Carlo Luigi Lagomarsino

risposta a Wolf Bruno

Ci vuole un bel po’ di fantasia – e Wolf Bruno dimostra di averne fin troppa – per trovare “stimoli” nell’articolo di Ocone. Se poi questi stimoli sono solo pretesti, come sembra, Wolf Bruno ne poteva francamente trovare di migliori e congrui. Si tratta per la verità di argomenti frusti che Ocone non ha avuto nemmeno la capacità di rendere anche solo vagamente attraenti - caratteristica che viceversa Wolf Bruno possiederebbe se non amasse dissolverla nell’assurdo. Quella dei libertari di scuola rothbardiana è autoreferenzialità, impermeabilità alle critiche, disposizione a dare risposte preconfezionate: e allora? Dovrebbero essere sofisti e vaghi, incerti nell’autorappresentazione, oltremodo prudenti e niente affatto chiari negli obbiettivi? Gli si rimprovera dunque di dire quel che pensano?

Sembra proprio di sì.

Wolf Bruno, “stimolato”, come dice, dal parallelo col “materialismo storico dei marxisti” che fa Ocone, si addentra in una lettura di Marx che, plausibile o meno, gli lascio tutta (benché ne avrei da fare di domande!). Una cosa è sicura: a differenza di Marx come lo vede lui, i libertari anarco-capitalisti non hanno mai fatto mistero di cosa vogliono. Se ciò avviene, come lamenta,  in una scarsità di varianti, più che ironia essi meritano ammirazione (per la chiarezza)  e sostegno (per la tenacia che li porta a non aver imbarazzi e remore nel ripetersi).

Ma non pretenda Wolf Bruno di dire cose originali.

E’ risaputo che Benedetto Croce ha sostenuto una distinzione che è stata fonte di malintesi ed ha contribuito a generare certe resistenze nella filosofia politica italiana: è la distinzione fra liberalismo e liberismo per cui quest’ultimo “da legittimo principio economico si è convertito in illegittima teoria etica” (B. Croce, Etica e politica, Laterza, Bari 1967, pgg. 264). Si finisce sempre col cadere lì, separando la realtà dalla morale, fino al relativismo e allo scetticismo. Fa poca differenza se Wolf Bruno, contrariamente a Croce, si atteggi a “immoralista” e non abbia a predicare predomini etico-politici. Dal canto suo Rothbard giudicava immorali proprio tali predomini – lo stato è immorale – ed era tutt’altro, come Wolf Bruno sa benissimo, da un bacchettone, tanto che, tralasciando il molto esplicito resto, a dispetto del presunto calvinistico  “spirito del capitalismo”, non esitava a indirizzare certe simpatie verso il cattolicesimo tomistico, che perlomeno considerava il piacere nel consumo “un obbiettivo lecito”, senza esigere dalla società alcuna “comunità di santi”. E’ dalla condanna morale dello stato che si può cominciare a liberarsi dalle sue interferenze.  Etica del mercato e condanna morale dello stato non possono che fare tutt’uno e, a scanso di equivoci, il principio di “non aggressione” non esclude l’eventualità di reagire anche duramente agli attacchi, ma afferma una volta di più il carattere morale della proprietà per cui ogni atto invasivo è invasivo dell’individuo proprietario.

Nel testo di Wolf Bruno va tuttavia apprezzata la franchezza? Sarà, ma vi si nota appena un breve inciso che allude ad altre correnti - chissà, forse un po’ nicciane e immoraliste come piace a lui – nel mare “anarco-capitalista”. Un principio di discussione vuol dire che poi c’è (io stesso vi ho accennato su queste pagine) ed è lo stesso Rothbard a insistere sull’importanza “storica” di queste correnti. Ma si dovrebbe rinunciare a dire come la si pensa in nome di una comune “appartenenza” libertaria? In una posizione migliore e “conclusiva”, Wolf Bruno mette poi una sua considerazione sui libertari italiani, accusati di poca solerzia analitica nel presente. E’ viceversa chiaro che, in condizioni sfavorevoli, i libertari italiani* hanno dispiegato un’iniziativa – minoritaria fin che si vuole – cui perfino chi la pensa alla Wolf Bruno vi si aggrappa per esternare le sue ciance estetizzanti e nichiliste.

 

*Non sarà inutile ricordare che in verità non esiste nulla di concretamente associativo che possa far parlare di un raggruppamento riconducibile a questa dizione. Esistono, questo sì, dei libertari in Italia.