Abituati all’
insegna del cavallino rampante di Baracca, tutto sommato nella linea di una
morigerata ed austera tradizione militare, la personalizzazione degli aerei Usa
poté sembrare, a chi appena appena decorava la moto per la gita domenicale, una
beffarda americanata aggiunta
al danno della guerra. Spaccone anche nei cieli, l’aviere nordamericano
s’appropriava rinominandolo, senza mezze tinte e col gesto inaugurale di Adamo,
lo strumento serializzato e impersonale che lo sforzo bellico della sua compagna
rimasta a casa andava approntando. I motivi
che altrove si nascondevano nei mobiletti delle baracche là s’impennarono in
un’arte popolare, precaria quanto poche altre, che con la chiassosa decorazione
delle fusoliere derideva e carnevalescamente rovesciava la serietà insigne
delle bandiere e del corpo di appartenenza. Affinché nemmeno tra le bombe ci
fossero intoppi nella circolazione di immagini, l’efficienza fu messa alla
prova delle ragazze di Vargas, sempre più spogliate, o dei cartoons
hollywoodiani: così Clark Gable poté farsi fotografare davanti al “suo” Delta Rebel e William Wyler filmare, nello spirito di servizio, l’epica
di Memphis Belle. Oggi, a
concludere la parabola, la pin-up sarà verosimilmente scelta tra le fugaci
apparizioni delle sit com o, sotto lo sguardo attento di “osservatori della
decenza”, sarà frettolosamente rivestita per non offendere la sensibilità dei
temporanei alleati, con adeguati abiti neri
a coprire le scostumatezze di una volta.
Boris Vian
ecceità della pin-up
girl
Devo dire che il titolo suggeritomi era:
“fenomenologia della pin-up girl”. Disgraziatamente, non è proprio in tal senso
che contavo d’orientare questo breve studio e, per una comprensibile
associazione d’idee, ho pensato che sarebbe stato meglio intitolarlo: “Ecceità
della pin-up girl”. Effettivamente, ecceità è un termine che si trova pure nel
libro di Merleau-Ponty sulla percezione e che ha un suono più aggraziato oltre
ad aver avuto minor diffusione del primo. Aggiungo che neanche questo vuol dire
granché; ma forse ho torto: credo di non masticare abbastanza filosofia per
poter discutere in modo definitivo questi problemi diabolici, ed è la fine del
preambolo.
Non terrò conto di un errore comunemente diffuso
che fa assimilare il termine “pin-up” all’espressione “hands up !”
(liberalmente adoperata dagli autori di romanzi con la copertina illustrata a
colori tra cui predomina il giallo) e il cui senso riconosciuto è “mani in
alto”.
Non ne terrò conto, poiché è chiaro che le due espressioni
sono calcate l’una sull’altra, salvo per quanto concerne l’intervallo; il
trattino che riempie il primo salva la decenza. Ma lasciamo la semantica e
precipitiamoci sul soggetto, che aspetta, punta dei seni dritta al cielo in un angolo dell’aereo, la vita ridotta al
minimo e la schiena generosamente
bombata, ben delineata; i capelli ricadono, in onde lucenti, sulle spalle nude
ma calde (lo si sente) la cui rotondità è disegnata con precisione da una
stoffa trasparente. Quando si vedono, le gambe sono lunghe e lisce, e l’interno
della coscia spesso evidente, malgrado il divieto della censura americana:
devono esserci pin-up d’origine, meno corrette per l’esportazione.
Questo è solo un modello di pin-up girl. Ne fanno
di ogni genere. Non ve li descriverò, perché questa pubblicazione rifiuta in
generale di inserire testi pornografici e bisognerebbe, per essere completi,
riferirvi pure le mie reazioni.
E’ inutile aggiungere, lo sapete, che la pin-up,
superato il mar dei sargassi grazie ai carichi dell’esercito americano, si è
installata sulla copertina delle nostre riviste, a partire da quando le
assegnazioni di carta generosamente disposte da un’economia liberale permettono
ai settimanali delle grandi tirature. A tal riguardo, sia detto di sfuggita, diamo
prova di un considerevole ritardo poiché ben prima della guerra, “Esquire”,
con i disegni di Petty ( sostituito poi da Vargas ), “Pic”, “Life”,
“Collier’s”,
“Look”
e tante altre riviste americane davano frequentemente, con più o meno
regolarità, altrettante occasioni agli uomini di leccarsi i baffi con sguardo
concupiscente e, alle ragazze, altrettanti pretesti per inviare a loro volta
proprie foto alla rivistine di cinema.
Ad ogni modo, è dalla guerra del 1942 (la guerra
americana) che data il folgorante sviluppo della pin-up girl. Ecco perché: in
quel momento giornali e periodici civili presero a confezionare edizioni
speciali, purgate della pubblicità, spesso di formato ridotto, destinate ad
intrattenere l’esercito; distribuiti dallo Special Service, quei fogli
entrarono, in qualche modo, in concorrenza con le stesse pubblicazioni
militari. Senza dubbio in pieno accordo con esse. Resta il fatto che il
settimanale militare “Yank” ha pubblicato, da allora, foto di pin-up girls la
cui collezione completa è adatta a sviluppare, nei giovani, l’odio della
pederastia. Forse era lo scopo prefisso.
Giornali civili e militari non fecero d’altra
parte che rispettare le regole esplicitamente stabilite dall’esercito. Non
resisto al piacere di darvi la traduzione di alcuni passaggi di una
pubblicazione riservata agli editori dei Servizi militari d’informazione
americani (Dipartimento della Guerra, brochure n° 20-3, pagina 9).
LA FORMA FEMMINILE NEI GIORNALI DELL’ESERCITO
“Questo non presenta un interesse militare, benché
sia spesso argomento d’interesse dei militari. (C’è un calembour, che ho
cercato di rendere a mia volta). Le nudità artistiche, come le rappresentazioni
di forme femminili più o meno velate saranno scelte dall’editore, senza perdere
di vista l’idea che le forze combattenti degli USA non sono composta né da
sibariti, né da adolescenti ritardati. Non rientra tra le funzioni principali
del Servizio informazioni dell’esercito fornire delle bellezze che vadano ad
ornare i muri delle baracche. Inoltre, nei limiti continentali degli USA,
questo argomento è già tanto estesamente sfruttato nei periodici civili che,
per il militare, voler lottare con loro sarebbe come portar carbone a
Newcastle. Tuttavia, non possiamo impedirci di dare qualche breve estratto di un
editoriale elogiativo, dedicato da un giornale dell’esercito, in un posto
isolato dell’Alaska, a un’artista di New York, che ha posato per delle foto
inedite in quella pubblicazione…(Segue una serie di estratti). Questo mostra
incontrovertibilmente che, nella vita di quella guarnigione isolata,
l’amabilità della gentile signorina, aveva fatto, per riscaldare la baracca,
più di qualunque stufa brevettata ».
Non ci si stupirà del posto concesso, in questo
scritto, alla pin-up americana ; il fatto è che gli Stati Uniti sono, a
tal riguardo, parecchio avanti.
La produzione e la ripartizione di glutei su carta
per rotative ebbero nell’esercito americano una prima serie di effetti che qui
noi non rischiamo, essendo l’intendenza francese meno generosa. I risultati medici
di questa saporita propaganda sono tali che le unità profilattiche dell’US
Army, oberate di lavoro, non possono concedere un’intervista al primo
scribacchino venuto : insomma, mi hanno cacciato fuori, malgrado
l’interesse del soggetto. E poi, non compatiamoli, hanno la penicillina
(noterete l’armomiosa corrispondenza omeopatica dei termini “pin-up” e
“penicillina” : accanto al male, il rimedio, e con la stessa romana
radice). Sfortunatamente la pin-up girl è responsabile di un’altra fastidiosa
sequela di gravi fenomeni che non posso passare sotto silenzio, temendone
l’estensione al nostro paese : ricordatevi la dorifora. Attualmente
assistiamo, oltre--atlantico, ad un sviluppo straordinario di finti seni in
varie guise, dal semplice camuffamento mediante un listello metallico
sapientamente incurvato- destinato solo, sostengono gli ipocriti, a sopprimere
le inestetiche bretelline del reggipetto- all’infame cuscinetto imbottito, di
forma giudiziosamente scelta in vista della massima attrazione, su cui l’imprudente
visitatore incappa al primo sfortunato tentativo. Ciò si è sempre fatto, si
dirà ; d’accordo, ma non industrialmente. E in questo momento si diffonde
in America a velocità fulminea; sono abbastanza persuaso del cattivo gusto dei
miei compatrioti per non supporre che respingeranno questa nefasta
invenzione ; hanno pur consacrato Benny Goodman re dello swing al seguito
degli stessi americani!