Charles de
Jacques
archeologia delle luci rosse
Franco Grattarola –
Andrea Napoli: LUCE ROSSA. La nascita e le prime fasi del cinema
pornografico in Italia. Iacobelli editore, 2014
Una vera sorpresa questo libro, prima di tutto per
la meticolosità rara persino nelle pubblicazioni accademiche che della ricerca
d'archivio dovrebbero far vanto. Meticoloso e, diciamolo, “monumentale”, tanto
più se ci figuriamo questo studio (in 500 pagine) fondato sulle prime fasi del
cinema pornografico in Italia ““prima del sesso senza frontiere consumato su
Internet, prima del divismo di Cicciolina, Moana Pozzi e Rocco Siffredi, prima
della diffusione di massa delle videocassette hard “ quando “alla fine degli
anni Settanta, in ritardo rispetto ad altri Paesi dell'Europa occidentale, la
rappresentazione esplicita del sesso su celluloide infrange in Italia ogni
residuo argine censorio, travolge nel breve periodo le tenaci resistenze
istituzionali e dilaga incontenibilmente sugli schermi di tutta la penisola,
fornendo un'insperata ancora di salvezza a interi settori dell'industria
cinematografica che nel nostro Paese si trovavano ormai in una situazione di
crisi profonda”. Il libro comincia tuttavia risalendo al passato, ai primi nudi
sugli schermi ufficiali italiani e alla pornografia clandestina coi suoi
misteriosi artigiani e imprenditori, rievocando per esempio la vicenda
giudiziaria di Angelo Ruzzi il quale, con un trucco prevedibile ma ciò
nonostante capace di influenzare le aspiranti divette, “faceva pubblicare due
volte la settimana sul Messaggero un annuncio economico, con offerte di
lavoro per aspiranti dive dei fumetti. In sei mesi centinaia di ragazze, quasi
tutte minorenni, hanno risposto all’invito... Per 'provare la fotogenia' venivano
convinte a farsi fotografare semivestite: a volte svestite del tutto. 'Tutte
hanno cominciato così', diceva il fotografo e le ragazze si persuadevano. La
polizia dei costumi ha denunciato Angelo Ruzzi e i suoi complici per corruzione
di minorenni e produzione di materiale pornografico.”
Proprio in quello stesso volgere di tempo, grazie
anche alla diffusione delle cineprese a passo ridotto, si assistette in Italia
a una proliferazione dei filmini a carattere pornografico, fino ad allora
confinati in un traffico che difficilmente raggiungeva i mezzi di informazione.
Uno dei primi casi che salì all’onore della cronaca fu quello, nel 1958, di due
uomini e una donna fermati all’uscita di un’antica casa patrizia milanese e
portati in questura con l’accusa di aver girato materiale pornografico allo
scopo di farne commercio. Dieci anni dopo un dispaccio dell’Interpol avrebbe
affermato che “in seguito a numerose operazioni eseguite in varie capitali
europee, da parte delle polizie dei rispettivi Paesi – operazioni che hanno
portato al sequestro di copioso materiale pornografico – è stato possibile
stabilire che il materiale suddetto proviene, nella maggior parte dei casi,
dall’Italia, dove i film sono stati girati e stampati”.
Passano altri dieci anni, certo segnati dalla
risonanza internazionale della commedia americana paradossale ed esplicita Gola Profonda ma, comunque, ormai
allegramente riempiti in Italia da nudi integrali e allusive prestazioni,
finché ogni più rigido muro censorio viene travolto, perlomeno nelle sale
specializzate. Il pubblico italiano comincia a familiarizzare coi nomi di
registi quali Joe D’Amato (Aristide Massaccesi) che ha alle spalle una decorosa
carriera nell’ambito dei generi dello spaghetti western, del poliziesco e della
commedia piccante. Sceneggiatore, direttore della fotografia, attore,
produttore e regista, è un uomo di cinema a tutto tondo. Nel 1980 dirigerà un
horror oggi definito “di culto”, Antropophagus, che conobbe vari
intralci da parte della censura per le truci scene cannibalesche.
Quelli
riferiti sono soltanto alcuni momenti di una storia solo apparentemente chiara
anche nella memoria di chi quegli anni li ha vissuti. I due autori la
ricostruiscono dando fondo a una non comune documentazione di vario carattere
ma soprattutto cronachistica e giudiziaria. Un materiale per davvero imponente
che volge la ricostruzione a una lettura che somiglia, per così dire, ai
resoconti delle attività dei “servizi segreti”, con le pagine chiazzate da rari
fotogrammi e locandine anziché da grafici e foto segnaletiche. Limitata è
purtroppo la testimonianza diretta dei protagonisti, ancorché sollecitata dagli
autori. Ciò dipende evidentemente da rigurgiti di austerità tesi a eclissare i
propri trascorsi.
Grattarola
è uno storico del cinema. Con Matteo Norcini, per esempio, ha pubblicato un
libro su Bud Spencer ed ha contribuito coi suoi saggi – ne ricordiamo uno su
Mario Camerini - a vari volumi. Napoli è invece uno storico della filosofia che
si è occupato in special modo di Hobbes manifestando tuttavia in più occasioni
il suo interesse per il cinema. Ha curato fra l’altro, con Giovanni Grazzini,
un’antologia degli scritti cinematografici di Arturo Lanocita.
“Fogli di Via”, marzo-luglio 2015