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miscellanea da “fdv” n.15 e 16-17

 

Maurizio Bettini: ELOGIO DEL POLITEISMO. Quello che possiamo imparare oggi dalle religioni antiche. Il Mulino, 2014

Karl Barth, il teologo protestante svizzero, scrisse che estromettendo Dio dal cielo si riempirebbe il mondo di idoli. Cosa avrebbero di sgradevole gli idoli rispetto a Dio resta un arcano ancorché a mezzo di essi, materiali o immateriali, la vita umana possa arricchirsi quanto smarrirsi o anche solo complicarsi. In altre parole non c'è alcun bisogno di esiliare Dio dal cielo tanto gli idoli sono comunque fra noi. Se poi essi occupano quello spazio del sacro che Dio pretende per sé il discorso è diverso. Si sa, Dio è un intransigente monopolista che avendo l'esclusiva di attribuirci colpe su colpe non abdica a quella di redimerci dagli idoli. Gli antichi romani onoravano i propri idoli domestici (i Lari) ponendoli in opportune edicole. Qualcosa di questa vetusta abitudine è rimasta fra i cristiani, in primo luogo fra Cattolici e Ortodossi. La sopravvivenza dell'antico concorre però a questo punto alla maggior gloria dell'assolutamente altro piuttosto che alla familiarità con l'altro, di qualsiasi provenienza sia e non importa con quali tipicità, perchè nel politeismo c'è implicita un'adattabilità, quindi una tolleranza, che manca a chi nega l'onorabilità alle divinità diverse dalla propria supposta verità. Jan Assmann ha per questa ragione paradossalmente definito il monoteismo una "controreligione", qualcosa che lega con l'abuso, che familiarizza con la coercizione. L'elogio che Maurizio Bettini ha fatto del politeismo è sprovvisto di quell'incisività propria del pamphlet che probabilmente non voleva essere ma di sicuro in quanto suoi lettori non si è dei lettori forzati.

CLL

 

Squatting Europe Kollective: THE SQUATTERS' MOVEMENT IN EUROPE. Commons and Autonomy as Alternatives to Capitalism. Pluto Press, 2014 

A dire il vero una guida allo Squatting europeo lo stesso collettivo che firma questo nuovo volume l’aveva realizzata l’anno scorso ed era distribuita dall’americana Autonomedia (autonomedia.org).  Il volume (Squatting in Europe: Radical Spaces, Urban Struggles) era diviso per aree locali e si avvaleva dei contributi di Hans Pruijt. assistente di sociologia a Rotterdam, Pierpaolo Mudu, geografo a Tacoma-Washington, Gianni Piazza dell’università di Catania, Andrej Holm, del dipartimento di sociologia urbana all’Università Humboldt di Berlino, Armin Kuhn, politologo a Potsdam, Lynn Owens, sociologo in Vermont al Middlebury College, Thomas Aguilera, politologo a Parigi, Florence Bouillon, dell’Università di Paris 8 e ricercatrice presso il Centre Norbert Elias, ETC Dee, dell’Università di Brighton, Miguel A. Martínez, sociologo a Madrid, e Claudio Cattaneo. Gli ultimi due sono in buona sostanza i reali curatori dell’ultimo volume, ancorché firmato a nome dello Squatting Europe Kollective, una rete di attivisti e ricercatori che ha cominciato a riunirsi dal 2009 tenendo riunioni a Madrid, Milano, Londra, Berlino, Amsterdam, Copenhagen, New York e Parigi. Il nuovo libro è tuttavia presentato come la prima vera guida all’argomento “offrendo uno sguardo unico dall’interno dello Squatting,  dei suoi ideali, azioni e modi di vita, in un momento di crescente crisi in Europa, con alto tasso di disoccupazione, diminuzione dell’edilizia sociale e declino del tenore di vita”.

Questo l’indice:

Introduction – Claudio Cattaneo and Miguel A. Martínez | 1: Squatting as a response to social needs, the housing question and the crisis of capitalism, by Miguel A. Martínez and Claudio Cattaneo | 2: The Fallow Lands of the Possible The Life Cycle of Squats in Geneva and Beyond, by Luca Pattaroni | 3: The Right to Decent Housing and A Whole Lot More Besides – Examining the Modern English Squatters Movement at its Beginnings and in the Present Day, by ETC Dee | 4: The Power of the Magic Key. Scalability of squatting in the Netherlands and the US, by Hans Pruijt | 5: Ogni sfratto sarà una barricata: squatting for housing and social conflict in Rome, by Pierpaolo Mudu | 6: Squats in urban ecosystems: overcoming the social and ecological catastrophes of the capitalist city, by Salvatore Engels di Mauro and Claudio Cattaneo | 7: Squatting and Diversity – Gender and Patriarchy: In Berlin, Madrid and Barcelona, by Azozomox | 8: Unavoidable Dilemmas: Squatters dealing with the Law, by Miguel A. Martínez, Azozomox and Javier Gil | Conclusions Miguel A. Martínez and Claudio Cattaneo | Appendix: The story of SqEK and the production process of this book, by Claudio Cattaneo, Baptiste Colin and Elisabeth Lorenzi.

MG

 

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Aa.Vv.: CHE COS’È UN POPOLO? Derive Approdi, 2014

Dico subito che Alain Badiou faccio fatica a digerirlo, tuttavia devo ammettere che in questo volume collettaneo dedicato alla nozione di “popolo” e di “populismo” il suo risulta essere il saggio più stringente, opportuno, puntuale e, finalmente, chiaro. Bourdieu si perde invece nelle “produzioni linguistiche”, Didi-Hbermann in nuvole estetiche, Judith Butler dice di riflettere sulla “libertà di riunione”, Sadri Khiari si chiede come si possa esser francesi senza esserlo e Jacques Rancière – dal quale nonostante tutto mi aspettavo più degli altri - è di una vaghezza imbarazzante. A conti fatti però, se si sa strappare dal nebuloso qualche sprazzo di limpido – cosa del resto non impossibile -  il libro qualche spunto di riflessione lo offre.

CLL

 

Martin Heidegger: SCHWARZE HEFTE. Tre volumi a cura di Peter Trawny. V. Klostermann Verlag, 2014 | Yvonne Sherrat: I FILOSOFI DI HITLER. Bollati Boringhieri, 2014

Per il momento sono stati pubblicati solo in Germania ma già non se ne può più (parlo per me) di tutti i rimbalzi di stampa sul globo intellettual-terracqueo. Una volta ancora: Heidegger nazista, Heidegger e il discorso del Rettorato, Heidegger traditore di Husserl, Heidegger che tace sul destino degli ebrei europei e tutti i corollari che a partire dal libro di Victor Farias (Heidegger e il nazismo, Bollati-Boringhieri 1988) ci hanno assillato con la suprema domanda: la grande filosofia dell'ometto più simile al non meno grande Benny Hill in abiti tirolesi ma, chissà, forse il più grande filosofo di ogni tempo e paese - che lo sia stato del XX secolo lo si dà per certo - è rimasta immune dalle sue disgraziate scelte politiche? Questi quaderni dalla classica copertina nera sui quali l'illustre dispensatore di saggezza tenne un diario fra il 1931 e il 1941 ci regalano qualcuna delle perle antisemite trattenute nella vita pubblica, ma, ancorché bastevoli per il gran chiasso, non risolvono la suddetta domanda delle domande.

Heidegger - al pari di Carl Schmitt - si guadagna un lungo capitolo a sé stante nel libro sui "filosofi di Hitler" di Yvonne Sherratt, L'intento originario dell’autrice era di stendere un docudrama e di questo proposito vuol conservare "la capacità di trasportare il lettore nel mondo vivo e pericoloso della Germania degli anni trenta" intrecciandolo anche con alcune figure di oppositori (in particolare Benjamin, Adorno, Arendt e Huber). Schmitt e Heidegger sembrano messi lì quasi a voler oscurare i più organici Bäumler e Krieck, ben pilotati da Alfred Rosenberg sulla rapida via della nazificazione accademica. Quando alla fine della guerra Bäumler fu catturato venne classificato come "nazista della peggior specie", ma in poco tempo finì per essere declassato così da permettergli di ritornare all'insegnamento. Krieck non ebbe questa fortuna poiché morì prima del processo. Per quel che riguarda Heidegger, la divisione francese che controllava Friburgo lo definì inizialmente "nazista tipico", ma anche lui fu declassato e nominato, fra le proteste dei nuovi amministratori dell'Università, "Professore emerito". Val la pena di ricordare tuttavia che fino al 1945 rimase iscritto al Partito hitleriano.

CLL

 

Maurizio Ferraris: SPETTRI DI NIETZSCHE. Guanda, 2014

Questo libro su Nietzsche è strutturato in modo da alternare certi episodi della vita del filosofo tedesco (e in qualche misura con la loro somma ricostruirla) a riflessioni di polimorfa costituzione e varietà di richiami. Con la svolta “realista” Maurizio Ferraris ha dovuto cominciare a fare i conti con la filosofia ermeneutica, con Derrida e, naturalmente, con Nietzsche, colpevole di quella citatissima sentenza “non esistono fatti ma solo interpretazioni” su cui si è retto il cosiddetto “postmoderno” dal quale, dopo esserne stato assertore, prende le distanze. Il postmoderno filosofico aveva magari tanti difetti ma coi suoi vagolanti ideologi dava se non altro l’impressione che vivere nella tragedia significava comunque vivere, tanto valeva prenderla bassa. Il “realismo” verso il quale rivolge oggi le sue attenzioni somiglia per fortuna poco o niente a quella familiarità con “gli universali” sermoneggiata dai filosofi medievali e si avvicina piuttosto a quella concretezza letteraria che ci hanno comunicato le salumerie di Parigi e i macelli di Chicago. La faccenda si fa quindi terribilmente seria e in sé non sarebbe un male, a meno di non perdere per strada qualche pezzo compensativo. Pezzi di sorriso, per dirne una. Ma è ciò che mi sembra sia avvenuto.

CLL

 

Vasile Ghica: ENTRE LE GRIFFES DU RIRE. Le Brontosaure, 2014

Quello dell’aforisma è un genere solo apparentemente facile. Possiede i richiami emotivi della poesia, l’impegno della filosofia e la perentorietà dei verdetti, il tutto complicato molte volte da manovre umoristiche generalmente “nere” e dall’avvitarsi dei propri su quelli degli altri. Gli aforismi del rumeno Vasile Ghica (Priponesti, 1940) sono stati definiti dalla sua connazionale Angela Gheorgiu – un soprano che alla qualità della voce unisce una formidabile bellezza – come “una sintesi di lucidità, serietà e umorismo”, Parole azzeccate per uno che scrive cose come queste: “Tutti gli imbecilli sanno di essere predestinati alla salvezza del mondo”. Oppure: “La vecchiaia è un errore, la gioventù un’impertinenza”.  O anche: “Lo stomaco resiste alla mancanza di cultura ma non alla fame”. L’ampia e significativa raccolta pubblicata dal Brontosaure è stata tradotta da Constantin Frosin.

CDJ

 

Luca Simonetti: CONTRO LA DECRESCITA. Longanesi, 2014 | Marino Niola: HOMO DIETETICUS. Viaggio nelle tribù alimentari. Il Mulino, 2015

Anni fa Piero Melograni - coinvolto come “professore” in Forza Italia, ma presto deluso - scrisse un imperdibile libro su La modernità e i suoi nemici (Mondadori, 1996) dove con l’attenzione del grande storico che era (e nell’anno in cui cade il centenario, è doveroso ricordare la sua Storia politica della grande guerra del 1969, edizioni Laterza) ma con pignola seppur velata derisione si gabbava di chi celebrando i disagi dell’antico regime aveva in uggia i vantaggi portati dalla rivoluzione industriale sul piano delle comodità.

Sostanzialmente allo stesso tema è dedicato con scoperta ironia l’attuale pungente libro di Luca Simonetti che però ponendosi già nel titolo contro la decrescita rivela l’intenzione precisa di smascherare l’ideologia propria di Serge Latouche e del suo circolo, quel movimento anti utilitarista nelle scienze sociali (MAUSS) che, con riferimenti diretti o meno, si è propagato anche in certi settori della politica, una politica del resto da tempo già alle prese coi “verdi” e i saperi alla Ivan Ilich. Resta inteso che più in generale Simonetti si chiede se davvero si stava meglio quando si stava peggio. Palesate le intenzioni ci si potrebbe fare un’idea sbagliata dell’angolo visuale dell’autore e ci si sorprende non poco, avanti nella lettura, scoprirlo marxista-leninista.

Romano, avvocato, Luca Simonetti si era dedicato in un precedente volume a L’ideologia di Slow Food, ed è un vero peccato che questo libro, pubblicato nelle edizioni di Mauro Pagliai nel 2010, mi sia sfuggito, immagino che me la sarei spassata. Porrò rimedio a questa grave lacuna quanto prima. Intanto mi sollazzo con l’Homo dieteticus di Marino Noia (insegna Antropologia dei simboli e Miti e riti della gastronomia contemporanea) in barba a tutti coloro che pensano essere una grave colpa mangiare con gusto e indicano le diete come via di salvezza.

CLL

 

Annie Le Brun : SADE.  Attaquer le soleil. Gallimard/Musée d'Orsay, 2014

Il 2 dicembre del 1814 moriva a Charenton Donatien-Alphonse-François de Sade. In occasione del bicentenario della sua dipartita  si è tenuta Musée d'Orsay (dal 14 ottobre del 2014 al 25 gennaio del 2015) una mostra allestita da Annie Le Brun e Laurence des Cars che segue prima di tutto l’influenza che Sade ha avuto sulla cultura figurativa. La Le Brun, benintenzionata a non fare di Sade un filosofo o un letterato come tutti gli altri, ha inoltre curato il catalogo. L’anniversario non ha suscitato grandi discussioni. Ciò che è stato dibattuto più del resto – e in termini inappropriati - è un filmato gradevole e per nulla eccessivo col quale il Museo ha provveduto a pubblicizzare la mostra: dei corpi nudi che si avvinghiano fino a formare alla fine il nome Sade. Si è anche alluso all’ardimento di Guy Cogeval, conservatore del Museo, per aver voluto questa mostra. Non c’è da stupirsi, tanto occorse che contemporaneamente alla mostra si cominciasse già a rivolgersi con assiduità a un altro anniversario, quello della nascita di Roland Barthes che sarebbe caduta giusto un anno dopo (il 12 novembre del 2015). Questo per dire di come i valori siano volubili e precaria l’assiologia. Sade lo sapeva.

CDJ

 

Luca Bocchicchio - Paola Valenti: ASGER JORN. OLTRE LA FORMA. Genova University Press-De Ferrari, 2014

Jorn giunse ad Albissola Marina nel 1954 e poco dopo vi prese ad abitare. In breve tempo trasformò casa e giardino - con l’aiuto dell’amico Gambetta, operaio all’Ilva –in un intricato quanto incantevole aggregato d’arte e vita, “non ‘una macchina per abitare’, ma una macchina per sorprendere e impressionare”, come scrisse a Enrico Baj che del trasferimento ad Albissola fu l’esortatore. “Asger Jorn, su un tratto della costa ligure, ha modificato qualche vecchia casa e costruito un giardino che gli somiglia” avrebbe più tardi scritto Guy Debord (De l'architecture sauvage, in Jorn /Le Jardin d’Albisola, Edizioni d’arte Pozzo, 1973). Dopo un lungo restauro, la Casa di Jorn (donata dall’artista alla città con parte della sua collezione) è stata aperta ufficialmente al pubblico il 3 maggio 2014.

Il volume qui segnalato costituisce il necessario complemento alle mostre organizzate nel 2014 dai Comuni di Albissola Marina e Savona e dalla Fondazione Culturale Cento Fiori, per celebrare il centenario della nascita di Asger Jorn (Savona: Museo d’Arte di Palazzo Gavotti. Albissola Marina: MuDA Casa Museo Jorn e Ceramiche San Giorgio). Le mostre hanno fra l’altro portato alla scoperta di documenti e opere inedite che sono riprodotte in questo solido quanto attraente tomo che oltre ai contributi dei curatori (dell’Ateneo genovese) si avvale insieme a quelli di “esperti” a vario titolo (Francesca Bergadano, Luciano Caprile, Leonardo Lippolis, Sandro Ricaldone) di quelli poggiati sui ricordi e sulle esperienze di alcuni familiari, galleristi e amici (Troels Jorn, Ezio Gribaudo, Marzio Pinottini, Giovanni Poggi).

BB

 

Emilio Villa: L’OPERA POETICA. A cura di Cecilia Bello Minciacchi. L’Orma, 2014

“Perché”, si chiedeva Gianfranco Baruchello a funerali di Emilio Villa (1914-2003) avvenuti, “egli sia da ricordare oggi a opera di un artista anziché, com'è e sarà giusto, della critica, degli storici della letteratura e degli editori (questi ultimi tutti assenti ingiustificati); questo l'interrogativo che mi pongo” (Alias-Il manifesto”, 25 gennaio 2003). Domanda per niente retorica se si pensa che l’ex seminarista. biblista e studioso dell’ugaritico, traduttore dell’Odissea e poeta disperso fra foglietti e rari opuscoli (perfino sassi buttati via… “poesia distrutta” la chiamava) proprio nella consuetudine all’arte e agli artisti fece sgorgare – in amicizia - molta della sua opera rimasta nonostante tutto – nonostante gli sforzi di alcuni e l’ammirazione di tanti – sostanzialmente ignorata. Si fa presto a fare un consuntivo: gli Attributi dell’arte odierna,  di cui Feltrinelli pubblicò il primo volume nel 1970 rinunciando però al previsto secondo; la sua versione dell’Odissea ancora con Feltrinelli; e le Opere poetiche (uscite anche queste solo col primo volume presso la Coliseum di Nanni Cagnone). Cecilia Bello Minciacchi ha preso adesso in mano la situazione – sicuramente intricata – e ha ricostruito in volume (con la postfazione di Aldo Tagliaferri, curatore dell’edizione Coliseum) l’opus di un  poeta da leggenda.

BB

 

“DALLA PARTE DEL TORTO” n.66.   Associazione culturale “dalla parte del torto”, 2014

“Dalla parte del torto” è una rivista che esce a Parma da 17 anni. Il n.66 porta l’indicazione “autunno 2014”. Nel corpo stesso della rivista è pubblicato un supplemento intitolato al convegno Fare cultura e fare politica. Gianni Bosio 1923-2013 tenutosi l’anno precedente ad Acquanegra sul Chiese. Nel fascicolo sono riportati tre interventi: Gianni Bosio e il canto sociale di Cesare Bermani, vecchio compagno dello storico delle classi subalterne, editore socialista, organizzatore di cultura e studioso per l'appunto del canto sociale; Gianni Bosio, fare storia per fare politica di Eugenio Camerlenghi, un’escursione da “Movimento operaio” alle edizioni “Avanti” e all’apporto dato alle ricerche sulla questione agraria; Coltivare la terra, coltivare la mente” di Mariella Eboli sul mondo contadino e sulla profonda relazione di Bosio con la Lega di Cultura di Piadena. Sul prossimi numero sarà giusto pubblicato l’intervento di Matteo Rebecchi  dedicato alla suddetta Lega. Altri partecipanti al convegno: Alessandro Portelli, Simona Pezzano, Enrico Pugliese, Enrico Grammaroli, Omerita Ranalli, Antonio Fanelli, Mariamergherita Scotti, Andrea Brazzoduro, Alessio Lega, Piero Bevilacqua.

Sullo stesso numero di “Dalla parte del torto”  è riportato il comunicato stampa che annunciava il convegno milanese dell’ottobre 2014 incentrato su Giovanni Pirelli, lo scrittore e intellettuale socialista, della nota famiglia di industriali, che delle iniziative di Bosio fu partecipe anche in veste di finanziatore.

BB