Carlo Luigi Lagomarsino
degenerazione
A quanto pare i libertari italiani che si riconoscono (e si
raccolgono) principalmente nell’Istituto
Bruno Leoni di Torino e nella rivista “Enclave”
di Treviglio hanno scoperto Max Nordau. L’editore della rivista, Leonardo
Facco, ha inoltre pubblicato, a cura di Alessandro Vitale, un’antologia dello
scrittore dal titolo inequivocabile ed attraente: Burocrati e parassiti. Scritti sulla realtà del governo, della
democrazia parlamentare e dello sfruttamento burocratico (collana “gli
argomenti di Laissez faire”, 2006, E 10), parzialmente proposta anche dall’IBL
in un suo “occasional paper”. Da “Enclave”,
per altro, è stata affidata a Paolo Bernardini – uno storico genovese che da
qualche tempo partecipa alle iniziative di questi libertari – la segnalazione
dell’antologia sulle proprie pagine, e qui leggiamo che la fama di Nordau
conterebbe ormai soltanto su piccoli gruppi di cultori americani e israeliani. Comunque
sia, in generale lo si indica come un perfetto sconosciuto.
Personalmente ho rispetto per l’eminente Istituto come per la rivista,
benché sia costretto a chiedermi quali lettori siano i loro collaboratori
allorché pongono Nordau fra gli scrittori “dimenticati”, quando viceversa egli è
regolarmente e abbondantemente citato in ogni studio e ricerca concernente la
“fin de siécle” per antonomasia, nonché nell’ampio ventaglio di argomenti che
le sono correlati, in special modo nel momento in cui si toccano i temi degli
eccessi del positivismo, della psichiatria e dell’idea di “degenerazione” (come
tuonava il titolo del suo libro più popolare) la quale, applicata con
disinvoltura alle scienze della natura, travolgeva allora lo studio dell’uomo
anche nella pratica clinica e si applicava, proprio con Nordau, alle arti del
tempo e a ciò che le influenzava, in particolare a Nietzsche.
Che Nordau, pioniere del sionismo seppure ebreo non praticante, possa
aver lasciato in eredità ai nazisti la nozione di “arte degenerata” fa parte
dell’umorismo nero. Si può trovare ingiusto che nelle teche di una mostra
tedesca del 1999 si cogliessero affiancati il suo Degenerazione e l’hitleriano Mein
Kampf , ma anche riflettendo su un diffuso e variamente intonato coro di
reazione nei confronti dell’arte moderna, è del tutto normale attribuire un ruolo di
spicco proprio a Nordau. Se poi lo scrittore coglieva talora nel segno è un
altro discorso - e se meglio di lui faceva il povero Oscar Wilde col Dorian Gray, come poter dar credito a un notorio degenerato?
Non è mia intenzione tuttavia dilungarmi su Nordau. Casomai,
dimenticate o meno che siano, di cose da leggere ce ne sono molte, e anche le
sue opere (a cominciare da Parigi) si
possono tenere nel debito - e a tratti vivace - conto. Il problema non è
infatti Nordau. Il problema sono i metodi di adozione che questi libertari
applicano nei confronti degli autori nei quali si imbattono con favore, così da
procedere a una vera e propria annessione. Un conto sono l’attenzione e la
curiosità di lettori senza pregiudizi, un altro è l’iscrizione acritica di un
autore al proprio versante ideologico. Così, una volta stabilita - e non ci
vuol molto - la grandezza di San Tommaso, diviene pressoché indispensabile
professarsi “cattolici” per dirsi libertari. Su Rothbard, del quale si
ritengono gli esclusivi custodi, non c’è poi alcuna discussione.
Meglio ancora, non c’è
discussione su niente e con nessuno. L’autoreferenzialità è totale.
Si provi a cercare fra le loro carte qualcosa di diverso dalla pura e
semplice salvaguardia di una teoria che ritengono immacolata, il risultato sarà
semplicemente desolante. Fra tanta ortodossia, trova ad esempio spazio, nelle
loro autorevoli riflessioni, una qualche precisa considerazione sulla
legittimità della proprietà nel momento stesso in cui sono indicate come rapaci
ed inique le leggi che hanno permesso la formazione di gran parte di essa?
Partigiani dell’individualismo capitalista si crogiolano nel molto poco
individualistico “sistema”, accaniti difensori della libertà sono oppressi
dalla loro stessa superbia.