Questo articolo di Renzo Novatore
fu pubblicato nel 1920 su “L’iconoclasta”. Al poeta di Arcola
- datosi, come è noto, al banditismo e finito ammazzato dai gendarmi nei
dintorni di Genova – risposero alcuni lettori. La polemica è stata riproposta
tempo fa con la pubblicazione di un
opuscolo rinvenibile presso malandrini-@libero.it.
Renzo Novatore
il mio individualismo iconoclasta
“Io ho
lasciato per sempre la vita delle pianure”
E. Ibsen
1.
Anche le più pure
sorgenti di Vita e di Pensiero che zampillano fresche e ridenti fra le rocce solitarie
delle più alte montagne per dissetare gli eletti della Natura, quando sono
scoperte dai demagogici pastori dell’ibrido gregge borghese o proletario ben
presto si tramutano in fetide pozzanghere laide e melmose. Oggi è la volta dell’Individualismo!
Dal volgare crumiro all’idiota e ripugnante poliziotto, dal miserabile venduto
alla spregevole spia, dallo schiavo vigliaccamente imbelle all’autoritario
ripugnante e tiranno, parlano d’Individualismo.
È la moda!
Anche i rachitici
intellettualoidi del tubercoloso conservatorismo liberale, come i malati di cronica
sifilide democratica, fino agli eunuchi del socialismo ed agli anemici del
comunismo, tutti parlano e posano ad Individualisti!
Comprendo che non
essendo l’Individualismo una scuola e tanto meno un partito, non può essere “unico”
ma è più vero ancora che gli Unici sono individualisti. Ed io come unico balzo
sul campo di battaglia, snudo la mia spada e difendo le mie intime idee d’individualista
estremo, di Unico indiscutibile, poiché possiamo essere scettici ed indifferenti,
ironici e beffardi quanto vogliamo e possiamo, ma quando si è condannati a
sentire dei socialisti più o meno teorizzanti ad affermare sfacciatamente ed ignorantemente che non vi è nulla d’incompatibile fra l’idea
Individualista e quella collettivista, e che si tenta stupidamente di far
passare un titanico cantore dell’eroica potenza dominatrice di fantasmi umani,
morali e divini, che freme e palpita, tripudia e si espande, al di là del bene
e del male della Chiesa e dello Stato, dei Popoli e della Umanità fra gli
strani bagliori d’un nuovo incendio d’amore incompreso come il lirico creatore
di Zarathustra, per un povero e volgare profeta del
Socialismo che è scuola di vigliaccheria, o un iconoclasta invincibile ed
insuperabile come Max Stirner per uno strumento
qualsiasi messo lì a disposizione dei frenetici fautori del comunismo, allora
si può avere sì un’ironica smorfia sulle labbra ma poi bisogna in-sorgere
risolutamente per difendersi e per aggredire, poiché chi si sente davvero Individualista
di principio, di mezzo e di fine, non può tollerare di essere minimamente
confuso fra le turbe incoscienti d’un morboso gregge belante.
2.
L’Individualismo com’io
lo sento, lo comprendo e lo intendo, non ha per fine né il Socialismo, né il
Comunismo, né l’umanità. L’Individualismo ha per fine se stesso. Continuino
pure i cervelli atrofizzati dal positivismo spenceriano
a credersi Individualisti senza accorgersi che il loro venerato maestro è un anti-individualista per eccellenza poiché egli altro non è
che un radicale monista, e come tale, amante sviscerato dell’unità e nemico
giurato della particolarità. Egli, come tutti gli scienziati e i filosofi più o
meno monisti, nega tutte le distinzioni, le diversità; e per affermare l’illusione
sacrifica la realtà. Il suo sforzo è teso a dimostrare realtà l’illusione, ed illusione
la realtà. Egli non potendo comprendere il vario, il particolare, sacrifica l’uno
o l’altro sull’altare dell’universale. Egli combatte sì lo Stato in nome dell’individuo,
ma al pari di tutti i sociologi di questo mondo, egli ritorna a sacrificare
sotto la tirannide di un’altra società libera e perfetta, poiché lui combatte,
è vero lo Stato, ma lo combatte soltanto perché così com’è non funziona come
piace a lui...
Ma non perché egli
abbia compreso le unicità anticollettiviste ed antisociali capaci alle attività
superiori dello spirito, del sentimento e dell’eroica e spregiudicata potenza.
Egli odia lo Stato ma non penetra né comprende l’individuo misterioso,
aristocratico, vagabondo, ribelle! E da
questo punto di vista non so perché anche quel bolso ciarlatano, quell’antropologo fallito, gonfio e rigonfio di sociologia
di Darwin, di Comte, di Spencer e di Marx, che ha
seminato porcherie a piene mani su dei colossi dell’Arte e del Pensiero come Nietzsche, Stirner, Ibsen, Wilde, Zola, Huysman, Verlaine, Mallarmé, ecc. e che si chiama Max Nordau;
non so spiegarmi, ripeto, come mai anch’egli non sia stato chiamato
Individualista... poiché anche Nordau, come lo Spencer,
combatte lo Stato...
3.
Giovanni Papini scrivendo di Spencer dice: “Come scienziato si piegò
dinanzi ai fatti, come metafisico dinanzi all’inconoscibile,
come moralista dinanzi al fatto immutabile delle leggi naturali. La sua
filosofia si materiò di paura, d’ignoranza e di
obbedienza: grandi virtù al cospetto di Cristo, ma vizi tremendi per chi vuole
la supremazia dell’individuo. Egli fu, né più né meno, un falsario dell’individualismo”.
Ed io, pure essendo tutt’altro che un papiniano, in questo caso sono ultra d’accordo con lui !
4.
E. Zoccoli, che è un
profondo conoscitore del pensiero anarchico ed un intellettuale di massima portata,
ma che fa professione d’una pietosa morale borghese, nel suo colossale studio “L’Anarchia”,
dopo aver inveito - sia pure con serenità ed una qualche ragione - contro i
massimi agitatori del pensiero anarchico, da Stirner
a Tucker, da Proudhon a Bakunin, si rammarica col Kropotkin
perché trova che questo non è stato capace di sviluppare un nuovo anarchismo rigorosamente
scientifico e sociologico come si era permesso per richiamare tutti i
forsennati delinquenti dell’anarchismo estremo, o dell’Individualismo, alle
sane correnti d’un vischioso sistema positivistico e
scientificamente materialista ed umanista, semispenceriano,
perché è questa famosa scienza che ha finalmente scoperto la nullità dell’individuo
“davanti all’immensità senza limiti...”. Ed anche per il Kropotkin
positivista, umanista, comunista e scientifico... pare che l’uomo sia “un
piccolo essere con ridicole pretese” e così sia! Chi è concentrato nella sociologia
non può essere nulla di più che uno scienziato di collettività che dimentica l’individuo
per cercare l’Umanità e porta sul Trono Imperiale ai piedi del quale l’Io deve
rinnegare se stesso ed inginocchiarsi commosso.
E quando tutti gli
anarchici avranno della Vita questo sublime concetto anche E. Zoccoli sarà lieto
e contento, poiché dandosi la serafica posa d’un profeta che dice agli uomini: “Io
sono venuto ad offrirvi la possibilità d’una nuova Vita!”, egli si rivolge a
noi e dice: “Che gli anarchici rientrino nel diritto e il diritto li attende,
pronto ad estendere anche ad essi le sue garanzie...” Ma che cosa è il diritto?
Diamo la parola allo Stirner:
“II Diritto è lo
spirito della Società. Se la Società ha una volontà è precisamente questa
volontà che costituisce il Diritto: la Società non esiste che per il Diritto.
Ma siccome essa non esiste che per il fatto di esercitare una sovranità sull’individuo,
si può dire che il Diritto è la sua volontà sovrana.
“ Poiché Aristotele disse: “la giustizia è il frutto della Società”. Ma “ogni diritto esistente è diritto straniero, un Diritto che mi si accorda, di cui mi si permette di godere. Avrò il buon diritto della mia parte perché il mondo intiero mi da ragione? Che cosa sono dunque i miei diritti nello Stato o nella Società se non dei diritti esteriori, dei Diritti ch’io ottengo da altri? Se un imbecille mi da ragione tosto il mio diritto mi diventa un sospetto, perché non tengo in considerazione la sua approvazione. Ma se fosse anche un saggio che mi approva io non potrei per ciò dire di aver ragione. Il fatto di aver ragione o torto è assolutamente indipendente dall’approvazione del pazzo o del savio”. Ora aggiungiamo ancora, a questa definizione che il ferigno ed invincibile Ribelle tedesco ci da del Diritto, il celebre aforisma di Protagora “L’uomo misura tutte le cose”, e poi possiamo muovere in guerra contro ogni diritto esteriore ed ogni esteriore giustizia, poiché “la giustizia è il frutto della Società”.
5.
Lo so! Lo so e lo
comprendo: le mie idee - che non sono poi nuove - potranno far sanguinare il cuore
troppo sensibile dei moderni umanisti che pullulano in grande abbondanza fra i
sovversivi, ed i romantici sognatori di una fulgida umanità redenta e perfetta,
danzante in un regno fatato di generale e collettiva felicità musicata dal
magico flauto della pace perenne e della fratellanza universale. Ma chi insegue
fantasmi si allontana dal vero, e poi si sappia che il primo ad essere arso fra
le fiamme del mio corrodente pensiero fu l’intimo essere mio, il vero me
stesso! Ora fra il rogo ardente delle mie Idee anch’io son
diventato di fiamma; e scotto, brucio, corrodo... A me devono accostarsi soltanto coloro che
gioiscono contemplando ardenti vulcani che lanciano verso le stelle le lave
sinistre esplodenti dal loro seno di fuoco per poscia lasciarle cadere nel Nulla
o fra la Morta Città degli uomini imbelli, dei miei fratelli carogne, per farli
fuggire con fuga frenetica fuori dei loro muffiti tuguri tappezzati di rancidi
e vecchi ideali. Io mi dichiaro in
guerra aperta, palese e nascosta, contro la Società: contro ogni Società! Io penso, io so, che fin che ci saranno degli
uomini ci sarà una società, poiché questa putrida civiltà con le sue industrie
ed il suo progresso meccanico ci ha ormai portati ad un punto dove non è
neppure più possibile tornare indietro fino all’invidiabile età delle caverne e
delle spose divine che allevavano e difendevano i nati dal loro libero ed
istintivo amore come bionde e feline Leonesse abitanti maestose foreste
profumate, verdi e selvagge; ma pure so e penso con altrettanta certezza che
ogni forma di società - ed appunto perché società - vorrà, per il suo bene, l’individuo
umiliato. Anche il comunismo che - a quanto ci raccontano i suoi teorizzatori -
è la forma di Società più umanamente perfetta, non potrà riconoscere in me che
uno dei suoi membri più o meno attivo, più o meno stimato... Io per il
comunismo potrà valere per quanto sarò di me stesso, di intimamente mio, di
Unico e perciò incomprensibile alla collettività. Ma ciò che è in me di più
incomprensibile, di più misterioso ed enigmatico per la collettività è appunto
il mio tesoro più prezioso, il mio bene più caro poiché è la mia intimità più
profonda la quale io solo posso giustificare ed amare poiché solo io la
comprendo.
Basterebbe ad esempio
ch’io dicessi al comunismo: “l’eletto esiste per non far nulla” come dice Oscar
Wilde, per vedermi scacciare come un lebbroso
siberiano dalla cena sacra dei nuovi Dei!
Eppure uno che avesse l’imperioso bisogno di vivere la propria vita nell’atmosfera
altamente e sublimemente intellettuale e spirituale del Pensiero e della
contemplazione, non potrebbe dar nulla di materialmente e moralmente utile e
buono alla comunità, perché ciò che potrebbe dare sarebbe incomprensibile, e
per ciò nocivo ed inaccettabile, poiché egli non potrebbe dare che una strana
dottrina propugnante la gioia di vivere nell’ozio contemplativo. Ma in una
società comunista - come e peggio in qualsiasi altra forma di società - una
tale dottrina potrebbe far opera di corruzione fra la falange di coloro che
devono produrre per il mantenimento e l’equilibrio collettivo e sociale. No!
Ogni forma di società è il prodotto delle maggioranze. Per i grandi Geni o per
i grandi delinquenti non vi è posto fra la mediocrità trionfante che domina e comanda.
6.
Qualcuno mi obietterà
che in quest’Alba vermiglia, in questa grandiosa
vigilia d’armi e di guerra ove già risuonano frago-rosamente le note vibranti e
fatidiche del gran crepuscolo dei vecchi Dei, mentre all’orizzonte già sorgono
i raggi biondi e dorati d’un ridente avvenire, non è Bene partorire alla luce
del sole certi intimi e delittuosi pensieri... È una vecchia quanto stupida
storia! Ho ventinove anni, sono quindici
anni che milito nel campo libertario e vivo anarchicamente,
e mi si è sempre detto le stesse, le stessissime
cose:
“Per amore della
concordia... “.
“Per amore della
propaganda... “.
“Per la prossima
Rivoluzione Sociale e redentrice...”.
Per... ma a che prò continuare!
Basta! Non posso più
tacere!
“Se io tenessi
rinchiuso nel mio cassetto un manoscritto ancora inedito, il manoscritto d’un
opera bellissima che a leggersi desse brividi di voluttà sconosciute e
scoprisse mondi ignorati; se io fossi certo che gli uomini su queste pagine
impallidissero di spavento, e poi errassero lentamente per le vie deserte cogli
occhi ferocemente dilatati nel vuoto e poi cercassero cinicamente la morte quando
la pazzia non corresse loro incontro colle sue risate sinistre come lo
scrosciare dei venti, e il suo lugubre stamburare di dita invisibili sui loro
cervelli devastati; se io fossi certo che le donne sorridessero oscenamente e
colle sottane rialzate si sdraiassero sull’orlo dei marciapiedi in attesa d’un
maschio qualsiasi, e i maschi si gettassero di schianto su loro per straziarne
coi denti la vulva e la gola; se le folle ubriache e affamate rincorressero a
colpi di coltello pochi uomini fuggenti e tra essere ed essere ci fosse un
morto a perpetuarne l’odio profondo; se dalla terra dovesse sparire per sempre
la pace d’un ora, la calma dello spirito, l’amore, la lealtà, l’amicizia, e al
loro posto dovessero per sempre regnare la turbolenza, l’irrequietezza, l’odio,
la menzogna, l’inimicizia, la pazzia, la tenebra, la morte; se tutto questo
dovesse farlo un libro bellissimo scritto da me ancora inedito e rinchiuso nel
mio cassetto io lo pubblicherei quel libro e non avrei pace finché non fosse
pubblicato”.
Così Persio Falchi
scriveva sulla “Forca” parecchi anni orsono per
esprimere il suo concetto sulla Libertà dell’Arte, così io oggi ripeto sull’Iconoclasta!
per esprimere il mio concetto sulla Libertà del Pensiero.
È un mio assoluto ed
imperioso bisogno quello di lanciare fra la tenebra la luce turbinosa e sinistra
dei miei pensieri e il sogghigno incredulo e beffardo delle mie idee
sanguinanti che, orgogliose e superbe di mostrare le loro rigogliose e
spregiudicate nudità, se ne vogliono andare libere per il mondo alla ricerca di
virili amplessi. Nessuno può essere più rivoluzionario di quello ch’io sono, ma
è appunto per questo che voglio lanciare il corrodente mercurio dei miei
pensieri fra la senile impotenza degli eunuchi dell’Umano Pensiero. Non si può
essere rivoluzionari a metà, né pensare a metà. Bisogna essere come Ibsen, rivoluzionari nel senso più completo e radicale
della parola. E tale sento di essere io!
7.
La Storia, il
Materialismo, il Monismo, il Positivismo e tutti quanti gli “ismi” di questo mondo sono ferri vecchi e rugginosi che non
mi servono più e più non mi riguardano. Ho per principio la Vita, per fine la
Morte. Voglio vivere intensamente la mia Vita per abbracciare tragicamente la mia
Morte.
Voi aspettate la
Rivoluzione! E sia! La mia è da molto tempo incominciata! Quando sarete pronti -
Dio che lunghissima attesa! - non proverò disgusto a percorrere un tratto di
cammino insieme con voi!
Ma quando vi
fermerete io continuerò la mia marcia folle e trionfale verso la grande e
sublime conquista del Nulla!
Ogni Società che voi
costruirete avrà i suoi margini e sui margini di ogni Società si aggireranno i vagabondi
eroici e scapigliati, dai pensieri vergini e selvaggi che solo sanno vivere
preparando sempre nuove e formidabili esplosioni ribelli!
Io sarò fra quelli!
E dopo di me, come
prima di me, ci saranno sempre di quelli che diranno agli uomini:
“Rivolgetevi dunque a
voi stessi, piuttosto che ai vostri dei o ai vostri idoli: scoprite in voi ciò che
è di nascosto: traetelo alla luce: rivelatevi!”.
Poiché ogni uomo che
frugando la sua intimità estrae ciò che vi è di misteriosamente nascosto è un’ombra
che oscura ogni forma di Società vivente sotto i raggi del Sole! Ogni Società trema quando l’aristocrazia
sprezzante dei Vagabondi, degli Unici, degli Inaccessibili, dei dominatori dell’ideale,
e dei Conquistatori del Nulla, spregiudicatamente si avanza. Orsù, dunque, o
Iconoclasti, avanti!
“Già il ciclo gravido
di presentimenti si oscura e tace!”
Arcola,
Gennaio 1920