Carlo Romano

Gh’ëa ‘na votta

Leonardo Lippolis: LA CITTÀ LIVIDA. Una controstoria psicogeografica di Genova. De Ferrari, 2023

“Sono stato obbligato a essere testimone impotente di una caduta dell’umanità in uno stato di barbarie dimenticato con il suo dogma antiumanista elevato a programma”. Lo scriveva Stefan Zweig ne Il Mondo di Ieri. Senza gli Asburgo alle spalle ma con una solida tradizione repubblicana, l’asserzione mi sembra vada accolta tale e quale dai genovesi. E non necessariamente si deve esser stati testimoni diretti delle disgraziate trasformazioni che hanno avvilito il buon gusto, la dolcezza dell’ambiente e in larga misura quella della vita, ciò che avvilisce sta scritto come un monito su tutto quel che è andato a sostituire le vecchie pietre di una comunità gelosa quanto inerme di fronte a coloro che riducevano l’umana comunità al formicaio. Questo era l’orizzonte di fascisti dichiarati, e petainisti, come Corbusier ma anche la purezza razionalista di un Mies van der Rohe, che firmò nel 1934 un appello degli intellettuali a sostegno di Hitler, ne era contagiata. Che dire poi di quell’altro educatore del Bauhaus, Fritz Ertl, che progettò baracche ad Auschwitz?  E di Walter Gropius che aderì alla camera della cultura (Reichskulturkammer) di Joseph Gioebbels? Che poi questa gente (“sti geni”) aspirasse a servire Stalin col medesimo entusiasmo non è che li assolva, casomai ne trascolora l’indole. Le loro concezioni non scansarono Genova e con metodica prepotenza ne compromisero per sempre ampie porzioni.

Genova ha una conformazione originale senza essere Venezia, ha ricchi depositi culturali senza essere Firenze e una sua monumentalità senza essere Roma, se tuttavia ha da condividere qualcosa lo condivide piuttosto con Napoli, Ancona, Palermo, Marsiglia o Barcellona. Le sue peculiarità hanno subito aggressioni contro le quali poco o niente poterono sentimenti ribellistici sopiti dietro una flemmatica facciata che ha finito col prevalere adulterandosi nell’acquiescenza attuale. Dell’ultrasecolare processo di snaturamento se ne è fatto testimone Leonardo Lippolis che pure per età (è nato nel 1974) non ha potuto assistere direttamente alle peggiori violenze subite dalla città ma con impegno screziato da malinconia ha saputo ricostruire in un libro sorprendente e necessario. Un libro che mancava per almeno due aspetti. Per un verso la progressione politica e sociale, con gli atti pubblici relativi, di una devastazione. Per l’altro, la cui giustapposizione non va a graffiare il complessivo svolgimento, l’originalità di una tendenza radicale di teoria critica che crebbe in città non senza tocchi di problematico buonumore come nella creazione del geniale comitato per la difesa del “carattere criminale” del centro storico.

Per “fogli di Via”