Il testo che segue è tratto da Sul Suicidio e altri scritti dall’Album d’un Pessimiste pubblicato postumo, nel 1835, dagli amici
dell’autore. Rabbe (Riez
1784 - Parigi 1830) ebbe fra i suoi ammiratori Saint-Beuve
e Baudelaire. Non si dimenticò di lui il Surrealismo e André Breton lo citò
alcune volte e sua è la definizione di Rabbe come
"surrealista nella morte". Di questi scritti si veda l’edizione
italiana pubblicata da FdV-De Ferrari editore nel
2020.
Alphonse Rabbe
Imprecazioni contro i Napoletani
Vili
abitanti dell'impura Partenope, posterità indegna e
debilitata degli antichi alleati di Roma vittoriosa e padrona del mondo;
impudenti parodisti di tutto quanto v'è di sublime nel libero genio
dell'antichità: coraggiosi e valorosi Napoletani, vivete dunque questa vita se
vi è così cara!
Guardateli,
questi uomini destinati a morire!... questi moderni termopiliani
il cui giuramento magnanimo e le cui solenni proteste erano risuonate per le
valli dell'Appennino, fino alle cime più alte di quei monti paterni che
dovevano difendere! Eccoli gli Spartani della modernità! Dovevano morire, ed il
vincitore accampa dentro le mura; il sole s'indigna mentre li rischiara seduti
agli stessi tavoli dei nemici che tra poco li calpesteranno.
Morire!!! È
ben bene insanguinato il ridicolo che li ricopre! Che immersione inevitabile
nei flutti della derisione e dell'infamia per questi miserabili! Morire!!! No,
non morirete: la libertà severa e terribile di cui avete compromesso l’augusta
causa; l'odio dei popoli di cui avevate usurpato la stima con le vostre
dichiarazioni e di cui avete tradito la giusta speranza con la vostra inaudita
defezione, vi negano l'asilo del trapasso.
Vivete
dunque, ma che sia per la vergogna ed il patimento! Che una tirannia
crudelmente infaticabile vi faccia provare la sua inventiva nell'infliggere
dolore. Sulla terra feconda e magnifica dove avete permesso di piantare le
insegne straniere, sotto il cielo dorato ed azzurro di cui eravate indegni le
fronti vi si coprano di sudore mentre spalle e fianchi vengono feriti senza
tregua dalla sferza della servitù! Pane risicato sia tutto il ricavo dei vostri
sforzi penosi! Altrettanto schiave, le vostre donne siano condannate a maledire
un'infelice fecondità; le vostre figlie crescano ornate di cospicua bellezza al
solo scopo di eccitare la cupidigia dei vostri padroni; sotto i vostri occhi,
trascinate nelle orge in cui servirete come vili eunuchi, le loro attrattive
giovanili siano offerte senza veli ai loro sguardi sfrontati; i vostri stessi
figli siano, fin dalla tenera età, macchiati e consumati da un'infame
prostituzione…
Esci dalle
grotte di Capri, ombra mostruosa di Tiberio! Sussurra nell'animo dei barbari
discendenti dei rozzi slavoni le sottigliezze della tua tirannia feroce e gli
orrori ingegnosi della tua dissolutezza. Avvilisci un popolo che non volle
essere libero; cancellagli, sotto il giogo dei nuovi padroni, non solo la
memoria di tempi migliori ma persino il ricordo del nome stesso di libertà.
I popoli
liberi dell'Europa intrecciavano corone e preparavano canti di gloria per i
difensori della Partenope rigenerata; e d'un tratto
le ghirlande sono appassite ed il liuto gli si è spezzato. I tiranni si sono
affrettati a guardarli superbamente sdegnati: osservate, hanno detto loro, le
imprese meravigliose dei vostri fratelli!... E in questa ironia i loro schiavi
hanno trovato un motivo di riso irrefrenabile.
Su,
aggiungetevi agli altri schiavi; siate i martiri della bassezza, ottenete il
perdono per l'errore di un momento e, fronte a terra, riconoscete l'inevitabile
legittimità; eppure, tutti questi sforzi saranno vani, sarete sempre al di
sotto dei servitori dei vostri padroni. Schiavi ribelli e vinti, è questa la
condizione più spaventosa! Proscritti e respinti da tutte le caste dell'India,
i paria disgraziati sono almeno liberi nei recessi inaccessibili delle foreste!
Alla presenza di una natura benefica e protettiva si consolano di
quell'ingiusta riprovazione.
Quanto vi
aborro miei vili compatrioti! E quanto mi costa morendo il confessare di essere
nato e aver vissuto tra di voi!... Vi ho visto fuggire l'onore e venni
trascinato nella corrente di quella fuga; non potevo combattere da solo! Ma
saprò punirmi: il pugnale che stringo farà giustizia della mia sventura e della
vostra viltà.
Aveste almeno
il coraggio degli assassini! Se, col favore delle tenebre, il coltello delle
vostre vendette familiari si abbeverasse del sangue degli Austriaci! Se
lanciandovi di colpo, torcia incendiaria in mano, vi deste a bruciare i palazzi
in cui cantano i vostri vincitori ed i quartieri disonorati dalla loro presenza!
Macché, non oserete un bel niente, mancate di audacia, volete soltanto vivere e
non v'infiammano il petto né il desiderio di una morte eroica né la dolcezza di
una santa vendetta…Vivete schiavi! Vivete affondati e trattenuti da pesanti
catene in tutto quanto abbia di più pestilenziale e corrosivo il fango delle
vecchie monarchie.
Eterna
maledizione su di voi! Avete scavato, tradendo i giuramenti e la patria, un
abisso immenso dove è pronta a scendere la libertà dell’intera Europa. Ma
decisioni imprevedibili quanto generose ne fermeranno la caduta precipitandovi,
al suo posto, il dispotismo. Un giorno i popoli saranno liberi! Quanto a voi,
non lo sarete mai. No, mai più la grande dea dispiegherà le sue ali possenti su
di voi. Cancellati dalla lista delle nazioni, sarete gli iloti d'Europa;
rimarrete in catene e la vostra esistenza futura, monumento di vendette,
terrori e giustizia, sarà un esempio salutare per uomini capaci come voi di
rinunciare, in un sol giorno, a tutti i diritti della natura umana piuttosto
che rendersi immortali sacrificandosi per la libertà.
Possano i
miei ultimi auspici, questi voti formulati in punto di morte, essere esauditi!
Non dimentico che foste miei concittadini, voi figli di Partenope!
Ascoltate, e tali auspici vi siano propizi: Tu, Vesuvio, gigante terribile,
dominatore immortale della mia patria bella e sventurata, un giorno, quando i
vili slavoni, certi della conquista, possessori tranquilli delle rive
incantevoli di quel magnifico golfo, lasceranno dormire la vittoria tra le
voluttà ed avranno ricostruito i sontuosi palazzi che gli opulenti romani
circondavano con colonne marmoree sul suolo fortunato di Baia, di Portici, di
Pozzuoli; quando le note della cetra o la coppa colma di falerno, di massico e
i balli delle figlie di Partenope ammalieranno le
loro ore tranquille, allora d'improvviso, in un giorno, in un'ora, sconvolgi i
tuoi fianchi col fuoco vendicatore, e che le devastazioni della natura
consolino la santa libertà oltraggiata, confondendo nella stessa rovina la
polvere ardente degli oppres-sori e quella delle loro
troppo deboli vittime.
Ciò detto,
già avvolto nel drappo funebre, il generoso cittadino si colpisce, stendendosi
poi nell'avello.