Pinter, Premio Nobel di
quest’anno per la letteratura, ha tenuto il seguente discorso all’atto
dell’accettazione, sempre quest’anno, di un altro premio, quello intitolato al
poeta inglese, morto nel corso della prima guerra mondiale, Wilfred Owen. La
traduzione di Carlo Martini è stata pubblicata in origine sulle pagine di “Come
Don Chisciotte” (vedi l’indirizzo in coda
al testo).
Harold Pinter
cosa
direbbe Wilfred Owen?
Il grande poeta Wilfred Owen articolava la tragedia, l'orrore - e anzi
la pietà - di una guerra in un modo che nessun altro poeta ha fatto. Ma finora
non abbiamo appreso nulla. Circa 100 anni dopo la sua morte il mondo è divenuto
più feroce, più brutale, più spietato. Ma il "mondo libero", ci viene
detto, così incarnato negli Stati Uniti e nella Gran Bretagna, è diverso dal
resto del mondo poiché le nostre azioni sono dettate e autorizzate da
un'autorità morale e da una passione morale perdonate da qualcuno chiamato Dio.
Alcune persone potrebbero trovarlo difficile da comprendere, ma Osama Bin Laden
lo trova facile.
Che cosa direbbe Wilfred Owen dell'invasione dell'Iraq? Un atto
banditesco, un atto di spudorato terrorismo di stato, dimostrante disprezzo
assoluto per i principi del Diritto Internazionale. Un'azione militare
arbitraria ispirata da una serie di bugie su bugie e grande manipolazione
mediatica come, di conseguenza, dell'opinione pubblica. Un atto inteso a
consolidare il controllo militare ed economico americano del Medio Oriente
mascherandolo - come ultima risorsa (avendo fallito tutte le altre
giustificazioni a giustificare sé stesse) - come una liberazione.
Un'affermazione formidabile di forza militare, responsabile per la morte e la
mutilazione di migliaia e migliaia di persone innocenti.
La rivista medica “The Lancet”,
in un conteggio indipendente e del tutto obbiettivo dei civili iracheni morti,
stima che la cifra si approssimi ai 100.000. Ma né gli Stati Uniti né il Regno
Unito si preoccupano di conteggiare le morti irachene. Come ha memorabilmente
detto il generale Tommy Franks del comando centrale Usa: "Non contiamo i
corpi".
Abbiamo portato la tortura, le cluster bomb, l'uranio impoverito,
innumerevoli atti di omicidi casuali, misera e degrado al popolo iracheno e lo
chiamiamo "portare libertà e democrazia al Medio Oriente". Ma, come
tutti sappiamo, non siamo stati accolti con i previsti fiori. Quel che abbiamo
scatenato è una resistenza feroce e continua, distruzione e caos.
A questo punto potreste dire: e le elezioni irachene? Ebbene, lo stesso
presidente Bush ha risposto a questa domanda quando ha detto: "Non
possiamo accettare che ci siano libere elezioni democratiche in un paese sotto
occupazione militare straniera". Ho dovuto leggere quella dichiarazione
due volte prima di realizzare che stesse parlando del Libano e della Siria.
Cosa vedono effettivamente Bush e Blair quando si guardano allo
specchio?
Credo che Wilfred Owen condividerebbe il nostro disprezzo, il nostro
disgusto, la nostra nausea e la nostra vergogna sia per il linguaggio che per
le azioni dei governi britannico ed americano.
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