Preleviamo il seguente saggio di Consulto Angiò da un numero di “Ideazione”di qualche tempo fa (marzo-aprile 2000). Il
“partito dell’Ovest”, quel populismo americano (in Italia particolarmente
studiato dalla professoressa Valeria Gennaro Lerda
dell’Ateneo genovese) che rivendicava le ragioni degli agricoltori, faceva
professione di acceso federalismo, asseriva la liberalizzazione del conio, avversava
la cartelizzazione economica, cercava l’alleanza con
un socialismo non ancora “prussianizzato”, vi è visto
in relazione al popolare romanzo di L. Frank Baum. Giornalisti e
scrittori ebbero d’altra parte un ruolo di spicco fra le sue fortune – e anche,
è il caso di dire, in una certa propensione nei confronti delle teorie “complottiste”. Un suo partigiano fu quell’Ignatius
Donnely che ventilò l’idea – suffragandola con una tutt’altro che ordinaria scelta di reperti dell’una e dell’altra
sponda dell’Atlantico – di una comune origine per le civiltà mediterranee e meso-americane. Non è infine sbagliato rinvenirne “il
carattere” fra quelle figure vitali e un po’ velleitarie che ci ha consegnato
il cinema storico americano nei tratti di coraggio, eccentricità e fiera
resistenza ai prepotenti ritualizzata nei poligrafi
di villaggio.
Consuelo
Angiò
l’allegoria populista del
Mago di Oz
Nell’aprile 1900 veniva
pubblicato Il meraviglioso mago di Oz, un
racconto per bambini che riscosse immediato successo e divenne ben presto un
classico della letteratura per l’infanzia. Sebbene il libro fosse stato scritto
per intrattenere un pubblico giovane, nel concepirlo il suo autore, L. Frank Baum,
si era ispirato alla realtà sociale, economica e politica degli Stati Uniti di
fine secolo, realtà che, in quanto editorialista di un giornale di provincia,
l’ “Aberdeen
Saturday Pioneer”,
nonché genero della suffragista Matilda Gage,
conosceva a fondo. La storia del Mago di Oz
costituisce, pertanto, un prezioso documento di critica sociale dell’America di
fine Ottocento, quando il populismo e la sua ideologia non erano ancora
declinati. L’ultimo ventennio del XIX secolo fu un periodo cruciale della
storia degli Stati Uniti, caratterizzato da un alto livello di tensioni e di
fermento sociale e politico. L’industrializzazione del Nordest del paese poneva
per la prima volta la questione operaia. Quelli di fine secolo furono anni di
grandi conflitti industriali: Haymarket, Homestad, Pullman. La questione agraria, tuttavia, era
notevolmente più complessa e pressante.
L’America era ancora
caratterizzata da una economia prevalentemente agricola. Le innovazioni
tecnologiche e scientifiche avevano causato un aumento della produzione
agricola, che a sua volta aveva portato ad una diminuzione dei prezzi.
Politiche ferroviarie discriminatorie e politiche economiche restrittive da
parte del governo indebolirono ulteriormente la posizione degli agricoltori.
Conseguentemente, quest’ultimi si trovarono a dover
far fronte ad una depressione economica che in molti casi li obbligò alla
vendita delle fattorie. Dopo il 1887, il Kansas, in particolare, fu colpito da
un lungo periodo di siccità e una media di tre fattorie su quattro dovettero
essere ipotecate. Molti agricoltori cominciarono a invocare il libero coniaggio dell’argento come panacea dei problemi economici
e sociali che li affliggevano, criticando lo standard aureo, istituito a
partire dal 1873, con l’accusa che favoriva lo sviluppo industriale a danno di
quello agricolo e il Nordest del paese a danno dell’Ovest e del Sud. Il libero coniaggio dell’argento divenne dunque sinonimo di maggiore
liquidità, aumento dei prezzi dei prodotti agricoli e ritorno alla prosperità.
Il crescente malcontento diede vita a una serie di movimenti politici e si
concretizzò infine nella costituzione di un Partito populista, la cui piattaforma
politica prevedeva la sfida al potente sistema bancario, al monopolio delle
ferrovie e allo standard aureo, causa degli alti tassi di interesse e del basso
livello di circolazione monetaria. Le speranze dei populisti culminarono con la
candidatura del maggior esponente del partito, William Jennings
Bryan, a tre consecutive elezioni presidenziali, nel
1896, 1900 e 1904. Tuttavia, Bryan non riuscì a
coalizzare i voti degli operai del Nordest e fu ripetutamente sconfitto.
La natura allegorica del
Mago di Oz è già evidente nel titolo. Oz, è infatti l’abbreviazione di once, la misura usata nel coniaggio dell’oro e dell’argento. Quanto ai personaggi, Dorothy rappresenta l’uomo comune (everyman),
lo Spaventapasseri rappresenta l’agricoltore, il Boscaiolo di latta è l’operaio
e il Leone codardo impersona William Jennings Bryan. La città di smeraldo, verde come i dollari a
simboleggiare il potere del denaro (money power), è Washington e il mago
ciarlatano ovviamente è il presidente degli Stati Uniti. La strega cattiva
dell’Est rappresenta banchieri e capitalisti, mentre sua sorella, la strega
cattiva dell’Ovest, raffigura il monopolio ferroviario, le compagnie ipotecarie
e la natura indomita. Infine, le scarpe d’argento, che Dorothy
indossa dopo aver accidentalmente ucciso la strega cattiva dell’Est all’inizio
del racconto, simboleggiano il potere che i populisti attribuivano al libero coniaggio dell’argento. Tuttavia, la strada che conduce
alla città di smeraldo è lastricata di mattoni gialli, come lo standard aureo
adottato in quegli anni. Il racconto comincia con la fortuita uccisione della
strega cattiva dell’Est da parte di Dorothy, che un
tornado ha trasportato miglia e miglia lontano dal Kansas (una regione in cui i
piccoli agricoltori indipendenti sono ancora la norma) dove zia Em e zio Henry possiedono una
piccola fattoria e conducono una vita fatta solo di duro lavoro, ignorando il
significato della parola “gioia”. La loro condizione è talmente precaria, dice Dorothy, da non potersi nemmeno permettere di “indossare il
lutto”. L’uccisione della strega cattiva dell’Est (banche e capitale) libera i Munchkins (la piccola gente) e attribuisce a Dorothy il possesso delle scarpe d’argento che
appartenevano alla strega e che sono dotate di un potere magico. Sfortunatamente,
né Dorothy, né i Munchkins
e nemmeno la strega buona del Nord (gli elettori del Nord) sanno in cosa
consista questo potere.
Così, la strega buona,
che ammette di non essere altrettanto potente delle due streghe cattive, spiega
a Dorothy che l’unica persona in grado di aiutarla a
fare ritorno in Kansas è il potente Mago di Oz. Per
raggiungere la città di smeraldo, dove il Mago vive, Dorothy
dovrà seguire una strada di mattoni gialli (lo standard aureo) che è l’unica
strada a condurre colà. Durante il suo viaggio Dorothy
incontra tre personaggi. Il primo di essi è lo Spaventapasseri, una figura
agraria, imbottita di paglia e senza cervello. Nel 1986, W.A.White
aveva pubblicato un articolo dal titolo “Qual’è il
problema in Kansas?” (What’s the Matter with Kansas), in cui accusava
gli agricoltori di essere ignoranti, irrazionali e anche un po’ tonti. Più
avanti nel racconto, il Mago spiegherà allo Spaventapasseri che solo “l’esperienza
conduce alla conoscenza” e che, dunque, la vera intelligenza nasce dall’esperienza.
Nei suoi articoli editoriali, Baum aveva spesso
rappresentato il movimento degli agricoltori come un nobile tentativo di
recuperare il controllo politico a favore dell’uomo comune. Il finale utopico
del libro, vede lo Spaventapasseri assumere il potere ad Oz,
dopo che il Mago si dilegua in una mongolfiera. Il secondo personaggio ad
unirsi alla compagnia è il Boscaiolo di latta. Egli è l’operaio industriale,
che la strega cattiva dell’Est ha trasformato in una macchina senza cuore. In
realtà, spiega il Boscaiolo, egli una volta viveva come lavoratore indipendente
nella terra dei Munchkins. Ma la strega cattiva lo
volle punire per essersi inammorato di una ragazza, e
così stregò la sua accetta. Ogni nuovo colpo inferto tagliò via una parte del suo
corpo, che il Boscaiolo sostituì con parti in latta finché non rimase più nulla
di umano in lui. Ma la perdita per cui egli soffre maggiormente è quella del
suo cuore; ed è proprio un cuore che domanderà al potente Mago di Oz. La compagnia si completa quando i nostri incontrano il
Leone codardo, che ha imparato a farsi rispettare ruggendo il più forte
possibile. In realtà, messo di fronte a una decisa opposizione, il Leone rivela
la sua vera natura. «Ho imparato, spiega, che se ruggivo molto forte ogni creatura
vivente si spaventava e si toglieva di mezzo… Se gli elefanti e le tigri e gli
orsi avessero provato a battersi, sarei scappato io – Sono un tale codardo».
Il Leone codardo
impersona Bryan, il candidato populista, nei
confronti del quale gli elettori e gli attivisti si erano creati grandissime
aspettative, presto deluse. Baum illustra in tono
satirico i rapporti tra Bryan e il mondo operaio:
quando il Leone incontra il Boscaiolo di latta, gli dà una zampata. Ma con sua
grande sorpresa, “non riuscì a fare alcuna impressione sulla latta, sebbene il
Boscaiolo cadde in terra e rimase immobile”. Baum si
riferisce al fatto che, nel 1896, gli operai del Nord subirono pressioni da
parte dei datori di lavoro e finirono col votare per McKinley.
Stupito, il Leone aggiunge: “mi ha quasi spuntato gli artigli” e prosegue, “Quando
ho graffiato la latta, ho sentito un brivido freddo lungo la schiena”. Giunti
alla città di smeraldo, Dorothy e i suoi compagni di
viaggio, scoprono che tutti là sono obbligati a indossare occhiali verdi, il
che significa che a Washington il denaro è misura di tutto. Il “Grande e
Terribile Oz”, che più tardi si rivelerà essere
semplicemente “un ometto con la testa pelata e la faccia rugosa”, non si mostra
mai in pubblico. Quando i compagni di viaggio sono separatamente ammessi al suo
cospetto, Oz appare loro in differenti guise. Lo
Spaventapasseri vede una bellissima donna, forse ad indicare che gli
agricoltori subivano le lusinghe dei politici che promettevano molto e
mantenevano poco. Il Boscaiolo, invece, vede una «bestia terribile», come
avrebbe fatto qualsiasi operaio dell’Est dopo i conflitti degli anni Novanta,
durante i quali il presidente si era schierato dalla parte degli industriali.
Il Leone si trova di
fronte ad una grande palla di fuoco che lo obbliga a indietreggiare, così come
i movimenti riformisti dell’epoca erano spesso costretti ad abbandonare
qualsiasi tentativo di sfidare il potere centrale. Il Mago promette di esaudire
le richieste di ognuno a patto che il piccolo gruppo riesca ad uccidere la
strega cattiva dell’Ovest. Durante la spedizione, lo Spaventapasseri darà prova
di intelligenza, il Boscaiolo dimostrerà di avere un gran cuore e il Leone si
rivelerà molto coraggioso. La strega cattiva dell’Ovest, che conosce l’enorme
potere delle scarpe d’argento indossate da Dorothy,
viene finalmente uccisa. Le scimmie alate (gli Indiani d’America) e i gialli Winkies (i cinesi che lavoravano alla costruzione delle
ferrovie e nelle miniere dell’Ovest) sono liberati. Tuttavia, tornando ad Oz, i nostri scoprono con grande disappunto che Oz “è un brav’uomo” ma un
“pessimo Mago”. In realtà lo Spaventapasseri, il Boscaiolo e il Leone hanno già
ciò che desideravano: un cervello, un cuore e il coraggio. L’unica a non poter
riscuotere la propria ricompensa è Dorothy. In suo
soccorso viene la strega buona del Sud che le rivela lo straordinario potere
delle scarpe d’argento. Saranno loro a ricondurre Dorothy
da zia Em e zio Henry.
Ironia della sorte, durante il volo di ritorno a casa, le scarpe scivolano dai
piedi della bambina e si perdono per sempre, così come il movimento populista
lasciò ben presto cadere tutte le proprie rivendicazioni. Il racconto si
conclude ottimisticamente con lo Spaventapasseri lasciato a regnare su Oz, il Boscaiolo che andrà a governare l’Ovest e il Leone
che proteggerà gli animali più piccoli «in una grande vecchia foresta». Ad
indicare che gli interessi degli agricoltori acquisteranno importanza a livello
nazionale, l’industrializzazione si sposterà ad Ovest e Bryan
comanderà in una foresta abitata solo da politici di piccolo calibro.
Nondimeno, si tratta di
un lieto fine. A dimostrazione del fatto che, nei primi anni del Novecento, in
America c’era ancora spazio per sperare nel successo di un sistema economico e
sociale alternativo all’allora nascente potere delle grandi corporations,
e una larga fetta della popolazione del paese credeva che i valori difesi dal
populismo fossero gli unici veramente in grado di garantire una vita migliore.
Bibliografia
Esistono numerosi saggi
dedicati all’allegoria populista del Mago di Oz. Qui ci limitiamo
a riportare quelli maggiormente significativi. Henry M. Littlefield, The Wizard of Oz: Parable on Populism, “American Quaterly” 16 (Spring, 1964), che
costituisce il primo studio
sull’argomento. Per un approfondimento
dei temi economici dell’allegoria Hugh Rockoff, The ‘Wizard of Oz’ as a Monetary Allegory, “Journal of Political Economy”, 98.4 (1990). Infine, il saggio di Gretchen Ritter, Silver Slippers and a Golden Cap: L. Frank
Baum’s The Wizard of Oz and Historical Memory in American Politics, “Journal of American Sudies”, 31 (1997)
analizza in particolare la “geografia politica di Oz”
e il rapporto tra populismo e memoria storica.