Carlo Romano
l’Oltregiogo
“Oltregiogo” è un termine ricorrente nella documentazione archivistica
genovese per indicare il territorio compreso fra le valli dell’Orba e dello
Scrivia che dai monti liguri sfocia nella pianura. Oggi amministrato in gran
parte dalla regione Piemonte, fu legato per secoli alla Repubblica di Genova
cosicché al momento di essere assorbito nella Provincia di Alessandria i ceti
dirigenti locali colsero l’occasione per aggiungere ai nomi della tradizione,
sfruttando una legge del 1863 che lo consentiva, l’appellativo di “ligure”.
Terra di grande importanza per i traffici, come tutte le terre di confine ha un
suo specifico interesse dal punto di vista culturale, tanto per l’orgogliosa
rivendicazione di origini e consuetudini quanto per il genere di contaminazione
che vi si produce. Volendo analizzare le potenzialità di questo territorio dal
primo di questi punti di vista, quello dei traffici, Franco Monteverde ha finito
per insistere in L’Oltregiogo
(De Ferrari editore, Genova 2006) sul secondo, quello culturale, come per
mostrarne la funzione di modello, per giunta strategico al pari dell’altro.
Fondamentali risultano essere le differenti tipologie nell’esercizio
della sovranità. Mentre il confinante Regno dei Savoia si esprimeva
verticalmente, concentrando il comando sull’amministrazione burocratica e
puntando sulla guerra come strumento di espansione, gli ordinamenti
repubblicani in Liguria garantivano a chiunque il perseguimento dei propri
interessi, ponendoli a fondamento della potenza comunitaria e facendone il
terreno naturale di incontro con le altre popolazioni. Insieme ad affinità di
carattere, tradizioni e mentalità, tenendo anche conto di un più parco sistema
di prelievo fiscale, ciò costituisce un elemento sostanziale per capire il
legame dell’Oltregiogo con la Repubblica marinara al di là delle montagne.
Con amabile scioltezza, non meno che con erudizione, Monteverde si
butta a capofitto nella storia traendone i motivi per delineare un comune
sentire “libertario”, parola che non esita ad usare e che soprattutto usa
opportunamente (fra l’altro la lettura di molte pagine di questo libro serve a
dare concretezza a quel che Massimo Fini - recente autore del Trattato del
ribelle, Marsilio 2006 - dice di Genova come “città più ribelle d’Italia”).
A Monteverde non sfuggono tuttavia certi problemi dibattuti in sede
storiografica. Se, ad esempio, ancora alla fine del XVIII secolo – contro la diffusa opinione che vorrebbe gli
stati italiani tutti ridotti in miseria – Genova riusciva a sviluppare a Cadice
un volume d’affari da far invidia all’Olanda e all’Inghilterra, la classe
dirigente di sessanta-settanta anni dopo non comprese del tutto le
trasformazioni in atto e, chiusa nella richiesta d’un porto franco quale
succedaneo delle antiche libertà repubblicane, colse a stento le opportunità
fornite dal governo torinese del conte di Cavour, le quali viceversa favorirono
lo sviluppo industriale e nuovi e più rapidi sistemi di collegamento con
l’entroterra e l’Oltregiogo.
E’ su questi elementi di fiera autonomia e possibilmente operosa
reciprocità, che si radicano, forse con troppo ottimismo, gli argomenti
propositivi del libro. Ed è fra questi argomenti che l’Oltregiogo assume una
centralità utile non solo al nordovest italiano, ma a un più ampio sistema di
relazioni che, come fu nel passato, penetrando l’Europa andrebbe a sforare la
scena mondiale. Ma il libro di Monteverde, convincente o meno che sia nelle
conclusioni, è da leggere innanzitutto come un esercizio di libertà mentale,
anche di immaginazione. Per di più è un libro di lettura piacevole e feconda, e
non lo è tanto per dire.
Carlo Romano, “Il
secolo XIX”, novembre 2006