Wolf Bruno
fuoco di Paglia
Camille Paglia: SEDUCENTI IMMAGINI. Un viaggio nella storia
dell'arte dall'Egitto a Star War. Il Mulino, 2013.
Basta sfogliare il libro per
farsi un'idea della famiglia di appartenenza: una storia dell'arte sviluppata a
partire da alcuni suoi momenti. Nulla di esaltante ma nemmeno da sottovalutare
o da considerare con spocchia, c'è sempre da imparare o ci sono sempre buone
ragioni per rinfrescare la memoria. In questo caso è il nome dell'autrice e la
sua fama di non conformismo a favorire l'adescamento.
Il contributo più evidente
di Camille Paglia è iuttavia soltanto quello di aver fatto le proprie scelte di
rappresentazione senza dover partire per forza dai capolavori più riconosciuti
e scontati. Ma anche questo è in fin dei conti scontato e, soprattutto, non
giustifica uno sforzo editoriale (e il conseguente costo d'acquisto) altrimenti
comprimibile in un agile libriccino, tanto più che non ho trovato l'impianto
grafico singolare o suggestivo. Eppure le recensioni, dal "NY
Time" ai giornali italiani, sono state più che positive: mi viene il
dubbio che così si sia voluto lusingare innanzitutto l'impegno degli editori.
Personalmente non saprei
proprio dove cominciare per commentare il testo. Posso dire che ogni capitolo
ha una sua incisività sul piano didattico - aspetto che nell'introduzione
l'autrice afferma di aver particolarmente curato - ma questo mi riporta al punto
precedente, all'ingiustificata solennità editoriale, o d'altro canto mi
dissuade dall' infierire, perché tutto sommato la sperata funzione didascalica
il testo della Paglia lo svolge con onesta abilità.
Con questo non voglio dire
che mi siano mancate le obiezioni. Tanto per dire, in questo genere di trama,
che Fluxus, ancorché quale "precursore", sia assimilato alle correnti
dell'arte concettuale, come vaga indicazione contestuale ci può anche stare ma,
a parte certi lavori di certi artisti, nel complesso si tratta, a mio parere,
di cose intimamente differenti, anche se si potrebbe dire che Fluxus è “gruppo”
sul piano squisitamente concettuale (ma a onor del vero gruppo lo è sul piano
"eventuale", vale a dire occasionale).
La Camille Paglia meglio
conosciuta - quella che in un'intervista rilasciata al lancio del libro dice di
preferire i camionisti agli intellettuali - la si ritrova, almeno in parte,
nell'introduzione, purtroppo breve. Di nuovo, però, mi chiedo cosa voglia dire
che le opere di Ofili sono di terz'ordine (e lo sottoscrivo) quando poi dedica
un appassionato capitolo alle varie apparizioni dei "100 Boots" di
Eleonor Antin. Sono gli anni trascorsi fra questi e le altre a fare la
differenza? È l'avere il retroterra nel "marxismo russo" a conferire
alla Antin un complemento intellettuale? Porre delle riserve su questo piano
apparirà trascurabile, se non che troppe volte la razionalizzazione dei gusti
soggettivi ci viene consegnata come un’olimpica sentenza. Ciò nondimeno
intuisco l’intrinseca difficoltà dello spiegare cosa possa piacere nell’opera
della Antin. Confesso che da Camille Paglia (che mi piace anche d’aspetto) mi
aspettavo molto di più, per esempio uno schietto quanto erudito divertimento.
Assimilare l’arte come voleva Schiller, vale a dire con spasso, andrebbe in
tante occasioni raccomandato.