Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici)

di Piergiorgio Odifreddi

>Piergiorgio Odifreddi, Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici), Longanesi, Milano 2007, €14.00

 

In questo libro il matematico impertinente Piergiorgio Odifreddi compie un viaggio dentro le Scritture e lungo la storia della Chiesa, dalle origini ai giorni nostri. Come uomo di scienza, egli considera l’affermazione che quello della Bibbia è l’unico vero Dio una bestemmia nei confronti di Colui che gli uomini di buona fede, da Pitagora e Platone a Spinoza e Einstein, hanno da sempre identificato con l’Intelligenza dell’Universo e l’Armonia del Mondo. Come cittadino, afferma che il Cristianesimo ha costituito non la molla del pensiero democratico e scientifico europeo, bensì il freno che ne ha gravemente soffocato lo sviluppo civile e morale, e ritiene che l’anticlericalismo sia oggi più una difesa della laicità dello Stato che un attacco alla religione della Chiesa. Come autore, infine, legge l’Antico e il Nuovo Testamento e le successive elaborazioni dogmatiche della Chiesa per svelarne, con una critica tanto serrata quanto avvincente, non soltanto le incongruenze logiche ma anche le infondatezze storiche, dando alla Ragione ciò che è della Ragione e facendo emergere dai testi la Verità: ovvero, dice Odifreddi, che "Mosè, Gesù e il Papa sono nudi."

L’editore

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Maurizio Ferraris e Piergiorgio Odifreddi: In cosa crede chi crede?

Ferraris. Ho letto il manoscritto del tuo ultimo libro, Perché non possiamo dirci cristiani, e meno che mai cattolici, non senza un interesse di bottega, visto che avevo appena finito di scrivere un libro sulla religione, Babbo Natale, Gesù Adulto. In cosa crede chi crede? e ho scoperto che, contrariamente a quello che pensavo, abbiamo idee opposte. Voglio dire: nessuno di noi due è credente, almeno mi pare. Però tu dici che ci sono, malgrado tutto, dei credenti. Io non ne sono così convinto. La mia impressione è che molti credano di credere, ma non credano davvero. Chi, per esempio, tra quelli che si professano cattolici apostolici e romani crede che Cristo è veramente risorto, o che risorgerà lui, il credente, o che Cristo è davvero presente nelle ostie? Del resto, se i credenti credessero davvero in un'altra vita, perché si affannerebbero tanto in diete e palestre che dovrebbero prolungare questa vita? Insomma, i migliori testimonial della incredulità sono i cristiani secredenti piuttosto che gli atei miscredenti.
Odifreddi. Per quanto riguarda me, ti pare bene: ovviamente non sono credente, in nessun senso della parola. Per gli altri, immagino che si possa credere in qualcosa. Ad esempio, non faccio fatica ad accettare che qualcuno possa dire di credere al Dio di Spinoza, magari aggiornato nella versione di Whitehead: cioè, a un Dio il cui corpo sia l'universo, e i pensieri della cui mente siano le leggi che lo regolano. Io non ci credo, perche' mi sembra solo una bella metafora parlare della natura e delle sue leggi come del corpo e della mente di (un) Dio: una metafora che rischia di confondere le acque, usando una terminologia teologica per cio' che e' invece "soltanto" scientifico. Sono invece d'accordo con te, se ti riferisci ai cattolici quando dici che, dicendo di credere, si sbagliano e pensano (o si illudono) soltanto di credere. Il mio libro cerca appunto di "dimostrarlo", facendo vedere in maniera puntigliosa le incomprensibili assurdità che un cattolico dovrebbe credere, per potersi dire tale: dalla natura una e trina della divinità, alla transustanziazione del pane e del vino, alla verginità della Madonna, e così via. Dietro a questa impossibilità, secondo me, sta un interessante problema filosofico: e cioè, si può credere a ciò che non si capisce? I sedicenti "misteri della fede" sono appunto cose che per definizione non si possono capire, se no che misteri sarebbero? Ma se non si capiscono, come si possono credere? Che ne pensa un filosofo?

http://www.rescogitans.it/main.php?articleid=241

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Maurizio Blondet: Il cretinismo scientifico

Penso che avrete riconosciuto qui il ritratto di quel certo Piergiorgio Odifreddi. Questo c…, avendo una laurea in matematica, sta dicendo la sua su: teologia e religione, creazionismo ed evoluzionismo, paleontologia e genetica, linguistica ed etnologia, storia e filosofia. E poiché Odifreddi è più c… persino di quanto sia c… un normale manovale della scienza, non stupisce che esso abbia largo spazio nelle massime tribune del cretinismo corrente, la TV e la stampa quotidiana. Quelle che della superficialità presuntuosa fanno la loro massima, la più vantata virtù. E' un c… di grande successo, Odifreddi. Invitatissimo, specie da quando ha scritto libri del tipo «Perché non possiamo essere cristiani e tantomeno cattolici».

Una sua sotto-teoria, che vale la pena di citare, è questa: i polacchi sono cattolici - la più stupida delle religioni - perché hanno una lingua piena di consonanti; se parlassero una lingua più vocalica come gli inglesi, sarebbero protestanti (che è già meglio) o atei come i farmacisti francesi dell'800. Giorni fa m'è capitato di leggere su Repubblica uno scritto di questo c... presuntuoso, dov'egli fa finalmente piazza pulita del mito di Eva e di Adamo. Mai esistiti, naturalmente. Lo ha scoperto grazie all'«orologio cellulare», quell'accumularsi di «errori di trascrizione» nei mitocondri del DNA da cui si può - dice - stabilire senza ombra di dubbio la data di nascita dei nostri progenitori. Odifreddi ha letto da qualche parte che l'orologio molecolare si basa su un ritmo che è pari a «un errore di trascrizione ogni 10 mila anni».  Naturalmente gli sfugge del tutto la natura altamente ipotetica di questo orologio.

http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=1816&parametro=scienze

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Unione degli atei e degli agnostici razionalisti: Raffaele Carcano, marzo 2007

Questa volta, tuttavia, il matematico impertinente ha lasciato il posto al logico coscienzioso. Come fece a suo tempo Isaac Asimov con In principio, analizzando il Genesi come se fosse un testo scientifico, Odifreddi esamina ora soprattutto la coerenza interna delle Sacre Scritture, nonché dei dogmi che ne hanno distillato le confessioni cristiane. Più che di critica biblica si dovrebbe dunque parlare di critica testuale, che si concretizza in un’opera che si potrebbe quasi definire di esegesi laica, in quanto affronta il testo come se lo si leggesse per la prima volta. È questa la ragione per cui le citazioni e le note sono quasi esclusivamente scritturali. L’inevitabile conseguenza, sostiene l’autore, è che il cristianesimo si rivela «una religione di illetterati cretini», indegna «della razionalità e dell’intelligenza dell’uomo».

http://www.uaar.it/ateismo/opere/137.html