Wolf
Bruno
pornotopia
Beatriz Preciado:
PORNOTOPIA. Playboy: architettura e sessualità. Fandango, 2011 | Angus McLaren: STORIA DELL'IMPOTENZA. Odoya, 2009
Nel
dicembre del 1957 Hugh Hefner, il fondatore di "Playboy",
comprava 1800 metri quadrati di un palazzo coi mattoni a vista in prossimità
del lago Michigan, nella Gold Coast
di Chicago. L'aveva progettato alla fine del XIX secolo l'architetto James Gamble Rogers, al quale si
dovevano, fra l'altro, gli edifici di ispirazione gotica di importanti
Università come Yale e Columbia. Anche il palazzo di Hefner aveva avuto in
origine una destinazione istituzionale, ma con la grande depressione era stato
diviso in appartamenti da abitazione.
Il
nuovo padrone presentò sulla sua rivista le ristrutturazioni alle quali aveva
sottoposto i suoi appartamenti. "Playboy" era nata inserendo
immagini femminili di richiamo sessuale (con l'indubbia efficacia del paginone
pieghevole centrale) sull'impianto consolidato delle riviste sofisticate di
costume e cultura tipo "Esquire". In
genere si pensa il contrario, che cioè Hefner abbia concepito la sua creatura
come una rivista pornografica in cerca di rispettabile decoro attraverso
articoli e racconti qualitativamente ineccepibili. Si dirà che in fin dei conti
il risultato non cambia, ma Hefner aveva un suo personale progetto erotico e
culturale che mirava a graffiare il familismo e i modi imperanti della domesticità
esaltando nel contempo il maschio avverso all'istituto matrimoniale. Questo
progetto, aggirando con intelligenza le pesanti censure dell'epoca, si
affiancava alle sempre meno timide richieste di un superamento delle rigidità
morali. Con la presentazione sulla rivista della "Playboy mansion" di Chicago, cui ne seguiranno altre, Hefner
intendeva esibire uno stile alternativo - elegante, allegro e libero - della
vita in casa.
Beatriz Preciado - docente di Teoria del genere e Storia politica
del corpo a Parigi - chiama tutto questo pornotopia
e, muovendosi fra Michel Foucault e Betty Friedan,
finisce con l'essere ambigua, sospesa fra l'onestà dell'esposizione - col
riconoscimento di un ruolo emancipatorio al soggetto
del suo libro - e il biasimo di tono ideologico, seppure trattenuto rispetto al
femminismo più becero. Interpretare il letto rotondo di Hefner come un Panopticon o farlo discendere dalle architetture immaginate
da Ledoux non è fuori luogo, è insulso - e lo è al
punto che non si capisce bene dove la Preciado voglia
andare a parare, lasciando di fatto il libro inconcluso, senza nemmeno sucitare degli interrogativi o aver chiarito quale sia la
ragione che fa di quel letto un farmacopornografico
(sic).
Di
farmaci, o rimedi, attenenti alla sfera sessuale si occupa qui e là il libro
nel quale Angus McLaren - storico dell'Università di
Victoria, British Columbia - illustra "la storia
culturale" dell'impotenza maschile. In particolare l'ultima parte si
concentra sul Viagra, il confetto la cui scoperta proprio Hug
Hefner salutò come "una rivoluzione simile, per impatto sociale e
culturale, a quella della pillola anticoncezionale. Ha liberato l'uomo,
colmando il divario tra desiderio e realtà. Annullando i limiti d'età e salute
fisica". Dopo tante storie "di genere" improntate alle donne e
alla loro sessualità, che uno sia dedicato ai maschi nella fattispecie
dell'impotenza sessuale fa un certo effetto, ma è tutt'altro che deprimente. Al
contrario, si può dire che sia addirittura spassoso. È uno di quei libri che
non trascurano nessun testo - letterario, scientifico o ricavato dalla
tradizione orale - lasciando il lettore senza fiato. Libro di erudizione, e di
pignola compilazione, evoca, coadiuvato da copiosa iconografia, una quantità
veramente sorprendente di episodi, si tratti del pamphlet settecentesco che
afferma essere il cornuto "un mostro civilizzato... portato alla
perfezione dalla sua impotenza e dall'incontinenza della moglie" o del
ciarlatano che promette il "ricostituente seminale".