Nicola Caricola
Il caso del piccolo Edgardo Mortara
(1858) e l’accusa cinematografica contro la Chiesa
Prodotti
e pensati ormai soprattutto per il pubblico delle tv che li producono, i film
su fatti storici ostentano sottotitoli con date degli eventi. La prima parte di
Rapito di Marco Bellocchio, in concorso ieri al Festival di Cannes, si svolge
dal 23 giugno 1858 in poi, quando esplode il caso di Edgardo Mortara, sei anni,
di origine ebraica, ma battezzato all’insaputa dei genitori e reclamato quindi,
come cristiano, dallo Stato della Chiesa, che regnava anche su Bologna. Sono
giorni d’estate, ma nel film tutti gli attori hanno abiti invernali, perché in
inverno il film è stato girato: il rifiuto di rabbrividire recitando in camicia
ha prevalso sulla coerenza rispetto alle date…
Il
caso Mortara doveva essere portato sullo schermo da Steven Spielberg – che poi
vi rinunciò – subito dopo Il ponte delle spie (2015). Curiosità: Il ponte delle
spie si svolge in parte al momento, agosto 1961, della costruzione del Muro,
eppure in quel film a Berlino nevica…
Paiono
inezie, eppure esse minano la credibilità dei film, specie di quelli che si
ammantano di superiorità morale, come nel caso del cinema di Bellocchio,
regista politico, ossessionato fin dai suoi 20 anni dal suo rapporto col padre
e con la Chiesa; e dai suoi 30 anni anche dal suicidio del gemello.
Rapito
viene dopo Esterno notte (2002), sul
caso Moro, e ne ripropone alcuni interpreti: Fabrizio Gifuni
(l’inquisitore), Fausto Russo Alesi (il padre di Edgardo), Paolo Pierobon (Pio IX, diventato beato sotto Giovanni Paolo
II). La legale sottrazione alla patria
potestà di un minore, battezzato ma non dai genitori, di origine ebraica e
borghese, ispira la sceneggiatura di Bellocchio con Susanna Nicchiarelli
e Edoardo Albinati. A dispetto del titolo, essa tiene
conto della posizione della Chiesa. Infatti il titolo previsto era “La
conversione”. Ma da ultimo il titolo è diventato Rapito, per escludere che Edgardo Mortara – cresciuto e vissuto
fino al marzo 1940 nella Chiesa – sia stato ciò che è stato: un apostata del
giudaismo.
Poiché
il cinema continua la politica con altri mezzi, vano sarebbe lamentarsi di
questo ennesimo processo alle tradizioni della Chiesa, si può invece constatare
come una Chiesa svuotata non influisca più nemmeno sul modo di raccontare, in
Italia, la sua storia recente.
"barbadillo.it", 24 Maggio 2023