Charles de Jaques

Peuchet, Marx, il suicidio, la "critica francese" della società*

Jules-Francois-Felix Husson Fleury, più noto come Champfleury, esperto collezionista di ceramiche, scrittore, musicologo, difensore del realismo, rivoluzionario del '48, collaboratore (con Baudelaire) di "Le Salut Public", proudhoniano, sostenitore di Courbet, si diceva impressionato -nel suo libro-manifesto Le Réalisme del 1857- dai sei grossi volumi dei Mémoires de Peuchet. Raccontava che arrivato alla ventesima pagina venne sorpreso da un racconto cosi spaventoso e drammatico, talmente pieno di immaginazione, da non poterlo credere, avendo lui "molto sviluppato il sentimento della verità". Precipitatosi in biblioteca per assicurarsi dell 'autenticità dei Mèmoires, li vide attribuiti ad un prolifico romanziere, il barone di Lamothe-Langon, e constatò che Dumas ne aveva saccheggiato degli episodi. Chi consulti oggi dei libri di riferimento, quali quello dì Robert Darnton sull'Encyclopédie, Jacques Peuchet, proprìo lui, lo trova viceversa menzionato alcune volte, sempre in una compagnia e in un ruolo prestigiosi. La consultazione dei cataloghi delle grandi biblioteche risulta poi particolarmente fruttuosa. In quello della British Library, ad esempio, si possono compulsare la bellezza di ventidue titoli più una ristampa. Il celebre dizionario biografico universale Michaud, e non importa quale edizione de La Grande Encyclopedie, danno finalmente tregua alle brame biografiche.

La vita di Peuchet, nato e morto a Parigi, si stese fra il 1758 e il 1830. Divenuto avvocato, dopo aver abbandonato gli studi di medicina, si legò all'abate Morellet e collaborò alle inchieste sulla nuova Compagnia delle Indie, al Dictionnaire Universel de Commerce e alla Encyclopédie Méthodique lanciata nel 1782. Nel 1789 compilò un Traité de la Police et de la Municipalité che gli valse l'incarico di dirigente al dipartimento di polizia della Comune parigina. Spostatosi su posizioni moderate, sensibile alle opinioni di Mirabeau, partecipò alla redazione di due riviste, ma durante il Terrore dovette ritirarsi in campagna divenendo amministratore nel distretto della Gonesse. Successivamente fu impiegato nella censura e divenne, fino al 1825, archivista della prefettura di polizia. Autore di numerose opere, riguardo ai Mémoires tirés des Archives de la Police de Paris il Michaud rammenta come vi abbiano molto attinto i romanzieri.

Ora, o Champfleury, a dispetto del suo entusiasmo, svolse in modo svogliato la ricerca bibliografica o dell'opera di Peuchet ci si era già dimenticati due decenni appena dopo la sua pubblicazione. Da come sono messe le cose un qualche ruolo nella sua occultazione si potrebbe sospettare l'abbiano avuto gli scrittori interessati ad eliminare le tracce di alcune loro fonti. Le cose non stavano però cosi poiché i sei tomi di Peuchet erano preceduti da uno scritto di tal Alphonse Levavasseur che si profondeva in notizie biografiche. Champfleury le legge ma, chissà perché, deve ritenerle apocrife.

Sul serio le aveva tuttavia prese un giovane Karl Marx (giovane-giovane e "giovane Marx'" degli studiosi a venire) che dall'esilio parigino pensò bene di inviarne qualche estratto relativo "al suicidio e alle sue cause" alla "Gesellschaftlen" che per un anno Moses Hess e Friedrich Engels (il quale vi inserì la celebre inchiesta sulla situazione della classe operaia inglese) pubblicarono a Elberfeld.

Presentando Peuchet ai lettori tedeschi, Marx osservava che è in questi libri, non importa di qual genere letterario, romanzi o memorie, più che fra quelli degli scrittori socialisti, "che si deve cercare la rappresentazione critica delle condizioni sociali". Per la verità, salvo delineare la vita di Peuchet, Marx non diceva granché d'altro, quantunque quel poco ci appaia significativo. Chissà se Marx includeva fra gli artefici della critica francese della società, alla quale si appellava cominciando a scrivere, anche i de Maistre, i Bonald, i Lammenais. Sappiamo di Balzac e stiamo dicendo di Peuchet. Il suo giudizio era in ogni caso perentorio: si apprende in questi libri la mostruosità della vita moderna, non soltanto nelle condizioni di particolari classi ma in tutte le forme dei rapporti sociali (e insieme l'inclinazione filantropica a credere che bastino il pane e la buona educazione a fare di questo mondo il migliore dei mondi). In breve, letteralmente in sintesi, qualche riga appena, sì presentano quelle tematiche (romantiche) che a un dato momento della sua fortuna critica hanno forzato qualcuno a isolare gli scritti giovanili di Marx -contro ogni evidenza e l'evidenza innanzitutto dei Grundisse e del capitolo sesto (Urtext) del Capitale- dal resto dell 'opera, trasposta a sua volta in una formalizzazione ("scientifica") di geometrica razionalità -per farsene poi, magari, criptiche beffe.

Il breve lavoro di Marx trovò collocazione nel 1932 a Berlino nella prima edizione delle opere complete di Marx ed Engels (MEGA) ma è rimasto quasi completamente trascurato, anche se studiosi diversi come Luigi Firpo o Maxìmilien Rubel abbiano ritenuto di doverlo includere nelle raccolte da loro curate.

*per comodo ragguaglio, diamo di seguito la traduzione di gran parte (la rimanente è costituita da una breve traccia biografica) della prefazione di Marx a Peuchet

La critica francese della società possiede, almeno in parte il grande vantaggio di aver messo in evidenza le contraddizioni e la mostruosità della vita moderna, non solo nella condizione di classi particolari, ma in tutte le sfere e le forme degli attuali rapporti sociali. E, a dire il vero, vi si scoprono delle rappresentazioni che rivelano vivacità e calore umano, grande ricchezza intuitiva, finezza mondana e ardita originalità, quali invano si cercherebbero presso qualunque altra nazione. Si confrontino per esempio le esposizioni critiche di Owen e Fourier, per ciò che riflettono del moto sociale, e ci si farà un'idea della superiorità dei Francesi. Ed in Francia non sono assolutamente i veri e propri scrittori "socialisti" quelli presso cui bisogna cercare la rappresentazione critica delle condizioni sociali, bensì fra quegli scrittori di non importa quale genere letterario, specialmente gli scrittori di romanzi e di memorie. Grazie a qualche estratto sul "suicidio" tratto dai "Mémoires tirés des arckives de la police etc. par Jacques Peuchet" fornirò per sommi capi un esempio di questa critica francese che mostrerà per altro fino a qual punto sia fondata l'illusione dei borghesi filantropici, quasi si trattasse soltanto di dare al proletariato un po' di pane e di educazione, come se della condizione odierna soffrisse il solo operaio e per il resto, a conti fatti, il mondo attuale fosse il migliore dei mondi.

E' in tipi come Jacques Peuchet, i vecchi praticoni francesi ormai quasi del tutto scomparsi, passati attraverso ogni turbolenza seguita al 1789, alle più svariate illusioni, agli entusiasmi, alle costituzioni, ai regimi, alle cadute e alle vittorie, che la critica degli attuali rapporti di proprietà, della famiglia e dei diversi altri rapporti personali, in una parola della vita privata, compare quale risultato necessario delle loro esperienze politiche.

Jacques Peuchet, nato nel 1760 … … …