Domenico Letizia
da Francesco Saverio Merlino alla “concorrenza ” economica
Ogni
volta che Gianpietro Berti scrive e relaziona sui grandi personaggi del
libertarismo come Francesco Saverio Merlino (la relazione presentata al convegno
di studi su Merlino ad Imola nel Luglio del 2000) non si può che apprezzare
tale lavoro che induce sempre ad una riflessione critica e profonda. L’analisi
e la conoscenza del pensiero di Merlino nella società attuale da spazio a
ragionamenti e considerazioni politiche si stampo libertario e antiautoritario.
Merlino è il pensatore libertario che ha smantellato Marx dal punto di vista
Economico facendolo anche dettagliatamente e “scientificamente”. Ha la
consapevolezza che non si può e non si deve raggiungere un eguaglianza
effettiva tra gli uomini semplicemente perché essi sono diseguali e ancora
più dal punto di vista delle capacità
economiche. Il Socialismo di Merlino
ha in sé elementi liberali e libertari, un pensiero laicizzato che da spazio
alla sperimentazione e alla concorrenza economica, accettando l’idea stessa di
libero mercato. Merlino infatti anticipa le mostruosità dei “totalitarismi
economici e politici” di quella che sarà la società socialista che impone e non
accetta la libertà di scelta, di accordo e di scambio anticipando quello che
sarà il collettivismo sovietico, cinese , coreano ecc.. Tornare ad una giusta
concorrenza allora, dare spazio al libero e mutuo mercato, ad un progetto
anarchico liberal-libertario o formulare un anarchismo liberalsocialista.
L’ingiustizia e la mostruosità dell’attuale liberismo capitalista consiste
nella non estensione della concorrenza dove non c’è quasi mai stata: tra gli
sfruttatori. Come ha sottolineato Federico Tortorelli la questione della
concorrenza è sempre stata incompresa tra gli ambienti di “estrema sinistra”,
la si è voluta vedere come il demonio, il cane che morde senza capire che se ci
fosse la concorrenza tra i capitalisti, o meglio: tra gli oligopolisti, il peso
dello sfruttamento dei ceti subordinati si ridurrebbe in termini reali a
qualcosa di trascurabile. La concorrenza agisce efficacemente contro i prezzi
alti solo se non ha le mani legate o impastate, non dipende mai dal numero dei
pretesi concorrenti, ma dalle condizioni di libertà. Parlare di libertà e
sperimentazione diviene unitile, finché lo Stato coercitivo interviene a
limitare la libertà dei soggetti che intraprendono nuove attività
concorrenti. Anche le alte tassazioni
settoriali sono di fatto altrettanti monopoli di Stato. Statalismo e
capitalismo tendono incessantemente ad amalgamarsi nel peggio a vicenda, con
una giusta riflessione si deve analizzare cosa produce un eventuale concorrenza
al di fuori di questa amalgamata oligarchia.
“A”, Maggio 2011