Carlo Luigi Lagomarsino
epicurei e libertini
Stephen Greenblatt: IL
MANOSCRITTO. Rizzoli, 2012 | Alberto Beniscelli (a cura di): LIBERTINI ITALIANI. Rizzoli BUR, 2012
Greenblatt insegna
letteratura inglese a Harvard ed è noto per una biografia di Shakespeare
(pubblicata in italiano da Einaudi) che ha ben mostrato cosa lui intenda per New Historicism, vale a dire un modo colloquiale di raccontare
la storia, specialmente letteraria, attraverso l’ampio spettro delle vicende
culturali in una maniera che ricorda un Foucault immerso nella narrativa di
avventura, ma senza fantasie di sorta. Tutto è anzi frutto di scrupolosa
documentazione e ricerca d’archivio.
Questa vocazione
Greenblatt la conferma nell’esame di “come la riscoperta di un libro perduto
cambiò la storia della cultura europea”. Il “manoscritto” di cui si parla è
quello epicureo del De rerum natura
di Lucrezio, ritrovato da Poggio Bracciolini in una trascrizione medievale
nella biblioteca di un’abbazia della Germania meridionale (probabilmente quella
di Fulda). Da quel momento il libro, attraverso gli umanisti italiani, inciderà
non poco sulla storia delle idee. Greenblatt ne traccia nondimeno le
documentabili peripezie precedenti, si tratti di altri codici medievali o del
ritrovamento di un papiro nella biblioteca dell’epicureo della “villa dei
papiri”
Quello di
Greenblatt è ad ogni modo soprattutto il racconto delle vicende di Poggio –
l’autore delle Facezie - e degli
umanisti, per poi passare, verso la fine, a quello dell’influenza che Lucrezio
ebbe su Montaigne, Bruno e altri, fermandosi al prevosto Pierre Gassendi, senza
proseguire sul ruolo avuto presso gli altri “libertini”, ma chiudendo con la
jeffersoniana “ricerca della felicità” (“sono epicureo” diceva Jefferson a chi
gli chiedeva quale fosse la sua filosofia).
Del libertinismo
nella patria di Poggio si occupa l’ingente antologia che Alberto Beniscelli,
professore di letteratura italiana all’Università di Genova, ha curato e
commentato in ampiezza (ma sarebbe stata utile la presenza dell’indice analitico)
da grande competente. Insieme a Girolamo Cardano, Giordano Bruno, Paolo Sarpi,
Giulio Cesare Vannini, Tommaso Campanella, Pietro Giannone vi figurano Ferrante
Pallavicino, Salvator Rosa, Giovanni Paolo Marana, Francesco Fulvio Frugoni,
Giovanni Girolamo Arconati Lamberti e tanti altri, a dimostrazione che quella
del pensiero libertino tra il XVII secolo e il successivo è storia innanzitutto
di anticonformisti, scettici, epicurei e inclassificabili (soprattutto gli
italiani, più scomposti rispetto alla “Tètrade” di Gassendi, Naundé, La Mothe
le Vayer e Diodati) che hanno a cuore la vicenda umana nella sua vitale quanto
oscura semplicità.
“Fogli di Via”, marzo-luglio 2013