Tonino De Bernardi

Jonas Mekas, che ci portò il nuovo

- Nous apprenons le décès de Jonas Mekas. Les images de ses derniers passages à Paris restent gravés dans ma mémoire. Esprit libre, travailleur infatigable, poète, cinéaste, il a façonné l'histoire du cinéma expérimental et laisse une empreinte profonde, singulière et indélébile dans l'histoire de l'art du 20ème siècle. Bon voyage, cher Jonas. - Così annuncia per “Paris Expérimental” Christian Lebrat. - Jonas passed away early this morning, peacefully at home. He was 96 and still very active. He already prepared two books to be released this spring. There will be a Buddhist ceremony in the near future. - Così Pip Chodorov “Revoir Vidéo” da Parigi. Io Jonas l'ho filmato l'ultima volta proprio a Parigi il 6 aprile 2016. Era col figlio Sebastian per il concerto dei Velvet Underground che suonavano alla Philharmonie nel parco della Villette, si celebravano i 50 anni del disco (in copertina la banana di Warhol), Nico coi Velvet, di cui rimane solo John Cale. Jonas ha lavorato con Nico e Warhol. Lui il giorno dopo firmava le copie del suo ultimo libro fuori di una libreria e io l'ho filmato lì che al microfono parla ai giovani che lo circondano (sì, in prima fila soprattutto giovani che facevano domande). A un certo punto indica me e dice di quando era venuto a Casalborgone e aveva mangiato dell'ottimo formaggio, ma in auto aveva avuto paura per la mia guida. Aggiunge anche che non è facile vedere il mio cinema perchè è indipendente. Perciò ho messo il pezzo in apertura di “Libera vita” mio film inedito. Quella sera a Parigi fummo a cena insieme. Quando ho saputo di lui, ho sentito subito il bisogno di scriverne ma non sapevo che avrei aperto in me una voragine. Un'altra volta, lui e Sebastian e un assitente furono qui a Torino 2007. Era da poco nato Tommi, il terzo dei nostri nipoti Momo, che Giuli portava in giro sul passeggino e lui le disse che doveva tenerlo in braccio. Sarebbero poi andati in Umbria perchè Sebastian voleva fare un percorso a piedi. A casa di Alberto e Giuli fecero anche un concerto con gli strumenti che vi trovarono e Jonas filmava, lui filmava sempre. Fu allora che gustò i formaggi alla nostra tavola a Casalborgone, così come anni prima tra 1991 e 1995 anche a Casalborgone era passato Steve Dwoskin. Eravamo amici dal 1967 quando io e Paolo Menzio lavoravamo al “Mostro Verde”. Era venuto qui a Torino all'Unione Culturale di Fadini in primavera, portatore del nuovo, e perciò accolto bene anche nelle proiezioni alla Galleria d'Arte Moderna, perchè allora si era alla ricerca del nuovo. Io fui impressionato da Brackhage e lo straordinario “The art of vision” e da Markopoulos oltre che dai film di Jonas. Però all'Unione Culturale già qualche anno prima era passato Taylor Mead, attore (Warhol, Ken Jacobs, Ron Rice) e film-maker (filmava con la sua 16 fotogramma per fotogramma). Lui ci portò “Queen of Sheba meets the Atom Man” (la regina di Saba incontra l'uomo atomo) di Ron Rice, 1963, dove era attore con, tra gli altri, Jack Smith (“Flaming Creatures”). Divenne nostro amico. Impazzì per Pia Epremian De Silvestris e i suoi film (diceva che Torino era più viva di N.Y.). Erano anni folli in cui si sperimentava non solo il cinema ma anche proprio la vita. Per il cinema ho imparato allora che lo si può fare anche solo con una camera (non c'era ancora il video), cioè senza produzioni e senza apparati tecnici. Per la vita si credette di poterla riinventare ogni volta. Gregory Markopulos, Steve Dwoskin e gli attori del Living si sentivano più liberi in Europa, perciò vennero a vivere qui. Erano anni di viaggi e di scambi. Alfredo Leonardi e Silvana vissero un anno a N.Y. e ci avrebbero lasciato il loro alloggio. Alfredo disse che io avrei potuto mantenermi come aveva fatto lui, andando a mostrare i miei film nelle università e altrove (c'era Jonas), Mariella (insegnante come me) avrebbe potuto fare la collaboratrice domestica. Silvana ci disse che c'era qualche inconveniente a vivere nella loro zona a N.Y., lei qualche volta era stata presa e buttata in un portone, ma bastava lasciar fare, non opporre resistenza, mantenere il sangue freddo, lei era ancora viva. Insomma, io preferii rimanere a Casalborgone in campagna perchè avevo iniziato a insegnare alle Medie in una prima che era diventata una seconda e volevo portarli in terza. Mariella a sua volta disse che, se non andavamo a N.Y., prendevamo una casa in campagna, e fu così che iniziammo a vivere anche in campagna. Massimo Bacigalupo portò a N.Y. alla Film Coop il mio 8mm “Dei” (1968-70) e Jonas ne scrisse sul Village Voice nel '73 in termini che non oso dire elogiativi. Poi nel '95 ancora ha scritto che il mondo ha bisogno dei frammenti di Paradiso che io aiuto a tenere in vita nei miei film. Come posso non essergliene grato finchè vivo? Io ricordo sempre i suoi Diaries, il suo Viaggio in Lituania, la sua mamma che, mi sembra, dà da mangiare alle galline, ma non so se mi sbaglio, se mi confondo con un'immagine della vita di qui in campagna. Ricordo “Lost, lost, lost”, 1976, lui ha fatto una marea di film. “The brig” (La prigione), 1964, è stato il primo suo film che ho visto qui a Torino, la ripresa dell'omonimo testo fatto a teatro dal Living Theatre. Dopo, lo vidi anche a teatro. Io e i miei amici e amiche eravamo andati apposta a Milano in treno da Chivasso-Torino e rimanemmo scossi dalla presenza scenica (e fuori scena), così totale fisica, del Living. Rufus attore del Living dormì poi anche nella mia soffitta di Torino, una stanza sola, su un materasso a terra accanto al mio letto, era dopo il '66. La regìa del film è anche del fratello Adolfas e di Judith Malina. Il teatro della 14-a Strada era stato chiuso perchè “The Brig” parlava dei marines e di come rigidamente erano trattati in prigione e la cosa aveva dato fastidio. Allora quelli del Living erano penetrati nella notte nel teatro sequestrato e avevano girato con Jonas e Adolfas il film. Bravi! Oggi come si fa a non applaudire? Comunque Jonas è stato una guida, un punto preciso e costante per tutti noi. Noi chi? Noi, uomini di buona volontà e di fede nella vita. Per i suoi “Walden” (non so l'anno), “Diaries, Notes & Sketches” 1969, “Lost, Lost, Lost” 1976, bellissimi, internet dice che non esiste la pagina. Grazie infinite, Jonas! Sei stato l'inizio del mio far cinema. Il tuo sorriso mi segue. Hai scritto che il mio lavoro è come una primula d'aprile.

Tonino, The marriage of heaven and hell.

“il manifesto-alias”, 2 febbraio 2019