Il
13 luglio del 2014 A causa della tubercolosi ossea Gian Pietro Lucini moriva a
47 anni. Qualche anno dopo, nel 1917, Mario Puccini avrebbe pubblicato con Carabba una raccolta di Scritti scelti dello scrittore dove sarebbe finita questa
sua breve autopresentazione scritta poco prima della morte.
Gian Pietro Lucini
autopresentazione brevissima
Sono nato il 30 Settembre 1867 a
Milano, nella stessa casa e camera, Via San Simone, in cui pur nacque Cesare
Correnti. Quella casa è oggi distrutta dal piccone del rettifilo, e la Via San
Simone si chiama da quell’illustre a sangue freddo.
Continuo e conchiuderò una
famiglia che non fu mai né muta né reticente nella storia lariana. Per le
azioni delle arti, della guerra, della chiesa e del foro, svolse, per lunga
serie di secoli, le proprie prerogative. Né meno l’episcopio ha saputo coprire in
noi le determinazioni ghibelline, come nell’Arcivescovo di Magonza.
Como è ripiena delle nostre memorie, che sono sempre di carattere liberamente
solista ed espansivo.
Mi laureai in leggi il ’92, col
massimo profitto di avermi fatto comprendere la inutile menzogna delle
medesime, che contrastano dal Codice alla Vita sì che imparai a maneggiare le
armi anche fisiche per distruggerle. Mi compiacqui di medicina e di matematica.
Ma se è vero che l’Arte è rifugio
e consolazione delli ammalati inquieti, in cui la
salute del cuore e dell’intelligenza contrasta colla morbosità degli altri
organi, all’Arte mi affidai come alla sposa ed alla madre, che non tradiscono.
Ho avuto ragione. Il mio atto di
Vita d’allora in poi si è sempre confuso colla mia espressione d’Arte; la mia
Azione è la mia Letteratura. Ogni anno vissuto da me dopo il ventesimo, è
postillato da un nuovo successivo volume, e là dove tu riscontrerai miglior
sofferenza, l’Arte sarà maggiore.
La revisione delli
Uomini e dei Libri avvenne tra i Libri dal letto e dal lettuccio. Non sono
tanto desto se non quando mi sorprendono in dormiveglia. Contrasto spesso con
tutti: in questa antitesi si aumenta giornalmente il mio orizzonte. Le mie
avventure cerebrali furono enormi e sconosciute: un eco sola ne vibra, a chi sa
intenderla, dalle mie pagine.
Ma ciò che più mi soddisfà è
d’essere in pace e contento con Me stesso, perché fui severissimo con Me ed
indulgente ad altrui: il mio maggior titolo è di essermi sorpassato; li altri
vaglieranno quelli tangibili del mio lavoro.
Eppure non prosperai, né
prospero: mi avvisò Carlo Dossi che mi mancava l’arte del Ciarlatano. Non me ne
dolgo. Il mio pensiero rosso, la mia candida onestà sono virtù negative in un
mondo dove il grigio è pregiato sui colori pieni e non equivoci. Oggi, non uomo
finito, posso anche riposare, perché so di aver compiuto il mio dovere, cioè
sono sicuro di non essermi tradito, ed ora non desidero che di morir presto.
Milano il 1 di Giugno 1914
G. P. Lucini