Il sarzanese Alfredo Poggi (1881-1974) fu un’ importante figura del socialismo ligure e il principale rappresentante italiano del “socialismo etico” di matrice neo-kantiana. Il testo che segue è tratto dalla “prolusione” a Cultura e Socialismo, edito nel 1958 a Roma da Opere Nuove, una feconda casa editrice (pubblicò, fra l’altro, saggi di Richard Hofstadter, Walter Laqueur, Massimo Salvadori, la prima edizione italiana della Stazione Finlandia di Edmund Wilson e La lezione dello stalinismo di Bruno Rizzi) la cui ispirazione socialista era pari a un fermo indirizzo critico nei confronti del sistema moscovita.
Alfredo Poggi
“il socialismo etico”: una testimonianza
“Solo
in nome dei diritti universali della Società, una classe speciale può arrogarsi
l'universale dominio”. Così scrive il Marx, per il quale occorre mostrare come
i difetti di tutta la vita sociale dipendano dai difetti da un particolare
stato della Societ, in modo che questo appaia “il delitto notorio di tutta la
Società” e “l'emancipazione da questa situazione apparisca come l'emancipazione
universale” (Critica alla filosofia del
diritto di Hegel, Roma, 1899, p.32).
Per
tale concezione non si poteva fare distinzioni; ma anzi appariva necessaria
l'unione dell'azione col pensiero, della pratica con la filosofia, che,
ereditata dal proletariato, non moriva; ma, dalle astrattezze accademiche,
passava al suo scopo principale: correggere, modificare l'ambiente sociale.
Appunto
per questo fine universale – che non si sovrappone, né, tantomeno, voleva
svalutare, ma invece completare il risultato economico – la corrente
neokantiana, già da anni, aveva reagito alla rigida interpretazione
materialista e determinista della dottrina marxista, mettendo in luce l'intimo
ed efficace spirito etico della dottrina socialista. Difatti, da quanto si
legge, per esempio nei Manoscritti ed
in Idelogia, si constata che lo scopo
finale, cui, mediante la trasformazione economica, tende il marxismo è espresso
quasi con le stesse parole usate dal Kant, nella sua “Idea d'una storia
universale”: una Società, cioè, in cui cessi l'autoestraniazione e s'avveri
l'autoattività dell'uomo, messo finalmente nella possibilità di usare
liberamente tutte le facoltà sue proprie.
A questa reazione m'ero già unito nel 1904,
con un breve studio su “Kant e il socialismo”, tema consigliatomi da Antonio
Labriola. Nel 1925 tornai sull'argomento con alcuni articoli pubblicati nella
“Critica sociale” e raccolti poi nella seconda parte di un volumetto, edito da
Piero Gobetti sotto il titolo Socialismo
e cultura.