Eric Stark

Verso West, senza presa

Sembra che sull'ambulanza che lo trasportava all'ospedale dopo il fatale incidente d'auto, N. West (vero nome Nathan Weinstein ma all'università si iscrisse, con un furto d'identità, come Nathanael von Wallenstein Weinstein ,1903-1940) venisse alleggerito dei 150 dollari poco prima intascati, somma che per quanto non ingente certificava una raggiunta sicurezza economica e familiare insieme alla tranquillità di un ritrovato rapporto collaborativo con gli studios hollywoodiani. L'ex ragazzo ebreo newyorkese pareva in quei mesi veleggiare nei punti alti dell'altalenante grafico di speranze e delusioni seguiti all'iniziale contatto con la Columbia Pictures nel 1933 e con la Republic Pictures nel 1936.

Era giunto in California sulla spinta della pubblicazione del primo romanzo La vita in sogno di Balso Snell (ora tradotto nuovamente da Robin Edizioni con altri testi minori ma tematicamente affini, dopo la vecchia stampa di De Donato di alcuni decenni fa) in cerca di quella agiatezza economica che, sapeva, il mestiere di romanziere difficilmente gli avrebbe accordato, a differenza dell'eventuale e remunerativo impiego come sceneggiatore. E se all'inizio gli si prospettò la ripetizione del fallimento dell'ammirato F. Scott Fitzgerald (che curiosamente morì il giorno prima di West), allo spirare degli anni trenta con la mezza età era arrivato pure un matrimonio oltre la soddisfacente collaborazione con la RKO. Non sapremo mai quali soggetti o sceneggiature avrebbe prodotto il rinnovato soggiorno a Hollywood ma a giudicare dai lavori già firmati (pochi, in verità, rispetto a quelli cui pose effettivamente mano) difficilmente, codice Hays a parte, avremmo visto animarsi sullo schermo i tanti falliti, simulatori, truffatori, cronisti bugiardi o protettori che affollavano le pagine dei suoi quattro romanzi (dopo Balso, raccomandato da W. C. Williams, vennero Miss Lonelyhearts, A Cool Million, e The Day of the Locust, e quest'ultimo in Francia s'avvalse della presentazione di Soupault, a conferma di certe affinità provate durante il giovanile soggiorno parigino). Fu proprio il quarto ed ultimo romanzo che chiarì per sempre quale fosse il rovescio e cosa West ne pensasse del sogno che spingeva molti suoi colleghi dalla costa est verso l'ovest, come tutta la folla di disperati giunti in California per morirvi (ma, in generale, tutta la sua biografia sarà come un lungo catalogo di controindicazioni al mestiere di scrittore in America).

Gli restava comunque da provare la futilità dell'impresa letteraria contribuendo alla definizione del nuovo status di scrittore da studios: salariato e privato di “firma”, alla mercè di venali ed imperscrutabili produttori.

Già con l'espatriato Grosz si era ripromesso, in “Americana”, per almeno allontanarne i fetidi miasmi, di dare “rapida e dignitosa sepoltura”alla civiltà americana. Adesso le pagine di West, in dissidio con l'immagine roosveltiana della base sana opposta alle cricche monopoliste, sarebbero valse pure come antidoto pre-orwelliano a certo populismo “steinbeckiano”. E comunque l'ostentato e facile disprezzo “europeo” per i guasti del mercato culturale non gli vieterà un giudizio assolutorio sulla consolidata industria che ad intervalli lo impiegava: “per fortuna abbiamo i film !” ripeteva a qualche arcigno collega leftist.

Quella sua punta di giovanile snobismo (d'imitazione) finto protestante verso la facile ricchezza parve conciliarsi negli ultimi anni nella tregua ( o nella resa ?) che già aveva prodotto qualche buon risultato: sul lavoro, il Five come back diretto da John Farrow, e nei weekends le battute di caccia sui monti californiani o in Messico. Oltre a West, alla stesura del film di Farrow partecipò pure Dalton Trumbo e forse ne avrebbe seguito i destini sotto il senatore Mc Carthy, se fa testo quanto testimoniato da Edward Dahlberg che riferì di essere stato arrestato insieme a West durante un picchettaggio comunista. (Cady, il terzo screenwriter-dialoghista, morì pochi anni dopo per overdose di sonniferi).

Di tutto ciò nel lungo racconto d'esordio si danno poche anticipazioni, badando l'esordiente a coltivare le linee di rottura della tradizione ottocentesca e naturalistica attraverso l'elezione di affinità marcatamente francesi: Jarry, Apollinaire, Ribemont-Dessaignes e Roussel a spalleggiare quel che ad alcuni è sembrato un caotico ed informe susseguirsi di sketches surrealisti, originati da un, da West rivendicato, identico elemento imbecille e criminale, meravigliosamente disumanizzato. Secondo gli stessi detrattori quei voli osceni dell'immaginazione meglio sarebbe stato se, in quanto esercizio privato e trascurabile, non avessero goduto l'onor di stampa, inaugurando le sfortune editoriali dell'autore. La rassegna derisoria e necessaria di tutto un patrimonio di cui West avvertiva la vanità cominciava dall'ano del cavallo di Troia, proseguendo lungo un intestino labirintico quanto una camminata nel passato culturale occidentale ridotto a museo o, meglio, esposizione circense di freaks e occasione per lo scatenarsi di un talento parodisticamente indiavolato con corpi solubili e scambiabili, fluidi quanto le parole che li producono, disarticolati quanto i desideri antisociali e radicalmente soggettivi che evocano. Le immagini di autocreazione o riproduzione asessuata assecondando lezioni surrealistiche seguono spostamenti ed associazioni linguistiche offrendo pochi appigli riconoscibili al lettore o critico

e nessun quadro d'insieme o affresco realistico. Estrema risorsa per allontanare la sofisticazione culturale che consente che tutto “passi”, ricerca del conflitto con i gusti consolidati e dell'incomprensione fino ad una desiderata e temuta illeggibilità. Saltano le mediazioni, anche quelle dei primi critici amici come M. Cowley, E. Wilson e F. S. Fitzgerald. Dove non ci sono appigli e mancano radici cui sostenersi è meglio che i libri vadano direttamente “from the presses to the drugstores”.

Le figure da vaudeville che sfilano nella grottesca galleria di Balso Snell frequentavano pure gli alberghi per cui West ricoprì incarichi di manager ospitando a sua discrezione nelle stanze “svuotate” dalla depressione amici scrittori in difficoltà (ne beneficiò pure la coppia Hammett-Hellman) ma i tratti intemperanti e derisori di importazione parigina, dada o surrealisti, che lampeggiano tra le pagine del primo romanzo (il motivo anti-cristiano particolarmente) avrebbero necessitato della presenza o dell'incoraggiamento di altrettanti Buñuel al momento impegnati su fronti più caldi. Lo stesso Eisenstein, annusata l'aria, era ritornato in Europa dopo l'avventura messicana; non così un suo collaboratore, il lituano Boris Ingster che, tornato in California, si ritrovò a dividere un ufficio della RKO con West. Insieme furono all'origine dello script Before the fact che, dopo vari stravolgimenti, originò l'hitchcockiano Suspicion(1941). L'anno prima comunque, quello della sua morte, West assisterà, non accreditato, all'esordio registico di Ingster per la RKO nell'incunabolo noir, con tocchi, of course, espressionistici, Lo sconosciuto del terzo piano (1940).