Massimo Bacigalupo
Otello, la bestia nera della paranoia
Desdemona significa in origine
“disgraziata”. Edgar Allan Poe diceva che l’argomento
più adatto alla poesia era la morte di una bella. Ma Shakespeare in Otello non si ferma qui, e accanto alla
bianchissima Desdemona mette il nerissimo Otello (è confermato da molti indizi
nel testo che intendesse “moro” proprio nel senso di africano). E ce li fa
immaginare nell’amplesso, quando Iago parla sprezzantemente della “bestia con due
schiene” che gli amanti sposi compongono. E del vecchio caprone nero che monta la
bianca agnellina.
La bestia dunque. Otello è la storia di una
discesa nella bestialità, nella paranoia, di un grande che tutto sovranamente
possedeva: ammiraglio dei veneziani, difensore di Cipro, condottiero e
stratega. E fortunato in amore, poiché i suoi racconti di fantastiche avventure
hanno stregato la fanciulla Desdemona persuadendola a fuggire con un uomo tanto
più maturo, “disceso nella valle degli anni”, e tanto nero. Ma, ma... Egli
stesso sarà stregato da altri racconti meno veridici dei suoi: la logica
dell’odio contro la retorica dell’amore. Basterà mettergli nell’orecchio la
pulce dell’infedeltà della moglie, della possibilità che saziato un capriccio essa
si volgerà ad altri più confacenti partner. Iago è il Tentatore che si insinua
nell’orecchio non di Eva ma del colosso nero e lo distrugge facendogli perdere
il senno, rendendolo incapace di dire di no.
Ecco un pezzo della scena in cui inizia a tendere
la trappola. Iago: “Mio signore, ma voi siete turbato”. Otello: “Non molto
turbato. Sono più che convinto che Desdemona è onesta”. “Più che convinto” lo
dice solo chi ha bisogno di essere convinto. E Iago ribatte magistralmente:
“Che il cielo così la conservi, e conservi a voi la vostra fiducia!”
Ed ecco apparire il tema della libidine
femminile (abbastanza ossessivo nel tardo Shakespeare) e della razza: Otello: “Benché,
se la natura comincia a deviare...”. Iago: “Sì, questo è il punto. Tanto per
essere franco con voi, il suoi aver rifiutato molte proposte di matrimonio con
gente della sua razza, del suo colore, del suo rango, malgrado le legittime
tendenze della natura... è brutto, e può far pensare a dei gusti depravati, a
una turpe mancanza di proporzioni, a pensieri innaturali...”.
Così Iago riesce a far pensare a Otello che
sia in Desdemona un peccato aver scelto lui per marito! E’ la logica portata
all’estremo, che su Otello funziona a causa di un complesso di inferiorità, che
va insieme alla grandiosità virile che egli sempre esibisce, ma che per quanto potente
cede al primo assalto. E crede ai più cervellotici indizi come prove schiaccianti.
Ormai convinto, Otello darà a Desdemoma pubblicamente
della “whore”,
puttana, che Boito necessariamente tradusse per il mirabile Otello verdiano con “vil
cortigiana” (parola che uno scolaro di oggi probabilmente non saprebbe
decifrare).
Nelle battute ai messaggeri che lo
richiamano a Venezia e affidano Cipro al presunto rivale Cassio,
Otello mescola i discorsi ufficiali con il delirio privato rivolto alla moglie:
“Continui con le tue lacrime? Quanto a questa lettera... Oh, che ben dipinta
commozione! Qui si comanda di tornare. Via di qui, muoviti... Siete il
benvenuto, signore, a Cipro... Caproni e scimmie!”. E’ un’uscita famosa, “Goats and monkeys”,
ripresa da Eliot a epigrafe di una sua satira veneziana (Burbank with a Baedeker; Bleistein
with a Cigar). E sotto
c’è sempre il veleno della libidine presunta nella sposa virginea, che fa
impazzire.
La paranoia di Otello è straordinariamente
tangibile (ma naturalmente manovrata dal regista Iago) nel suo interpretare come
prove incontrovertibili i segni innocui che coglie. Glielo ha detto Iago, di
star attento se Desdemona lo importunerà troppo spesso per metter pace fra lui
e Cassio. Cosa che regolarmente avviene. E c’è la
scena del fazzoletto in cui Iago fa parlare a Cassio
della sua (vera) cortigiana Bianca (altro nome ironico) e Otello è convinto (da
Iago) che Cassio si prenda gioco delle sue corna. E
ancora nell’attimo supremo, senza nemmeno aver bisogno di imbeccata, quando sta
per strangolare Desdemona e le dice che Cassio è
stato ucciso (Iago gli ha promesso di occuparsene), lei replica innocentemente:
“Ahimé, l’hanno calunniato, e io sono perduta!”. La
paranoia di Otello interpreta la battuta come ammissione di complicità: “Taci,
troia! – Lo piangi davanti a me?”.
Non è possibile uscire dalla spirale della
follia omicida. Il mondo crolla. E’ un’esperienza che anche la persona più
tranquilla a volte conosce. La mente rivela la sua fragilità e gira a vuoto.
Tutto finisce. “E’ per la vicinanza della luna. Si accosta alla terra più di
quanto solesse, e fa impazzire gli uomini”. Non è forse una lucidissima
paranoia quella che spinge un ragazzo a farsi saltare in aria o a massacrare i
compagni di scuola che hanno avuto voti e ragazze migliori?
Nota bibliografica
La più recente e qui
citata traduzione (in prosa) di Otello,
di Masolino d’Amico, è nel volume William Shakespeare,
Tutte le opere. Volume I. Le tragedie,
a cura di Franco Marenco, testo inglese a fronte,
Bompiani 2014, pp. 1041-13256. Traduzioni con testo a fronte in volume singolo sono
di Agostino Lombardo (Feltrinelli 1996) e Sergio Perosa
(Garzanti 1990).
“Secolo XIX”, 1 febbraio 2015