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Miscellanea (FdV 19-20)
Angelo Lucio Viotti: RÖA. L'ULTIMO
MENESTRELLO. AGF, 2015
Quando si
dice Röa (ruota) e si parla di
musica in Liguria si pensa subito a Pasquale Taraffo, il più
popolare fra i chitarristi di
scuola genovese. Ci fu anche un altro Röa chitarrista
che a distanza di vari decenni
ebbe una sua popolarità locale, specialmente nel levante genovese, a partire dagli anni
Cinquanta. Quest'altro Röa (Milittu per i famigliari) era di Uscio, alle
spalle di Recco, ma proveniva con la famiglia (Massone) di contadini e cavatori d'ardesia da Cicagna, nella
vicina val Fontanabuona. Angelo Lucio Viotti, suo nipote.
e autore tempo fa di Uscio e la valle di Recco
nei secoli XV e XVI, ne
ricostruisce in modo affettuosamente sommesso la biografia, seguendolo nei rapporti di
affetto, nel lavoro di macellaio,
nei rapporti coi compaesani e nei brevi tour musicali, soprattutto feste, sagre e osterie. Inutile dire quanto preziosi siano lavori come questo per la testimonianza del mondo di ieri che
consegnano agli storici di domani.
CR
Paolo Interdonato: LINUS.
Storia di una rivoluzione nata per gioco. Rizzoli Lizard,
2015
50 anni fa, "Linus".
Paolo Interdonato ripercorre la storia dei primi anni
della "rivista dei fumetti e dell'illustrazione". Sostanzialmente,
anche se si spinge un po' oltre, fino al passaggio in casa Rizzoli e alla
sostituzione della direzione di Giovanni Gandini con
quella di Oreste Del Buono, che ne avrebbe dovuto assicurare la continuità. Interdonato sceglie una ricostruzione che senza abbandonare
del tutto la cronologia possa intersecare l'acquisizione dei personaggi stabili
con quelli provvisori, le rubriche coi supplementi, l'esperienza grafica coi
tentativi di nuove testate, gli "almanacchi" coi libri di casa. A chi
come me ha fatto l'esperienza di scoprire la rivista in edicola in quegli anni
il libro ha riportato alla memoria tutto, proprio tutto, con la soddisfazione
di poter constatare di non averla completamente arruginita
(la memoria). Mi ha fatto tornare in mente anche l'alternarsi indeciso di
piccoli conflitti che l'impostazione della rivista generava sul piano di
un'adesione completa, che aveva sì il sapore di una luccicante aderenza
all'epoca ma pure una più complessa accoglienza sulla base degli stessi stimoli
che la rivista aveva fornito. Ciò si approfondì con l'uscita di altre riviste
che ne ripetevano in qualche modo la formula, come - oltre ad altre minori e in
una certa misura la stessa direzione di Del Buono - "Eureka",
"S.gt Kirk", "Il Mago"
e un po' dopo "Sorry" che con meno
sfavillio proponevano tuttavia una diversa e più ampia concezione del fumetto e
della sua storia.
MG
Howard Eiland - Michael W. Jennings : WALTER BENJAMIN. Una biografia critica .
Einaudi 2015 | Uwe-Karsten Heye
: I BENJAMIN. Una famiglia tedesca. Sellerio, 2015
Le biografie, soprattutto
se di buona mole, passano ogni volta per esser "definitive". Alla
"biografia critica" di Walter Benjamin che Eiland
e Jennings hanno pubblicato a Harvard - celermente
tradotta da Einaudi - è facile aggiudicare un simile vanto. Sin dalle prime
decine di pagine si capisce del resto quanto sia accurata infilandosi in modo
perfino pedante nelle storie di famiglia, del bambino dalla salute cagionevole
lettore come tutti allora di Karl May eccetera eccetera.
Poi il movimento giovanile tedesco e i Wandervögel,
l'università, la guerra, la lettura di Storia e coscienza di classe, il
ripensamento del marxismo, l'amicizia con Kracauer,
Brecht, Moholy-Nagy, Scholem,
Adorno... L'interesse per il cinema, la radio, la fotografia, la letteratura
per l'infanzia, i giocattoli, la pornografia, le riviste illustrate... In altre
parole il "tutto Benjamin" che ci si aspetta fino alla tragica fine.
Il destino dei famigliari, in generale poco allegro anche questo, è raccontato
invece in modo per nulla pedante da Uwe-Karsten Heye ne I Benjamin. dove si incontrano le storie
della sorella sociologa, del fratello dirigente comunista morto a Mauthausen nel 1942 e della moglie e del figlio di
quest'ultimo, unici sopravvissuti nel dopoguerra, quando lei diventa mnistro della giustizia nella DDR ed è soprannominata
"Ghigliottina rossa".
CLL
Hamao Shirō : IL DISCEPOLO DEL DEMONIO. Atmosphere,
2015
Il condannato per
l'omicidio di una donna scrive al Procuratore del tribunale dicendo che
potrebbe non essere colpevole. Apprendiamo che i due si conoscono dai tempi
dell'università e che per un periodo furono amanti. La descrizione che il
condannato fa del Procuratore è quella di un corruttore che prende i giovani
nella rete dell'omosessualità e dell'alcolismo, senza che lui beva un goccio,
Presto mollato, il narratore troverà la sua strada prima legandosi a una donna
che però sposa un altro, ma che reincontrerà, e poi
sposandosi a sua volta con una donna che non sopporta ma che non si fa
lasciare, tanto che si dice disposta ad avere altre donne intorno pur di
restargli vicina. Il demonio del racconto che dà il titolo al volume è
naturalmente il Procuratore e la confessione dell'omicida consiste in uno
sprofondare doloroso nella propria mente.
Hamao Shirō (1896-1935)
apparteneva a una famiglia aristocratica e dopo un insoddisfacente lavoro in
ambito giudiziario si dedicò completamente alla letteratura. Prendeva la
narrativa poliziesca molto sul serio e sull'argomento scrisse alcuni saggi
pubblicati su rivista. Come punti di riferimento teneva i classici occidentali
della detection, i cui metodi tuttavia si riflettono poco o niente sui
suoi, indirizzati questi più che altro a scavare nelle ambiguità della
giustizia e nella coscienza di chi ne è coinvolto. Il traduttore Francesco Vitucci nella sua ampia nota su Hamao
Shirō cita altri autori giapponesi riconducibili
al genere poliziesco, ma già averci fatto conoscere questo è un affare di tutto
rispetto.
CR
Antonio Tabucchi : L'AUTOMOBILE, LA NOSTALGIA E
L'INFINITO. Sellerio, 2015
Fernando Pessoa cominciò
a dedicatsi all'occultismo traducendo in portoghese
opere teosofiche. L'incontro fu casuale non meno che decisivo così da
infiltrarsi nel suo peculiare e non di rado giocoso modernismo letterario. In
una lettera a un amico, Pessoa avrebbe sostenuto che le vie esoteriche sono sostanzialmente
tre: la magica, la mistica e l'alchemica. Diceva di aver elimibato
le prime due perchè l'una "pericolosa"
(includendovi la stregoneria) e l'altra "lenta". Optò dunque per la
via alchemica, quella della trasmutazione. Intendendo con ciò la trasformazione
della personalità viene spontaneo associare questa scelta al suo noto
gingillarsi con molti "eteronimi". La serie delle conferenze tenute a
Parigi nel 1994 da Antonio Tabucchi, invitato dall’Ecole
des Hautes Etudes, è penetrata da questo tipico gioco dello scrittore
portoghese più di quanto alcuni titoli farebbero supporre, quantunque il
discorso "alchemico" sia reso presente dal relatore anche quando è ad
altro che si dedica, cosicché sul tema del rapporto con le avanguardie sottolinea
che Pessoa "ha scelto la forma estetica con un’ironia che fa pensare a un
travestimento", come dire a un'altra alchimisticamente
concepita trasmutazione.
Uscite con l'autore
ancora vivvo e vegeto nel 1998 in Francia, presso Seuil,Tabucchi scelse di conservare nella trasposizione in
volume di queste conferenze la forma della loro destinazione, ma ciò non
inficia minimamente l'acuta minuziosità con la quale sapeva dispiegare una
materia che d'altra parte conosceva come pochi altri. Piaccia tanto o poco
nella sua veste di narratore, con l'argomento Pessoa, per quanto non ignorato,
almeno dagli specialisti, Tabucchi riuscì a fare quel che non riuscì negli anni
Sessanta a una pur ampia antologia pubblicata da Lerici, portandolo non molti
anni dopo sulle pagine dei giornali e nei cataloghi degli editori con un
riscontro pubblico inatteso - e non solo italiano.
BB
Hans Magnus Enzensberger: TUMULTO. Einaudi,
2016
C'è poco
da dire, Enzensberger è un geniaccio che è riuscito a non farsi infinocchiare troppo dall'ideologia ed è sorprendente per uno che è stato il
fondatore (con Karl
Markus Michel) di una rivista ben accolta
nel sessantotto come "Kursbuch", che ha vissuto nella Cuba di Castro e che è stato prossimo alle neoavanguardie. Il suo scrivere chiaro,
la sua preparazione intellettuale, il suo garbato umorismo
che arriva a stuzzicare la poesia hanno permesso il miracolo di
far convivere impegno ed etichetta in un'epoca nella quale non andavano per niente d'accordo. Tumulto, a quanto si dice, nasce dal ritrovamento in cantina di vecchie pagine
diaristiche risalenti agli anni Sessanta
che Enzensberger reinterpreta ora come dialogo del vecchio scrittore col giovane
che fu (la parte più "tumultuosa" e sessantottarda
con il grosso di ciò che
all'epoca contava) ora come narrazione pura di eventi.
Il libro comincia con l'invito di Giancarlo Vigorelli ("Le malelingue lo
paragonavano a un impresario o al direttore
di un circo. Ma era ingiusto, perché le sue erano iniziative meritevoli") affinché lo scrittore tedesco partecipasse a Leningrado, con
Sartre e Ungaretti fra gli altri, a un incontro di celebrità
- ma lui tale non era ancora
- e si conclude con un affollato
"dopo", quando
"il tumulto" prese una piega
diversa.
CLL
Serge Berstein - Michel Winock: FASCISME
FRANÇAIS? La controverse. CNRS Éditions, 2014
C'è stato un fascismo
francese? Se c'è stato, per i due autori e per i numerosi altri che hanno
chiamato a collaborare al libro, non è mai stato un movimento di massa e se
anche certe esperienze, soprattutto negli anni Trenta, in diversa misura ne
furono intrise esse non andarono molto oltre la pura avventura intellettuale.
Quel che si propongono Serge Berstein
e Michel Winock è di smentire - e non casomai di
ridimensionare - le conclusioni degli studi dello storico israeliano Zeev Sternhell per il quale tutto
ciò che va da Barrés al governo di Vichy in chiave
sociale e nazionale altro non è che la manifestazione concreta (pratica) di una
teoria fascista che dalle sue primissime espressioni prende a contagiare la
Francia e poi l'Europa. Gli ribattono Bernstein, Winock
e tutti gli altri (troppi per esser citati) che le sue sono associazioni
viziate perfino da faciloneria che lo portano a confondere il nazionalismo
radicale e autoritario venato di auspici al benessere collettivo - e tante
volte anche di antisemitismo - col fascismo. Dire che la verità sta nel mezzo
sarà anche banale, ma potrebbe risultare di una banalità illuminante.
CdJ
Giovanna Parodi Da Passano:
AFRICAN POWER DRESSING: IL CORPO IN GIOCO. Genova
Un. Press/De Ferrari, 2015
Con la penetrazione dell'Islam
e l'arrivo degli Europei in Africa, gli scambi presero a raccogliersi in complesse caratterizzazioni che sconfinarono, come nel commercio dei tessuti
e delle perline di vetro, in vere
e proprie prese di possesso che
anche quando si evolveranno in vistose proposte estetiche manterranno intatti, come rileva Ivan Bargna, i parametri
della tradizione, tanto che nonostante
tutto ciò è ancora osservabile nelle relazioni fra consumismo e moda che hanno
apparentemente oscurato gli antichi rapporti
sociali di tipo clanico. Significativi
sono, per fare un esempio, i cappelli a cilindro
che nel mondo
occidentale furono un simbolo di vita cosmopolita, ma che in Africa, una volta importati,
divennero (e sono tutt'ora, a seguire il racconto di
Monica Blackmun Visonà) un emblema
ad uso dei condottieri come
si trattasse di beni ancestrali.
Altrettanto si può osservare nella
ricchezza degli addobbi nei rituali
vodu ove è imposto a chiunque vi partecipi, osserva Alessandra Brivio, "di confrontarsi con la complessità della dimensione materica". "Parlare delle pratiche sociali e culturali del corpo e dell'abbiglimento nell'Africa sub-sahariana",
dice la curatrice del volume Giovanna Parodi Da Passano,
"è ... assumere una complessità di storie, di contatti,
influenze, scambi di articolazione locale, regionale, globale" in un
campo dove oltretutto la questione
non è stata posta con la dovuta evidenza, così che "a lungo gli studi
africani ne hanno trascurato la storia".
CR
Eric H. Cline: ARMAGEDDON.
La valle di tutte le battaglie. Bollati Boringhieri, 2016
L'ebraico Har
Megiddo, il monte di Megiddo nella valle di Jezreel,
da noi, attraverso
la trascrizione greca, è diventato Armageddon, luogo dove si terrà, secondo
la profezia dell'Apocalisse
di Giovanni, l'ultima battaglia fra il
bene e il male prima del Giudizio finale. In attesa che ciò avvenga,
in questo piccolo territorio
si è combattuto molto. Qui
Thutmose III combatté la prima battaglia
documentata al mondo alla quale ne seguirono
decine di altre (E.H. Cline ne conta 34),
diverse delle quali riguardarono, fra l'altro, i crociati
e i mussulmani di Saladino. Vi combattè anche Napoleone che ebbe
a riscontare come non esistesse
al mondo "un luogo più adatto alla
guerra di questo". Nei testi biblici "l'Armageddon" compare soltanto
nel libro di Giovanni (chiunque fosse costui) preceduto da violenti terremoti,
tuoni, fulmini, grandine, fuoco, una cometa , eclissi,
cavallette, sterminio di un terzo dell’umanità
con un fiume di sangue lungo oltre
trecento chilometri, truppe di cavalleria
in numero di duecento milioni, piaghe, morte di ogni
essere vivente nel mare, trasformazione di tutta l’acqua
in sangue, buio totale, prosciugamento del fiume Eufrate per preparare il passaggio
dei re dell’Oriente. Dopo aver raccontato con smalto esuberante le numerose battaglie del luogo, Eric H. Cline - del Dipartimento
di Lingue e civiltà classiche del Vicino Oriente e Direttore del Capitol Archaeological Institute presso la George Washington University con all'attivo varie spedizioni di scavo
- ricorda che gli avvenimenti apocalittici sopra citati hanno chi li intende letteralmente
e chi in modo figurativo e
conclude così: "C’è
chi sostiene che alcuni di essi
si siano già verificati o si stiano verificando
attualmente nel mondo, con particolare riferimento alle eclissi e all’ondata di terremoti e attività vulcaniche che ha caratterizzato l’estate e l’autunno dell’anno 1999".
BB
Philip Mansel: LEVANTE. Smirne, Alessandria, Beirut: splendore e
catastrofe nel Mediterraneo.
Mondadori, 2016
Defunto nel 1999, Bernard de Zogheb,
che scriveva opere buffe col titolo in italiano e articoli di cronaca rosa su
“La Réforme illustrée”, fu “il più allegro superstite della vecchia
élite” di Alessandria d’Egitto. A quelli che rievocavano “l’età dell’oro”
cosmopolita della città prima del regime di Nasser, che vi era nato, replicava
di essere stata più che altro “di bronzo dorato”. Per gli scrittori delle
diverse nazionalità nati o residenti ad Alessandria aveva parole beffarde:
Olivia Manning era una “streghetta
sdolcinata e immorale dalla vocetta piagnucolosa”, Kafavis “furtivo” e Lawrence Durrel
“era solo un maestrucolo”. Sbeffeggiava perfino il
culto delle sorelle Brontë, che contagiava non soltanto la comunità inglese,
definendole assetate di sesso e di quattrini. Gli amici ne adoravano tuttavia
la gentilezza.
Finita l’età dell’oro – che per
gli italiani si struttura, fra gli altri, attorno ai nomi di Marinetti e
Ungaretti – Alessandria si trasformò in una giungla di cemento che sommerse
ville e giardini. Certi grandi edifici ottocenteschi della piazza intitolata a
Muhammad Ali sono oggi pieni di negozi e insegne pubblicitarie. I caffè
conservano i nomi del passato ma non la qualità. Attorno alla città si
ammucchiano chilometri di casermoni e “la Corniche”
del lungomare è una superstrada a dodici corsie. Villa Ambron,
dove risedette Durrell, non esiste più. Prima che lo
fosse di Durrell fu l’abitazione di Max Debbane, studioso di “alessandriologia”, che riteneva importante quanto
l’egittologia. Debbane redasse per anni la rivista
della Société d’Archéologie d’Alexandrie
e lo si vedeva in giro con la cravatta a farfalla e il feltro a larghe tese.
C’era anche chi lo considerava “uno stupido siriano puzzolente”.
Philip Mansel, specialista di
dinastie reali, ha scelto Smirne,
Alessandria e Beirut - tre porti chiave che corrispondono a tre grandi città, ricche e cosmopolite - per
descrivere, dopo aver già dedicato un libro a Costantinopoli, l’area che si trova
sulla linea divisoria fra l’Europa e l’oriente: “il levante”. Il libro, zeppo di notizie, storie allegre o
tragiche, varie succose amenità, non vuol essere soltanto la storia pura e
semplice delle città ma vuole interrogarsi sulla veridicità della loro fama di
luoghi che hanno posseduto il segreto della coesistenza fra musulmani,
cristiani ed ebrei mentre oggi catastrofi come quella di Smirne o Beirut
sembrano suggerire il contrario.
BB
Posidonio:
FRAMMENTI ETNOGRAFICI. A cura di
Miska Ruggeri. La Vita Felice,
2016 | Miska Ruggeri: APOLLONIO DI TIANA. IL GESÙ
PAGANO. Mursia, 2014
Un paio di anni fa Miska
Ruggeri si era cimentato
con Apollonio di Tiana, famoso taumaturgo
la cui vita, messa in dubbio
da certi studiosi, fu tramandata da Filostrato. Da Luciano che
lo considerò un ciarlatano
a Pound che lo celebrò nei Cantos, Apollonio fu tenuto o nel disprezzo
o nell'ossequio da antichi e moderni. La disputa cominciò fra pagani e cristiani,
coi primi che lo considerarono superiore a Gesù e i secondi che
vi intravvidero l'Anticristo.
Popolare anche oggi nell'ambiente occultistico, rappresenta con
Simon Mago un lato equivoco, enigmatico e cupo del mondo antico.
Con Posidonio, filosofo
stoico, Ruggeri indica una ben diversa
e chiara figura che si distinse
nei diversi campi del sapere, tanto da anticipare
l'etnologia attraverso un partecipato metodo di osservazione ai costumi dei
vari popoli, considerati per altro su un piano di uguaglianza anche quando, specie a oriente, vi volle cogliere i segni della
decadenza. Posidonio guarda con particolare favore ai "più giovani" popoli dell'occidente e si dilunga sui Celti (oggetto nel 2008 di uno specifico studio dello stesso Ruggeri) ma prima di recarsi a Marsiglia,
sbarcando sulle coste dell'Italia settentrionale, ha parole significative
per una popolazione poco conosciuta come quella dei Liguri,
obbligati a spaccarsi la schiena per strappare alle rocce un po'
di terra coltivabile, che avrebbero preferito
mangiare pietre piuttosto che darsi
in schiavitù.
Un'ampia introduzione
biografica e scientifica, una nuova traduzione
dei frammenti di Posidonio e i precisi, vasti
e appassionanti commenti
non fanno degli sforzi di Ruggeri un cibo da imbandire
esclusivamente sulla tavola dei filologi,
quando con cura, questa sì da
filologo, ci porta a guardare senza angosce a usi e comportamenti all'apparenza diversi, se non ostili, che esprimono
viceversa i valori di semplicità
e tenacia cercati da tutti ma che
ai tempi di Posidonio sembrava non dovessero appartenere alle popolazioni che si accingeva
a visitare, contribuendo così a capovolgerne il discapito.
CLL
“Fogli
di Via”, marzo luglio 2016