Carlo Luigi Lagomarsino
la guerra del Papa
Matthew Fox: LA GUERRA DEL PAPA. Fazi
2012 | Paul Knitter: SENZA BUDDHA NON POTREI ESSERE CRISTIANO.
Fazi-Campo dei Fiori, 2011 | Richard Kearney: ANA-TEISMO. Fazi-Campo dei
Fiori, 2012 | Michel de Certeau: LO STRANIERO O L'UNIONE NELLA DIFFERENZA.
Vita & Pensiero, 2010 | Jim Forest: DOROTHY DAY. Una biografia. Jaka
Book, 2011
Un acuto studio incentrato su letteratura e
tradimento uscito qualche anno fa per i tipi della Claudiana, giustamente nota
casa editrice di orientamento evangelico valdese, offriva un capitolo
estrosamente intitolato "la teologia nel boudoir" (Antonio Di
Grado: Giuda l'oscuro. 2007). Fra i ragionamenti allineati in quelle
pagine, uno alludeva all'influenza della religione armata che, imbracciando la
Bibbia e il fucile, aveva trasformato temerariamente la devastazione di un
continente in un paradossale mito libertario. In argomento c'erano gli Stati
Uniti d'America, paese nel quale l'impossibile mappatura di tante non
conformistiche teologie cristiane si sa andare a braccetto, nei casi più
numerosi, con l'orgoglio federato della potenza aggressiva.
Questa logica settaria non ha potuto tuttavia
frenare - ma, al contrario, può averne segnato in qualche modo l'ambiente
psicologico - la germinazione di un pensiero religioso "altro",
refrattario alle convenzioni sociali e alle politiche di dominazione, ma non
per questo meno "americano" - non meno di quanto lo fosse stato
quello dei "trascendentalisti" nel XIX secolo - pur nutrendosi
ecletticamente di influenze lontane ed esotiche. Fu, per esempio, un teologo
inglese della chiesa episcopale emigrato negli USA, Alan Watts, a impersonare
uno dei principali motori diffusivi di queste ricerche spirituali, a cominciare
dal taoismo e dallo zen. Altrettanto si può dire però dell'ambiente cattolico,
basti pensare al trappista Thomas Merton, che di zen si occupava insieme al
pacifismo, o anche, su quest'ultimo più secolare piano, a Dorothy Day, ben
inserita da cattolica romana in tutti i movimenti di obiezione sociale, a
partire da quello dell'IWW per finire a quelli degli anni Sessanta, quando i
libri di Alan Watts circolavano come fossero testi sovversivi (ma espresse
sdegno per il “Fuck You” di Ed Sanders, che pure era amico di alcuni
attivisti del “Catholic Worker”, il suo giornale).
D'altra parte a oriente, si pensi a Tagore,
l'interesse per la spitirualità cristiana era vivo anche fuori dalle strette
demarcazioni delle diverse chiese. Più che ovvio che nelle obbedienze locali di
queste ci fosse chi meditava sui valori morali dei propri antenati. Oshida
Shigeto, ordinato sacerdote nell'Ordine Domenicano, praticava regolarmente la
meditazione zen (lo zazen). Disse: "sono cristiano perché buddhista".
Il teologo cattolico americano Paul Knitter (sacerdote fra il 1966 e il 1975)
ha ripreso quasi alla lettera questa frase per il titolo di un suo libro:
"senza Buddha non potrei essere cristiano". La riflessione teologica
di Knitter considera che una nemmeno troppo azzardata valutazione simbolica
degli episodi riportati nelle scritture, aderisce facilmente ad altri sistemi
simbolici, per cui la stessa impegnativa locuzione cristiana di "figlio di
Dio" può essere letta con effetti meno drammatici allo stesso modo con sui
si legge "risvegliato" nella letteratura buddista.
Un altro teologo, Matthew Fox, frate domenicano
espulso dall'ordine nel 1993, si è visto sconfessare l'istituto di Oakland che
dirigeva perché ritenuto ecumenicamente disinvolto dal momento che concedeva
troppa importanza a oscure e bizzare faccende come lo sciamanesimo, le
discipline orientali e l'immancabile zen. Ne La guerra del Papa, Fox si
prende una sorta di rivincita su Ratzinger - che nel 1988 gli aveva imposto il
silenzio - arrivando a mettere in dubbio la sua statura di teologo in fama di
avveduto tradizionalismo. Più che rispetto per la tradizione, quello di
Ratzinger, oggi Benedetto XVI, secondo Fox è sempre stato, dopo la parentesi
conciliare, un prudente e conformistico atteggiamento difensivo non dei valori
cristiani bensì dell'organismo "Chiesa romana" in quanto tale. In
altre parole un burocrate che ha letto Heidegger. Il libro documenta come Ratzinger
si sia diligentemente impegnato nell'opporsi a esperienze quali la
"teologia della liberazione" mentre andava coprendo col silenzio le
malversazioni all'interno degli organismi cattolici che gli venivano segnalate
dall'interno della stessa Chiesa. Fra l'altro, frequentemente, senza avere la
buona educazione (o il buon gusto) di rispondere.
La prosa di questi teologi americani - forti di un
filone non solo cattolico di attenzione ai temi contemporanei e allo spazio
religioso globale, dal quale sono venuti i Richard Niebhur, l'immigrato Paul
Tillich e anche Raimundo Panikkar, con un ventennio di California - si
distingue per una semplicità, una chiarezza e un ottimismo che fanno pensare a
dei monaci soavi e ingenui. Tutto il contrario della gravità culturalmente sofisticata
dei loro colleghi europei. Si prenda, ad esempio, un raffinato pensatore come
il gesuita “lacaniano” Michel de Certeau che a temi come quelli qui accennati
dedicò gran parte della sua opera, segnata dai turbamenti della sensibilità,
della politica, della società, dei costumi intervenuti coi movimenti
ribellistici degli anni Sessanta. Il suo libro che rielabora vari saggi e
articoli pubblicati in quel decennio - pubblicato una prima volta nel 1969 e
poi rivisto redazionalmente da Luce Giard - ha buon gioco nel far riferimenti a
Foucault o Hannah Arendt, ma rimane sostanzialmente oscuro - perlomeno a un
lettore magari poco attrezzato come il sottoscritto - sul tema che lo impegna,
a meno di non considerare un incremento originale l'esortazione all'incontro
col povero, il randagio, il prigioniero, il forestiero.
Leggendo che è stato allievo di Paul Ricoeur,
qualche timore poteva sucitarlo anche l'irlandese Richard Kearney (oggi
filosofo al Boston College, dopo esser passato per Parigi e Dublino) ma il suo Ana-teismo
(vale a dire star sopra o andare oltre teismo e ateismo) non soltanto si
riesce ad affrontare con buona tenuta ricavandone ricreazione e ammaestramento,
bensì con l'avida curiosità per le tematiche esclusive, che qui equivalgono in
primo luogo all'inseguire "l'anateismo" nell'opera di alcuni
scrittori e filosofi (e di agitatori come Dorothy Day). Anche Kearney presta
ascolto "agli dei stranieri" e quando essi destassero
"stupore", non si percorrerebbe niente di diverso, dice, dall'
"esperienza fondamentale condivisa dallo spirituale, dal filosofico e dal
poetico". “Fogli di Via”, Novembre 2012