Il seguente testo di Yves Le Manach  potrebbe utilmente figurare in una postfazione alla recente edizione delle opere di Günther Anders pubblicate in Italia da Bollati Boringhieri e in Francia dall’Encyclopédie des Nuisances. Guy Debord ha probabilmente sfruttato L’uomo è antiquato di Anders per sviluppare la sua teoria della Società dello spettacolo, ma non ha voluto ammettere un debito teorico che lo avrebbe sminuito.  La cronaca di Le Manach (che il curatore italiano, l’amico Claudio Dettorre, ha tratto da “Artichauts de Bruxelles”, volume 43, gennaio 1999) risulta sulla questione assai credibile. Purtroppo Debord si sottrasse alla discussione e adesso, in Francia, dopo la pubblicazione di Obsolescence de l’homme di Anders c’è chi, come Jean-Pierre Voyer, ritiene che l’analisi del tedesco sia migliore, e di molto.

Yves Le Manach
tre personaggi in cerca d’altezza (trois personnages en quête d’hauteur)

Una corrispondenza Situazionista - Jean-François Martos (Jeff), autore di una storia ortodossa dell’Internazionale Situazionista (Edizioni Champ Libre 1989), ha da poco pubblicato la sua corrispondenza con Guy Debord.
Il libro si compone di tre parti: la corrispondenza tra i due protagonisti; un primo allegato costituito da carteggi con terzi e un secondo allegato con documenti diversi. Vi appaiono anche alcune fotografie che tendono a dimostrare che Martos ha vissuto a contatto con Debord e che le donne hanno il seno.
Questa corrispondenza affronta principalmente tre argomenti: il tentativo dei debordisti di sovvertire la Spagna all’inizio degli anni 80 (con il loro odio per l’eroe negativo che fa, presumibilmente, fallire l’affare), la guerra contro i fratelli nemici dell’Encyclopédie des Nuisances e, per finire, la dissoluzione del clan debordista.
Prima odiavo i carteggi, ma con la solitudine che accompagna la disoccupazione, ho cominciato a prendere gusto nel penetrare nell’intimità della gente. Che estasi quando ho scoperto, a pagina 113, al posto dei “Caro Jeff” e “Caro Guy” di cui si servivano con una fedeltà disperante, un secco “Guy”, immediatamente seguito, a pagina 116, da un glaciale “compagno”. Stavo scoprendo un vaudeville. Questo vaudeville, in cui sono implicati Debord, Martos ed il loro amico Jean-Pierre Baudet sarà oggetto di analisi in quest’articolo.
Baudet, amico di Martos dal 1979, era entrato in contatto con Debord per via delle sue attività alle edizioni Champ Libre. Era incaricato di rivedere le traduzioni tedesche di due libri di Debord (Prefazione alla quarta edizione italiana della Società dello spettacolo ed In girum ...), e di rivedere la traduzione di Della guerra di Von Clausewitz, in collaborazione con lo stesso Debord, specialista dello stratega tedesco, ma non germanofono. Queste attività avvicinarono abbastanza i due uomini perché avviassero una corrispondenza regolare che rivela tra loro una certa complicità.
Baudet, con una lettera ad un tale chiamato Fargette, diede inizio alla guerra contro i fratelli nemici dell’Encyclopédie des Nuisances. Ed è ancora lui che inizierà, senza averlo voluto, la guerra interna tra i debordisti.

 Un’iniziativa apparentemente innocente - Il 14 settembre 1988, Baudet ha l’idea di comunicare al suo entourage la sintesi di un libro di un certo Günther Anders. Ne invia una copia a Debord (Cher Guy), accompagnata da una frase d’accompagnamento nella quale scrive: “Circa un anno fa, Floriana aveva rifiutato la cattiva traduzione di un libro scritto nella sua lingua d’origine, il tedesco, in modo, ahimè, scolastico e pedante (Günther Anders: Die Antiquiertheit des menschen / L’uomo è antiquato). Per quanto questo rifiuto fosse giustificato, tuttavia è dannoso ignorare ciò che questo libro contiene. Ecco dunque un riassunto molto libero del primo volume, scritto nel 1956.
Questo riassunto (pubblicato in allegato nel libro di Martos) fa intravedere che Anders anticipava di trent’anni i Commentari sulla società dello spettacolo di Debord.
Facendo circolare questa sintesi, Baudet, grande ammiratore di Debord, pensava di avere a che fare con un intellettuale sincero che sarebbe stato felice di scoprire un predecessore delle sue teorie, vedendovi una prova supplementare del buon fondamento del suo pensiero.
Forse per mancanza di abilità, se non per sottomissione, Baudet segnalava a Debord i punti deboli del suo lavoro: “La mia terminologia non è sempre quella d’origine, poiché una traduzione più fedele in questo caso avrebbe considerevolmente allungato la salsa”, fornendo così la fune a cui farsi impiccare.

L’arte di eludere gli affari imbarazzanti -  Il 22 settembre 1988, Debord risponde a Baudet. Il “caro Jean-Pierre” dei giorni felici lascia il posto ad un glaciale “Jean-Pierre Baudet”: “Il riassunto molto libero della traduzione del tedesco-americano, che nel 1956 ambiva, se ho buona memoria, a sposare la metafisica con il giornalismo, e che il grande successo del libro di Boorstin ha cacciato nell’ombra prima che i contestatori, negli Stati Uniti degli anni successivi abbiano potuto disporne, è in effetti ben epurato. Certamente questo Anders acquista grande attualità se gli si fanno usare alcuni termini presi dai più recenti commentari sullo spettacolo (1). Ma allora non bisogna dire “riassunto molto libero”, terminologia “non sempre quella d’origine”, e che una “traduzione più fedele” avrebbe occupato troppo spazio. È svelare il segreto, e rischiare di togliere tutto il suo sapore alla mistificazione. Per farne gustare tutto il lato comico, sarebbe necessario affermare all’opposto che si tratta della più rigorosa e più onesta traduzione. E perché no? Chi se ne frega?”
Il tedesco-americano aveva delle ambizioni, il successo di un altro lo ha cacciato nell’ombra, i contestatori non si sono muniti delle sue idee, è un fallito!
Contrariamente ai matematici, per i quali la teoria è un mezzo di conoscenza, cioè un luogo di seduzione, di competizione e di sacrifici rituali, per Debord la teoria era un luogo deserto dove la teppa si dà appuntamento per regolare i conti.
Da questa risposta risulta che Debord conosceva Anders. Le accuse di mistificazione e di disonestà che rivolge a Baudet, mostrano che si è sentito messo in causa nella sua posizione d’intellettuale dominante. Questo lascia intendere che il libro di Anders non era sprovvisto d’interesse e costituiva una minaccia per l’originalità di Debord.
Perché, altrimenti, una tale reazione a proposito di un libro senza successo?

Compromettere tutti - Nello stesso 22 settembre, Debord fa pervenire a Martos la copia della sua risposta a Baudet, accompagnato dalla frase seguente: “Poiché sembravi aver fretta, l’altra sera, di avere notizie sul modo in cui avevo potuto prendere il riassunto speciale del pensiero di Anders, ed ora che l’ho letto, ti comunico tutto ciò che posso pensarne.” Si tratta di una frase non nominale, come se Debord si sdegnasse di designare il suo corrispondente con il suo nome. Siamo arrivati al punto: Debord può salvaguardare la sua posizione ed avere la pelle dei suoi amici soltanto prendendoli da dietro. Ipocrisia e duplicità, ecco le sue armi, non esistono bassezze che non avrebbe commesso per conservare la sua posizione. Debord si guarderà bene dunque dall’accettare il confronto sul terreno delle idee. Si aggrapperà alla scarsa accortezza di Baudet per mantenere viva la polemica sulla frase d’accompagnamento di Baudet e farà a Jeff un processo alle intenzioni.

Baudet cerca una spalla che abbia compassione -  Il 26 settembre 1988, Baudet scrive al suo amico Martos (Cher Jeff) per lagnarsi del messaggio offensivo di Debord: “(...) ho riletto il mio riassunto riga per riga rispetto al testo di Anders.” Non ho affatto debordizzato niente, la mia sintesi è praticamente una traduzione, e questo può essere provato con grande facilità. Non ho fatto che condensare in una frase dei paragrafi, conservando assolutamente il contenuto dei suddetti paragrafi e le parole adoperate dall’autore.” Perché, allora, aveva scritto a Debord che si trattava di un riassunto molto libero, che la terminologia non era quella d’origine e che la traduzione non era fedele?

Lucidità tardiva - Il 3 ottobre 1988, Baudet risponde a Debord (A Guy Debord). Si tratta di una lettera in sei punti nella quale nega l’intenzione di far pubblicare la traduzione di Anders (che è stata già rifiutata), e precisa: “(...) non ho mai frequentato Floriana se non per il piacere della sua compagnia, e mai come un editore da sfruttare.”
Baudet comunica a Debord le stesse precisazioni rivolte a Martos: non ha mai debordizzato Anders. Ma invece di mettere in rilievo le eventuali somiglianze tra il libro di Anders e quello di Debord, Baudet non fa che giustificarsi a proposito della sua frase d’accompagnamento. Cade nella trappola tesa da Debord.
Solo il sesto ed ultimo punto affronta la vera questione: “Se questo Anders del 1956, tanto disprezzabile, ti sembra simile al Debord del 1988, forse è il caso di rivedere interamente il tuo giudizio negativo.” E porre di nuovo in queste condizioni la famosa domanda: “Chi se ne frega?” Non è che un soprassalto di orgoglio al quale Debord dovrebbe rispondere.

Martos solidale con Baudet - Il 18 ottobre 1988, Martos risponde a Debord (Guy!). In questa lettera si difende dall’accusa di essere complice di Baudet nella presunta mistificazione, ipotesi che gli è “propriamente intollerabile”. Tanto più che non conosceva Anders e che il riassunto di Baudet lo aveva lasciato perplesso: “il linguaggio utilizzato è quello del Jean-Pierre d’oggi, o quello dell’Anders del 1956?”
Martos, che conosce perfettamente Baudet, sa che non è un manipolatore, si chiede a quale scopo avrebbe potuto inventare una tale mistificazione: per ottenere una pubblicazione a Champ Libre una volta che conosciuto il rifiuto dell’editore? Per permettere ai falsificatori dello spettacolo di dire che i situazionisti dovevano tutto ad Anders nella stessa maniera in cui già dicevano che dovevano tutto a Lefebvre ed a Baudrillard? In breve, Martos non vede quale interesse avrebbe avuto Baudet in una mistificazione che implica “un tradimento generale dei nostri fini e dei nostri metodi”. Non rimane che una spiegazione possibile: “questa sintesi non è una deliberata mistificazione, ma invece è stata la maniera di presentarla, eccessivamente prudente e scrupolosa, che ha potuto farla apparire tale”. “Per esserne certi, basterebbe confrontare alcuni passi della sintesi, tra i più sorprendenti, con le pagine corrispondenti del tuo libro, per constatare se è vero o no che Jean-Pierre ha operato un lifting abusivo o una forzata attualizzazione”.
Martos si mostra solidale con il suo amico Baudet. Tuttavia questa solidarietà si basa soltanto sulla forma e si guarda bene dal confrontare i passaggi più sorprendenti del riassunto di Baudet con le pagine corrispondenti del libro di Debord. Forse vuole conservarsi una via d’uscita nel caso in cui l’affare andasse male. Tuttavia, mettendo da parte la questione delle idee, ha finito per commettere lo stesso errore di Baudet. Da questo momento non c’è alcun dubbio che, per Debord, Martos non conta più nulla.
Baudet e Martos hanno risposto a Debord, la palla è ora nel campo di quest’ultimo. Ma l’inverno arriva, un vento glaciale che viene dalla Senna si ingolfa nella rue du Bac, risalendo fino alla metropolitana di Saint-Placide. Debord decide di svernare. Tornata la primavera, Debord risponderà alla sola domanda scientificamente ed umanamente interessante: ha o no plagiato Anders? Martos e Baudet resteranno solidali? La risposta nelle prossime puntate.
Artichauts de Bruxelles”, volume 43, gennaio 1999

(1) Debord faceva riferimento al suo libro Commentari sulla società dello spettacolo, pubblicato alcuni mesi prima, nel maggio 1988.