Marco Settimini, autore anche dell'interessante postfazione) de Les Deux Étendards di Lucien Rebatet auspicata da anni e progettata fin dalla passata gestione della casa editrice. I Due Stendardi ha il corpo di un grande romanzo ottocentesco che contrasta (romanzoni di Aragon a parte) con la letteratura in voga all'epoca in cui fu scritto, gli anni Quaranta del secolo scorso (fu pubblicato da Gallimard nel 1952) quando l'autore era in galera.

Sullo sfondo della Francia di un secolo fa, con anche discussioni intorno alla religione e alla letteratura - Fenelon, Claudel, Balzac, Sant'Ignazio di Loyola, Platone, Valery. ... - condite da esclamazioni tipo (nella traduzione) "cazzarola" o "perdirindina", il romanzo racconta di un amore a tre fra giovani, ma non si deve pensare a un Jules e Jim moltiplicato per quattro nella mole. I protagonisti sono Michel, Régis e Anne-Marie. Il primo, che per aver studiato dai preti adesso paganeggia, incontra il secondo, orientato verso i gesuiti, quando la terza è novizia in un ordine religioso femminile. Régis, nonostante la vocazione, è innamorato di Anne-Marie e di lei, in un contesto di mistica sensualità, capiterà innamorato anche l'altro. Nell’ultima battuta del libro, al lacerato Michel, Règis esclamerà "io le lascerò un ricordo luminoso!"

Lucien Rebatet fu negli anni Trenta critico cinematografico a "Je suis partout", la rivista che nata nell'ambito dell'Action Française (direttore Pierre Gaxotte) prese con Robert Brasillach a capo.redattore una piega più marcatamente filofascista. Rispettivamente nel 1938 e nel 1939 dedicò due numeri speciali a "Les Juifs" curati da Rebatet che vi pubblicò anche un lungo saggio dove si disse convinto della colpevolezza del Capitano Dreyfus decenni dopo che fu dimostrata la sua innocenza.

"Siamo razzisti", scriveva Rebatet nel 1941, "l'esperienza ci insegna che esiste una sorta di uomini chiamati "Ebrei" che si rivelano inassimilabili alle nostre antiche stirpi" inoltre "per un sadismo razziale di cui abbiamo innumerevoli esempi nella storia, gli Ebrei, padroni del potere, hanno approfittato dei mali del paese ... per attuare una delle loro più dure vendette" (la sconfitta della Francia). In Les Décombres, pubblicato da Denoel nel 1942, questi brutali motteggi si andranno a confondere, nelle sei parti in cui è diviso il libro, con la feroce polemica - ormai Rebatet passato deciso al campo Nazionalsocialista - nei confronti di Maurras e de l'Action Française e con il disprezzo per letterati e artisti ebrei (fra gli altri Bergson, Soutine, Benda).

Nella prefazione all'edizione italiana de I Due Stendardi, Stenio Solinas ammonisce chi pensasse a una sorta di riscatto dell'autore attraverso la letteratura che non ci sono due Rebatet. Sia come sia, nonostante i precedenti di Rebatet, I Due Stendardi venne accolto con favore da scrittori e critici di diversa provenienza, da Jean Paulhan a Pol Vandromme, da Antoine Blondin a Jean Duvignaud fino a George Steiner che lo ritenne "uno dei capolavori segreti della letteratura moderna, superiore a qualsiasi libro di Céline". Il grande sinologo Étiemble, già maoista poi ravveduto, lo definiva "intelligente quanto La Montagna Incantata".