le voci che corrono

Muhammad Ali, nato come Cassius Marcellus Clay Jr (1942-2016)

 

Da “ilgiornaledellosport.net”, 4 giugno 2016

Nessun come lui . Il mondo della Boxe perde il maggiore esponente della ‘Nobile Arte’, è morto  Cassius Clay. Muhammad Ali, nato come Cassius Marcellus Clay Jr (Louisville, 17 gennaio 1942) tra i più famosi e amati sportivi della storia. ... morto per gravi difficoltà respiratorie dopo il ricovero in ospedale avvenuto nei giorni scorsi, conseguenza del morbo di Parkinson di cui soffre dal 1984.

Lo definirono la 'Farfalla del Ring' , anche se Peso Massimo .La sua conversione all’Islam fece scalpore in tutto il mondo:a Cassisu Clay a Muhammad Alì  , rifiutò il Vietnam. Affetto da Sindrome di Parkinson dopo il suo ritiro dal mondo della Boxe si dedicò  ad azioni umanitarie .

Commovente nel 1996, ha commosso e stupito il mondo apparendo come ultimo tedoforo alle Olimpiadi di Atlanta; in quell'occasione gli fu anche riconsegnata la medaglia d'oro vinta a Roma nel 1960 , dalla città eterna partì la luminosa carriera del grande Cassius.

Mitici gli incontri vinti per il titolo mondiale dei Pesi Massimi: 1963 contro Doug Jones; 1964 Sonny Liston; 1971 Joe Fraizer; 1974 Joe Foreman; 1975 ancora contro Joe FRaizer; 1978 Leon Spinks.

La International Boxing Hall of Fame e la World Boxing Hall of Fame lo hanno riconosciuto fra i più grandi pugili di ogni tempo. Detiene anche i prestigiosi allori di Sportman Of The Century per Sports Illustrated, Miglior Peso Massimo di sempre per The Ring.

Fu eletto anche Fighter of the year (pugile dell'anno) dalla rivista americana Ring Magazine nel 1963, 1972, 1974, 1975 e 1978.

Oltre a questi riconoscimenti in campo pugilistico, è stato scelto dalla rivista TIME come una delle 100 persone più influenti del XX Secolo nella categoria Heroes And Icons, unico sportivo insieme a Pelé e Bruce Lee, è inoltre uno dei pochi sportivi americani ad aver ricevuto la Medaglia presidenziale della libertà.

 

Vittorio Parisi da GONG! Una storia dei pesi medi e dei pesi massimi, Bradipolibri, 2010

…Il giorno della rivincita fra Liston e Patterson salì sul ring un giovane pugile di colore per salutare i due contendenti. Strinse la mano all’allievo di Cus D’Amato, ma invece di presentarsi al campione del mondo lo mandò platealmente al diavolo e, sceso dal ring, cominciò a insultarlo provocando l’intervento della forza pubblica che dovette allontanarlo. Questa sceneggiata era una delle manifestazioni consuete di Cassius Marcellus Clay, 21 anni, a 18 campione olimpionico dei mediomassimi alle Olimpiadi di Roma dopo aver vinto in patria il torneo Golden Gloves. Nato a Louisville, nel Kentucky, il 17 gennaio 1942, proveniva da una famiglia della borghesia nera ma aveva anche ascendenze bianche, precisamente irlandesi. I suoi inizi sono noti: l’invito di un poliziotto a frequentare una palestra per sfogarsi del furto della propria bicicletta, così come è stranoto l’episodio della medaglia d’oro di Roma gettata nel fiume dopo un episodio di razzismo in un bar di Louisville da dove era stato allontanato, episodio in realtà pare mai avvenuto. L’ascesa professionistica fra i massimi di Clay era stata folgorante, grazie anche a una macchina organizzativa che lavorava a pieno regime supportata da un trust di finanziatori e con l’aiuto di Angelo Dundee che Clay aveva lungamente “corteggiato” ottenendo di averlo come allenatore dal secondo incontro. Aveva già battuto pugili come Alonzo Johnson, Willie Besmanoff, Billy Daniels, l’argentino Alejandro Lavorante e soprattutto aveva praticamente chiuso la carriera di “nonno” Archie Moore, anche se era stato atterrato da Sonny Banks, un ragazzo che purtroppo sarebbe poi morto dopo un match. Clay impressionava per la straordinaria leggerezza con cui danzava sul ring, cosa inedita fra i massimi, degna di un peso piuma. Di lui si sarebbe presto detto: “ Danza come una farfalla e punge come un’ape”. Di potenza non ne aveva molta, di classe ne aveva tanta, i riflessi erano eccezionali e gli permettevano una difesa fuori dai canoni classici con spostamenti all’indietro che per chiunque altro sarebbero stati disastrosi, in quanto i colpi vanno evitati, o bloccati in altro modo. Soprattutto era già un grande personaggio, capace di sparate polemiche, di giudizi irriverenti e spietati, di canzonature grottesche dei suoi rivali. Comunicava inoltre in anticipo in quale ripresa avrebbe demolito l’avversario di turno e spesso manteneva, e ciò aveva la sua importanza perché su queste cose si scommetteva. Cominciava anche a delinearsi il suo impegno in difesa dei diritti dei neri. Dopo Moore aveva però rischiato grosso al Madison contro Doug Jones, un massimo leggero e veloce, che aveva battuto il futuro re dei mediomassimi Bob Foster. Clay vinse ai punti ma se i giudici avessero premiato Jones non sarebbe certo stato scandaloso.

Clay corse un rischio molto maggiore poco dopo a Londra quando l’inglese Henry Cooper lo mise a terra con il suo terribile gancio sinistro. Suonò il gong e Angelo Dundee, mitico uomo d’angolo di Clay, fratello dell’organizzatore Chris e di origini calabresi, intravisto un taglietto su un guantone, lo allargò a bella posta per dover poi cambiare il guantone stesso (cosa che non avvenne), e assicurare a Clay un riposo ulteriore, visto che il ragazzo sembrava molto scosso. Questa mossa, che Dundee ammise diversi anni dopo, forse gli salvò l’inizio di carriera... E da Londra Clay era ripartito per andare a provocare Liston. I suoi atteggiamenti, per la verità, erano condannati da molti, soprattutto lo sbeffeggiare gli avversari, cosa di cui Clay davvero abusava. E anche se le sue sparate lo rendevano popolare nessuno realmente credeva potesse distruggere Liston come andava predicando, come nessuno poteva immaginare che i due avrebbero dato vita ai capitoli forse più sconcertanti della boxe moderna. Sonny Liston infatti firmò il contratto per difendere il suo titolo contro questo ragazzo che nella migliore delle ipotesi aveva dieci anni meno di lui e davanti al quale lui sembrava dialetticamente completamente senza difese ma che nello stesso tempo considerava solo un fastidioso moscerino da schiacciare. L’ incontro si disputò a Miami il 25 febbraio 1964 con Liston favoritissimo nonostante l’avversione che suscitava ai più. Al peso Clay si comportò come un pazzo, la pressione gli schizzò in alto, il medico pensò avesse una paura terribile e l’incontro fu persino vicino alla cancellazione.

Su questo incontro se ne sono dette tante che ho deciso di attenermi a quello che ho visto io. Per prima cosa fu un match stranissimo, combattuto pochissimo, come se Clay, saltandogli intorno a debita distanza, avesse una gran paura di Liston e che questi, pur abituato a scatenare battaglie cruente, avesse una gran voglia di trovarsi da un’altra parte. La quarta ripresa fu invece di Liston che portò Clay sull’orlo del crollo e del ritiro. Rispedito sul ring a forza da Angelo Dundee, Clay si riprese e vinse nettamente la sesta ripresa, pur senza ridicolizzare l’avversario come qualcuno tende oggi a far credere. Improvvisamente, tornato al suo angolo, Liston disse ai suoi che abbandonava, e così fu. Il motivo dichiarato fu uno strappo alla spalla destra, infortunio che nessuno aveva notato e che nessun medico certificò chiaramente. Uno scandalo, tanto più che, come abbiamo visto, anni prima Liston aveva sopportato un intero match con la mandibola fratturata. Seguirono violente polemiche e la “borsa” di Liston fu sequestrata, ma in seguito il pugile dell’Arkansas, che Clay chiamava “brutto orso”, fu giudicato non perseguibile. ...

... Il peggio doveva però ancora venire e avvenne nella rivincita del 25 maggio 1965 a Lewiston nel Maine. 15 mesi per una immediata rivincita erano tanti, ma prima Clay (che d’ora in poi chiameremo Muhammad Alì che lui annunciò essere il suo nuovo nome immediatamente dopo il primo match) fu operato alla vigilia del match per una ernia strozzata, poi l’incontro non trovava sede per vari e anche misteriosi motivi, tanto da finire (un campionato del mondo dei pesi massimi!) in un piccola città con una piccola arena. Furono giorni di vigilia molto tesi, con Liston, nuovamente favorito seppure di poco, che ricevette pure minacce di morte, come del resto Alì. E molti dubitavano che il match fosse una cosa seria, altri erano convinti che Liston avrebbe riconquistato il titolo facilmente per poi fare un terzo match.

Sul ring avvenne tutto in mezzo round. Su un corto destro di Clay (che molti poi chiamarono poco propriamente “il pugno fantasma”) Liston cadde a terra come folgorato da una scarica elettrica. A questo punto un fotografo scattò la foto più famosa di Alì, quella nota a tutti in cui invita Liston a rialzarsi. Ci si mise poi anche l’arbitro Jersey Joe Walcott, impacciatissimo, che non allontanò Alì, non comunicò chiaramente col cronometrista e che quando Liston si rialzò fece riprendere il combattimento. A questo punto il cronometrista, incalzato chissà perché da Nat Fleischer, il direttore di The Ring, richiamò la sua attenzione e Walcott fermò il match senza che Liston neppure protestasse. Naturalmente successe il finimondo perché il pubblico, per fortuna e forse non a caso scarso dato il posto, ritenne di essere stato preso in giro. E qui le interpretazioni si sprecano anche più che non per il primo match. Per prima cosa va precisato che il destro di Alì non fu affatto un “pugno fantasma”, ci fu. Però sembrava proprio essere leggerissimo, quasi un buffetto, naturalmente secondo Alì fu invece un pugno velocissimo e definitivo. In realtà era un colpo appena appoggiato, dato da un pugile che fra le sue mille qualità non ha mai avuto quella di essere un picchiatore, tanto meno da un colpo solo, a un altro pugile che aveva già mostrato in carriera di avere la mascella ben solida e contro picchiatori di grande fama.

La truffa fu evidente, suffragata dalla stragrande maggioranza dei presenti a bordo ring e anche, in fondo, da Geraldine Liston, che fece al marito una memorabile scenata negli spogliatoi. Resta da capire perché. E qui non ci sono più certezze nemmeno apparenti, solo ipotesi. ...