Domenico Letizia

credere nello Stato?

Carlo Lottieri: CREDERE NELLO STATO? Rubettino Editori, 2011 | Marco Cedolin: GRANDI OPERE. Arianna Editrice, 2008

Lo stato enorme carrozza antimoderna di burocrazia, economia, società, sociologia e moralismo? Non solo, lo stato rappresenta soprattutto, e questo è il maggior dei danni, una teologia, una fede, e come tale risulta metafisicamente difficile da scalfire, proprio come ogni dogma che la storia, in verità l’umanità, ci ha consegnato.

Un’istituzione quale lo Stato moderno, che fin dai suoi primi passi si è autorappresentata quale sovrana assoluta, inafferrabile, autonoma, ma di tutti in principio, è innegabile non raccoglierne il legame con la teologia. “Dal momento che pretende obbedienza e rivendica un controllo monopolistico della forza sul territorio, lo Stato intreccia insomma questioni istituzionali e religiose: prima rivendicando una legittimazione di carattere sacrale e utilizzando la religione quale instrumentum regni, poi prospettandosi come alternativa metafisica e fonte autentica di ogni possibile salvezza e, infine, interpretando il venir meno di ogni trascendenza e il trionfo dello strumentalismo”, rivendica con forza Carlo Lottieri.

Come dargli torto? In questo secolo con la schiacciante visione della Grecia si è capito che anche “lo stato” può fallire, questa fede dogmatica risulta ora più debole e compromessa ad un relativismo sociale che non può che potare una ventata di benessere all’individuo. Utile domandarsi e intraprendere un percorso volto a chiedersi se si possa davvero aver fede nello Stato, facendone il senso ultimo della nostra esistenza, e prestar fede a quanto affermano gli ideologi schierati a sua difesa. Ci fa notare lo stato quale fonte di occultamento della realtà, ecco perché allora dubitare della sua solidarietà e soprattutto della sua mano, quella gigantesca, inevitabilmente visibile delle Grandi Opere, frutto per principio dello statalismo ( dato che nessun privato potrebbe accollarsi il costo, la spesa e la burocrazia di tali opere senza l’aiuto statale). Passando dai mega inceneritori al TAV, al Ponte sullo Stretto, devastazione ambientale globalizzata nel nome del progresso e dello statalismo, le grandi opere hanno tutte una caratteristica in comune in qualsiasi parte del mondo vengano attualizzate: quella di generare e far circolare grandi movimentazioni di denaro che creano arricchimento per le élites ed impoverimento e degrado ambientale per molti, questo il quadro che ci dipinge Marco Cedolin sostenitore della decrescita. Di decrescita giustamente si deve parlare, ma soprattutto di “Decrescita dello stato”. Abolendo e declassificando questa teologia, non si smascherano inevitabilmente e automaticamente i suoi sostenitori, seguaci e profeti? Un lavoro inevitabile soprattutto per il bene comune. “Fogli di Via”, Marzo 2012