Domenico Letizia

postmodernismo, libertarismo e potere

 

Qualsiasi forma di libertarismo si prefigge il compito di analizzare e ridurre il potere, il dominio, concepito come un ambito specifico della società. A volte lo si identifica nel sistema economico capitalistico, nelle istituzioni politiche, in quelle sociali e anche in quelle culturali. Giustissimo, ma un’ attenta analisi dovrebbe studiare dettagliatamente che cos’è innanzitutto “il potere”. La critica post-modernista avvalsa anche da studi antropologici e sociologici, che sempre più affascinano l’odierna teoria libertaria,  ha dato al potere una nuova dimensione, dimostrando che esso è presente in ogni relazione sociale, tutti lo esercitano anche se con “valore” diverso. Il potere non si può localizzare nello stato o in istituzioni specifiche ma è la capacità di indirizzare, monopolizzare o imporre comportamenti altrui, potere quindi presente all’interno di ogni tessuto sociale come aveva ben individuato Foucault. Questa nuova identificazione del potere illustra bene anche il fallimento di tutte quelle teorie soprattutto marxiste che miravano alla gestione delle dinamiche di potere. Ciò che una sinistra autenticamente libertaria dovrebbe rincorrere è una struttura movimentista e contemporaneamente un modo di far “politica” diretta e non verticale, creando e attualizzando nel presente pratiche di autogestione non gerarchiche e non autoritarie. Se il potere è capacità di condizionamento l’alternativa è nella diversa gestione dei rapporti interpersonali. Se il potere è concentrazione, una struttura invasiva e omologante, bisogna costruire ambienti e strutture che rispettino l’individuo e l’individualità, cercando di far fiorire spazi rispettosi di ogni autonomia.  Se ognuno di noi possiede in modalità diverse “potere” che esercita attraverso lo scambio, bisogna estendere questo potere il più possibile abbattendo l’odierna concentrazione esponenziale di potere, rendendo possibile successivamente attraverso lo scambio, un “mercato” sostanzialmente egualitario, distribuirlo, rendendo queste relazioni decentrate e con influenza “gerarchica” minima. Ciò significa che bisogna sostenere tutte quelle forme attuali di autonomia e di alternativa alle istituzioni vigenti dalla sfera economica a quella pedagogica o come sosteneva Colin Ward intraprendere azioni per un anarchismo pragmatico.  

Cenerentola”, Giugno 2011