Carlo Luigi Lagomarsino

la casta del piffero

Luca Mastrantonio: INTELLETTUALI DEL PIFFERO. Marsilio, 2013 | Massimiliano Parente: LA CASTA DEI RADICAL CHIC. Newton Compton, 2010 | Alessando Dal Lago: EROI DI CARTA. Il caso Gomorra e altre opere. Manifestolibri, 2010

Nel 2002 Umberto Eco si doleva di avere ancora una buona posizione nell'Università, di dirigere collane editoriali, di curare una rubrica su un settimanale. Ciò che lo rendeva, come scrisse, "disperato", era in poche parole l'assenza di competitori fra i giovani, cosa alla quale erano abituate le generazioni del passato, per cui aveva poco tempo prima addirittura invocato "il parricidio". Umberto Eco è sicuramente una figura ingombrante della quale non è facile scalfire il prestigio o ridurre il peso. Ha anche scritto sull'inefficacia di appelli e manifesti rimproverando l'autocompiacimento agli intellettuali interventisti, ma se qualche "no" l'ha detto (come l'appello sul caso dell' "editto bulgaro" che aveva colpito Santoro) non ha lesinato il suo sostegno a un "referendun morale" contro Silvio Berlusconi o l'appoggio alla campagna di boicottaggio dei prodotti pubblicizzati sulle reti Mediaset, per fare due esempi. Per quanto Eco goda di prestigio internazionale, sia uno studioso coi fiocchi e abbia infuso dinamismo alla più antica Università del mondo non si può escludere che certe circostanze, benchè sommerse da tanto giubilo, lo possano indicare come un cattivo maestro.

Andrea Cortellessa insegna al DAMS di Roma Tre, appendice capitolina di quello della "dotta" vivacizzato da Eco; ha ridato vita (si fa per dire, tutto vi sembra così antiquato!) alla rivista "Alfabeta", la cui lontana serie precedente, come la nuova del resto, vedeva quello di Eco fra i nomi che contano; e raccorda le sue preferenze di orientamento estetico-politico a quel "Gruppo 63" nel quale Eco risaltava. Nulla da eccepire, ognuno ha i propri gusti. Non è facile tuttavia essere indulgenti con chi, come perlappunto Cortellessa, chiedeva a Paolo Nori - scrittore libertario - di giustificare la sua collaborazione a "Libero", giornale "coprolalico" e "criminogeno". "Una farsa inquisitoria" l'ha definita Luca Mastrantonio in Intellettuali del piffero: come dargli torto? Nello stesso libro Mastrantonio ricorda un Cortellessa "di rosso vestito come il Gabibbo" che nel documentario Senza scrittori (Rai cinema, 2010) denuncia, come i padri nobili del Gruppo 63 cinquant'anni prima, l'industria letteraria italiana. Siamo a un estremismo da bamboccioni di anni quarantacinque, sì, ma estremismo di che?

Intellettuali del piffero si occupa degli ultimi anni, quelli del "ventennio berlusconiano". Principali imputati sono gli intellettuali cosiddetti "di sinistra", ma non solo. Sembrerebbe, a tutta prima, non esserci storia nel confronto fra l'attività poetica di un Sandro Bondi e quella di un Valerio Magrelli, ma chi lo dice? I protagonisti del libro hanno varie appartenenze, non tutte sicure, e si chiamano ora Baricco ora Veneziani, Moretti e Doninelli, Ravera e Tamaro, Saviano e Buttafuoco, Busi, Citati, Lanna, Asor Rosa, Tabucchi, Quagliarello, Vattimo, Battista, Travaglio e diversi altri, tra i più vecchi e i più nuovi (più giusto sarebbe dire "nuovi vecchi", Cortellessa almeno in questo è esemplare). Ciò che nel libro di Mastrantonio appare come un tratto comune è lo stato di diffusa confusione e di marasma psicologico-politico, "estremo" c'è da essere sicuri. Non vengono offerti ragionati dettagli sul perché della situazione, si tratti dei termini generali o di quelli dei singoli, e tutto sembra un po' appiattito sulla commedia all'italiana, ma di questo sono precisamente colpevoli i singoli non certo Mastrantonio i cui scopi "quantitativi" riescono - e non era difficile - a solazzare. Mastrantonio stesso - classe 1979, in redazione alla "cultura" del "Corsera" - potrebbe finire fra gli schizzinosi ma dal libro non andrebbe esclusa una chiave autocritica che sprona, senza commettere alcunché di criminale, a liberarsi dalle "vecchie trombette che castrano i loro figli" e che col loro "bullismo senile" hanno costruito "una prigione fatta di rispettabilità". Il parricidio è possibile, Eco sarà contento.

Quello degli intellettuali è un argomento che se non è ilare è irritante. Per anni è sembrato inesauribile (nel tedio) il tema dei compiti di quelli di sinistra, se fossero ascoltati, se li meritassero i partiti di riferimento e cosucce insensate di questo genere. Quando il tema ha preso a indebolirsi, sopraffatto da eventi mondiali che in molti hanno preso come affronto personale, se ne è affacciato un altro uguale e contrario, vale a dire quello dell'egemonia della "sinistra" sulla cultura, conseguenza di una raccapricciante cospirazione gramsciana che si è evoluta dagli anni del CLN e della ricostruzione, se non da quelli del confino e dell'emigrazione. A dire il vero la teoria gramsciana dell'egemonia è una teoria assai modesta che ha eventualmente un suo senso distintivo se la si intende come alternativa "occidentale" al rivoluzionarismo russo, per il resto designa la naturale aspirazione di ogni tendenza, che riesca o non riesca a realizzarla, a redigere belle riviste, a girare del buon cinema, a creare importanti case editrici, a far circolare le proprie opinioni. Verosimile è casomai, come risultato dell'abitudine a posizioni di predominio, l'emergere della superbia, dello schifo intellettuale per l'avversario, della sicumera, delle inattaccabili certezze.

Parlare di "casta", col termine che a seguito di un famoso libro viene applicato al ceto dei politici, non è improprio. Lo ha fatto qualche anno fa (ma la scelta potrebbe essere editoriale) Massimiliano Parente con La casta dei radical chic. Parente è uno scrittore che consente solo a Busi, oltre a se stesso, di potersi collocare al vertice della letteratura italiana contemporanea. A sua volta vi colloca un altro scrittore, Moresco, e la trinità è cosa fatta. Ciònondimeno Parente è uno scrittore di qualità - di qualità insubordinata e spiritosamente acidula - non un vanaglorioso qualunque. I "radical chic" comincia col vederli in vacanza, prima di tutto sulla spiaggia, un ambiente che a lui non va giù:

"Il mito di Venere che sorge dalle acque e il mito di Cristo che ci passeggia sopra e millenni di discorsi e millenni di discorsi sulle montagne che se non vai da loro vengono loro da te, se venissero da me andrei da qualche altra parte, ma di certo non al mare. Mi piacerebbe la città se tutti non andassero via. Non perché io ami le persone di per sé, ma perch mi piace che ci sia per le strade uno scenario umano animato, come nel videogioco GTA San Andreas ma con una risoluzione grafica ancora più alta, sebbene, purtroppo, con minore libertà omicida ..."

Di seguito li vede in televisione, al cinema, sulle pagine dei giornali, in Vaticano, al Salone del libro di Torino, qui e là dove si fa cultura (mica pistacci!) e sempre col medesimo amabile (o poco amabile che sia) tono. Fa anche non pochi nomi ma sono soprattutto d'occasione e, ci sta bene, di svago. Il titolo del libro, in questo senso, sarebbe più appropriato a quello di Mastrantonio che al suo (e viceversa) tanto è lontano dal "giornalismo di inchiesta". Parente racconta più che documentare, abbozza dei tipi psicologici, immerge il lettore nel ridicolo culturale, polemizza senza nascondere la propria fragilità. Se si volesse scoprire un altro collante, oltre al "radical chic", si finirebbe col trovarlo nella sua passione (così nel 2010) per la cantante Dolcenera. Impagabile il capitolo sul Festival di Sanremo, fra il passato, Bonolis e, "smandrappata in ghingheri", Antonella Clerici, con Dolcenera esclusa:

"... Nonostante le mie paginate d'amore, e nonostante io sia tra gli scrittori italiani il più figo e il più eterno, non mi ha fatto neppure una telefonata ... non solo non legge i miei romanzi ma neppure i miei articoli, e quando è stata eliminata ho sofferto il tempo minimo a pensare ben le sta".

Un capitolo del libro di Parente si ntitola "Gomorrachic". L'evidente allusione al celebre e celebrato successo mondiale del romanzo (o quel che è) di Roberto Saviano si esaurisce in poche righe, in campo ci sono le tirature e i traffici letterari ed editoriali di cui si occupa da studioso Vittorio Spinazzola. Saviano è invece il protagonista di Eroi di carta, un pamphlet di Alessandro Dal Lago pubblicato lo stesso anno del precedente. O meglio, protagonista è il meccanismo che ha fatto di Saviano, soprattutto dopo la "fatwa" che gli è stata lanciata contro dai camorristi, un "eroe civile", così da meritare in televisione nel 2006 un appello (un altro) di Umberto Eco per la sua protezione. Una sfacciata retorica di eroismo (civico, ovviamente) egocentricamente ostinata e ambigua, fin nell'uso esagerato della parola "eroe", si sprigiona comunque dalle pagine che Dal Lago si prende la briga di decostruire, particolari stilistici compresi, da Gomorra alle numerose dichiarazioni pubbliche di Saviano. Il contesto intellettuale è arricchito da analoghe ispezioni di certo materiale letterario italiano contemporaneo, quello che con sarcasmo Dal Lago definisce "noir democratico" e che i Wu Ming ("gruppo impegnato in una guerriglia comunicativa capace di smascherare i luoghi comuni forcaioli quando si firmavano Luther Blissett, e oggi autore collettivo di romanzi d'avventura, descrive perfettamente gli equivoci contenuti nell'invenzione di un'epica tipicamente italiana") chiamano solennemente (in inglese) "New Italian Epic".  Fogli di Via”, Marzo-Luglio 2014