Nicola Caricola

The Old Oak

Seguito ideale del Mio amico Eric (2009), The Old Oak di Ken Loach è coerente col percorso del regista inglese, trotzkista, dirigente della squadra di calcio del Bath City (semiprofessionisti). Negli ultimi cinque minuti del film, il dramma sociale sfocia nell’utopia: il lutto di una fazione di oppressi diventa lutto di ogni oppresso; una successiva parata religiosa, con labaro sindacale al seguito, evoca un passato di grandi lotte per il lavoro.

La parentesi aperta da una frase iniziale che echeggia il motto del Manifesto del Partito comunista di Marx e Engels si chiude nella speranza di un “domani che canti”. Dal 2008 della interminata crisi economica, Loach segue infatti una linea consolatoria: “C’è troppa miseria – mi disse un giorno al tavolo di un bar berlinese – per  incentivare la disperazione”.

Quindi basta col neorealismo del free cinema.

Loach sa bene che tempi viviamo. Lui (1936) e Clint Eastwood (1930) sono cresciuti quando più mordeva la crisi del 1929, che portò alla seconda guerra mondiale. Quindi da sinistra l’uno, da destra l’altro, convergono nel raccontare la gente qualunque.

Come nel Mio amico Eric, il centro della vicenda è il pub The Old Oak, ossia la vecchia quercia, presso Durham. Qui giovani profughi siriani e vecchi inglesi impoveriti si spartiscono le poche risorse della carità pubblica. Un personaggio di nome Rocco, con la maglia bianconera di “una squadra locale”, apre le ostilità verso una siriana (Ebla Mari), esule e fotografa. Un aneddoto per dire che, a diffidare degli ultimi arrivati, sono soprattutto i penultimi. Ma per il proprietario del pub (Dave Turner), che ha per clienti gli uni e gli altri, i nuovi avventori, pur astemi, sono una insperata risorsa, dopo aver dovuto dimezzare il locale per la chiusura delle miniere nel 1984. Mentre ancora l’insegna è pericolante, il pub rifiorisce, come per una lezione di coraggio, che si alza, ogni mattina, con la saracinesca. Ma non tutti sono di questo avviso…

C’è retorica buonista nel definire i siriani, c’è maniera nel delineare la xenofobia degli ex minatori. Nessuno è perfetto: nemmeno Loach. Ma lui è Loach, gli altri no.

“Barbadillo.it”, 16 Novembre 2023