Carlo Stagnaro

la resistenza passiva del fumatore di Los Angeles


Quando un giornalista gli ha chiesto quale sarà la politica della Casa Bianca nei confronti dei fumatori, George W. Bush ha risposto: "They're welcome". La progressista California non deve aver apprezzato questa dichiarazione. No, no, no. Come diceva Adolph Hitler, il fumo va debellato, massacrato, sconfitto. Perché piega le ginocchia al popolo eletto. Una volta il fuehrer, avendo visto un cartello che negava l'accesso ai fumatori, sentenziò: "Di fronte al mio ufficio non c'è alcun avviso, ma i fumatori non sono ammessi ugualmente". Amen. Get back, però. Che c'azzecca la California con Hitler? Il nesso c'è ed è elementare, Watson. Nello stato famoso per i bikini e le tette rifatte, il fumo è sempre più considerato un reato - e sempre meno un piacere. Due anni fa esso è stato proibito in tutti i "locali pubblici". Cosa siano non si sa, ma fumarci dentro è vietato. Chissenefrega, se "pubblici" significasse davvero "pubblici", cioè "di tutti". Come gli uffici comunali o le stanzette dei ministeri. Invece, nel gergo politicamente corretto e normalizzato, "luogo pubblico" significa "luogo in cui entra molta gente". Così, bar e ristoranti sono diventati pubblici. Alla faccia di quel meschinetto del loro proprietario che li riteneva cosa sua.

Sfondata una volta la barriera della proprietà privata, essa è stata infranta per sempre. Quando infatti si crea un precedente, quando un diritto diventa un privilegio, allora il passo successivo è breve e comodo. E puntualmente i liberal di West Hollywood (un sobborgo di Los Angeles) hanno mosso la gamba. Nello scorso novembre il consiglio comunale ha autorizzato i cittadini non-fumatori a sporgere denuncia se dalle finestre o dalla porta entra in casa loro il fumo di un vicino. Se qualcuno non accetterà il giudizio, sarà soggetto a multe o addirittura allo sfratto. A Friendship Heights, nel Maryland, chiunque sarà sorpreso a fumare in un luogo pubblico dovrà pagare 100 dollari di multa. E questa volta le parole "luogo pubblico" vanno intese nel senso più lato possibile: comprendendo anche strade e giardini.

Sono due sintomi, in verità fra i più gravi, della stessa malattia. L'isterismo salutista che è ormai ben oltre i livelli di guardia nel mondo anglosassone, e sta giungendo anche in casa nostra. La tesi che giustifica tali provvedimenti è, in breve, che il fumo fa male, e passi, che il fumo passivo fa ancora più male, e che quindi lo stato si debba prendere cura del nostro bene. Ora, che il fumo faccia male è pacifico. Fanno male anche l'alcol e le caramelle. Per non dire delle ragazze - ah, loro sì che quando vogliono sanno far male. Ma questa non è una buona ragione per vietare l'alcol, le caramelle o le pollastre. Tanto meno questo consente di impedire alla gente di farsi del male in casa propria. E poi affrontare il problema in questa ottica significa argomentare in maniera tipicamente socialista: partendo da una errata nozione di "valore". Un liberale autentico non si sentirà mai in grado, men che meno in diritto, di affermare che il "piacere" procurato da una sigaretta "vale meno" del male che essa procura. E' possibile solo esprimere valutazioni soggettive: che non necessariamente saranno condivise dagli altri.

Quello sul fumo passivo, poi, è un discorso ben più complesso. Vi sono molti valenti scienziati, infatti, che sostengono che esso non sia così nocivo. Stare di fianco a un fumatore, insomma, non uccide nessuno. Sono più pericolosi gli esattori delle tasse. Ma ammettiamo pure, e tagliamo così la testa al toro, che il fumo possa semplicemente dare fastidio a una persona. Il buonsenso suggerisce che quest'ultima si rivolga al fumatore chiedendogli, per piacere, di spegnere la sigaretta. Nel 90 per cento dei casi, egli acconsentirà. Magari mugugnando, ma è sicuro che la cicca terminerà la propria breve vita nel portacenere. Quello che non è accettabile, specie per un liberale, è che lo stato intervenga a "difesa" dei non fumatori che, oltretutto, non implorano tutela da nessuno, essendo anch'essi adulti responsabili, capaci di badare a se stessi. Anche perché quando il governo si muove, ha la stessa grazia leggiadra di un elefante in mezzo ai vasi di porcellana. E usa il solo mezzo di cui dispone: la minaccia della violenza (prima) e la violenza (poi).

La battaglia contro il fumo, allora, può essere condotta su molti campi contemporaneamente. Ma uno di essi è quello cruciale: il diritto degli individui di disporre liberamente di se stessi e dei propri beni. Anche facendosi male. In California e in altre zone dell'America fumare sta diventando impossibile. Oddio, loro non vietano le sigarette: tu puoi fumare, se ti garba, ma puoi farlo in nessun luogo. Mai come ora è stato vero che la libertà significa accendersi una cicca. "Non ci arrenderemo mai", ha affermato il proprietario di un locale di Los Angeles in cui il cartello "vietato fumare" (obbligatorio per legge) è appeso alla rovescia. "Non impedirò ai miei clienti di fumare, se vogliono farlo - ha proseguito - e nessun governo sarà in grado di farmi cambiare idea".

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