Una
teoria libertaria parte dal presupposto antiautoritario che l'imposizione e la
coercizione sono danno per l'individuo, da queste considerazioni ogni
"legge" è ritenuta non legittima perché imposta da una maggioranza su
una minoranza, non condivisa e non adatta ad ogni situazione
"localistica" ma programmata, pianificata, centralizzata e
istituzionalizzata. Il libertarismo è contro la legge, ma non contro le regole,
anzi ciò che il movimento anarchico ha insegnato all'umanità è proprio la
condivisione e la partecipazione alla creazione e alla sperimentazione di
regole, capacità di autorganizzazione e regole di convivenza comune, una sorta
di diritto etico, non monopolizzato e in continuo cambiamento in rapporto alle
situazioni e alle condizioni. Per i libertari legge e diritto non sono e non
rappresentano la stessa cosa. Il diritto risulta essere il frutto
dell'esperienza di vita, il risultato di un percorso razionale di conoscenza e
sperimentazione. La tradizione anarchica ha ben illustralo ciò che rappresenta
diritto e ciò che rappresenta imposizione. Proudhon ha tenuto distinte le
nozioni di legge e di diritto dove la prima è manifestazione dell'esercizio della
forza monopolizzata dallo stato, mentre il secondo comprende tutte le forme di
regolazione, di mediazione e di amministrazione dei rapporti, degli interessi e
dei conflitti che occupano le vicende umane, una concezione libertaria del
diritto che definisco basata su rapporti antigerarchici e consensualisti. Una
teoria del diritto libertaria che superi l'eterna contraddizione tra
utilitarismo e giusnaturalismo e dia approccio ad una condizione giuridica di
consenso e di accettazione, di "tolleranza giuridica". L'esperto di
diritto Fabio Massimo Nicosia ha cercato di strutturare tal teoria su
concezioni consensualiste e di "mercato" ( inteso come frutto
dell'accordo e del libero scambio). Secondo quest'ottica consensualista il
"mercato", infatti, è un meccanismo regolatore ed autoregolato delle
azioni umane che funziona anzitutto come ordine politico e giuridico. Le stesse
norme di comportamento o le lingue in uso presso i vari gruppi umani sono il
prodotto di questo meccanismo acefalo ed autopoietico. Tutto secondo tal
concezione teorica risulta essere il frutto del confronto; tutto viene, cioè,
da attive e dinamiche transazioni che si possono definire, in senso lato,
"di mercato"; pertanto, la stessa proprietà nasce dal mercato, non
dal diritto naturale, ma quale utile, temporanea convenzione. Ma, se una
convenzione è tale, non ha nulla di sacro e di definito, "perenne" e,
in mutate condizioni, il "mercato" ( inteso come sintema dinamico di
confronto, indipendentemente dal fatto che si tratti di merci, di idee o usi,
costumi, linguaggi, ecc. ) può rivedere le proprie "decisioni" che
sono sempre frutto del consenso, dell'accordo e del confronto. Tali riflessioni
senza cadere in speculazioni troppo filosofiche e teoriche risultano
interessanti proprio a confermare di come la legge sia frutto di un imposizione
coercitiva e di come stesso le Costituzioni possono essere create, cambiate e
discusse su base volontaristiche e di confronto. L'anarco-individualista
americano Lysander Spooner descriveva di una costituzione senza autorità,
Spooner muoveva la critica alla Costituzione Americana da un presupposto
"realistico": secondo lui un contratto, per essere valido, deve
essere stipulato da persone fisiche in rapporto tra loro, messo per iscritto,
firmato dalle parti. Senza questa procedura un contratto non ha alcuna autorità
e non produce alcun obbligo, insomma non è frutto del confronto e della
tolleranza. Interessante, insomma, sarebbe avviare un dibattito tra libertari
sul diritto e sulla sua applicazione libertaria. “A Rivista Anarchica”, Marzo 2011