il Braccesco di Montegrazie fra
Longhi e il
Louvre
“Superba
machina di pietra picata” com'è definito in un secentesco "Repilogo delle
Raggioni delle Chiese e Diocesi d'Albenga", il Santuario di Montegrazie è
da tempo al centro di studi storico-artistici.
Posto
all'estremo di uno di quei "percorsi di crinale" segnati da ricoveri
per viandanti e pastori sovente poi trasformati in edifici religiosi, crocevia
dei percorsi che uniscono Bestagno in Valle Impero a Porto Maurizio ed Oneglia,
il Santuario, portato alla sua forma attuale verso la fine del '400, si
distingue per la compiutezza del manufatto architettonico (apparentabile
peraltro ad altri monumenti del Ponente Ligure, come
Ma
ad attirare l'attenzione su Montegrazie, prima ancora dell'indimenticata
monografia di Edoardo Mazzino e Gian Vittorio Castelnovi (1967), era stato il
celebre polittico (1478) di Carlo Braccesco, ora trasferito nella parrocchiale,
che ne ornava l'altar maggiore, da cui nel 1942 aveva tratto spunto un connoisseur
del calibro di Roberto Longhi, per una delle sue ricerche più dibattute in
cui attribuiva al pittore lombardo la paternità del “Trittico
dell'Annunciazione” conservato al Louvre.
Un
nuovo ciclo di studi, sostenuto dalla Provicia di Imperia, è stato raccolto
dall'editore Allemandi nel volume Montegrazie, un Santuario del Ponente ligure,
a cura di Franco Boggero.
Ordinati
in tre sezioni, corredate da un portfolio fotografico di Massimo Listri, i
contributi ricostruiscono anzitutto, attraverso un'esposizione esaustiva, ma
senza asperità di lettura, il rapporto con il territorio circostante
(analizzato in particolare da Antonella Rovere e Francesca Zachariadachis), le
caratteristiche dell'edificio e le tecniche costruttive (Erminia Airenti, Francesca
Mazzino, Maria Teresa Verda Scajola).
Sul
polittico del Braccesco s'incentrano glI studi di Germno Mulazzani, Alfonso
Sista, Maria Clelia Galassi, mentre le pitture murali sono indagate da Fulvio
Cervini, Alessandro Giacobbe, MassImo Bartoletti e Luciano Livio Calzamiglia.
Ai
restauri effettuati negli anni '90 sono dedicati infine i saggi di Giuseppe
Bellezza e Franco Boggero.
Una
vera e propria galassia di ricerche, come si vede, che abbraccia a 360 gradi
l'argomento "con l'ambizione - scrive il curatore - di affrontare
temi", sino a sfiorare il rischio "di risultare forse troppo
'composito' nella lena di mostrare indizi e proporre nuove metodologie
d'indagine". Un rischio d'altronde giustificato dall’imponente
stratificazione di vicende, opere e significati che al luogo si riconnettono e
che ci trasmette, al di là degli aspetti artistici, il senso di un'esperienza
di vita plurisecolare.
“Il Secolo XIX”, 24 agosto 2005