Massimo Bacigalupo

Angela Kirsten Bacigalupo, una danzatrice tedesca in Liguria

Angela Kirsten, mia moglie, scomparsa il 6 agosto 2018 a Rapallo, era nata a Francoforte. La madre, incinta di lei nel 1948, aveva attraversato la frontiera fra zona russa e americana della Germania occupata, tenendo per mano due figlie di sette e cinque anni, per raggiungere il marito. Aveva dato una bottiglia ai soldati russi perché la lasciassero passare. Fu solo perché nacque la bambina che le fu consentito di rimanere a Ovest.

    Angela fu avviata presto alla danza perché così dispose una madrina che aveva molta autorità in famiglia, e dunque visse presso famiglie amiche e poi da sola facendo una buona carriera. Studi a Londra al Royal Ballet, impiego nel Balletto di Stoccarda col coreografo John Cranko, danzando nei classici del repertorio anche contemporaneo. La conobbi a New York, in un’America che molto amava per le sue prospettive e la sua gente aperta. Frequentava gli studi di Martha Graham e Merce Cunningham, volendo percorrere nuove vie rispetto all’ultimo impiego alla Deutsche Oper di Berlino. La filmai che danzava per me su un tetto di New York una coreografia bachiana di Balanchine.*

    Il nostro incontro la portò in Liguria, dove sbarcò nell’autunno 1973 al Ponte dei Mille dalla “Raffaello” alla sua ultima traversata. Ci saremmo sposati tre anni dopo, vivendo in una casetta di collina a S. Lorenzo della Costa, godendoci la vista del Tino, il mare sempre diverso. Ma Angela non amava la Riviera chiassosa dei vacanzieri, non amava l’apparire. Si andava coi bambini in qualche spiaggetta, anche d’inverno, quando da giovani ancora non si esitava a nuotare a dicembre. E i ragazzi crescevano con il tedesco materno ripreso d’estate quando visitavano i nonni, e l’italiano dei nonni e parenti italiani, degli amici che condividevano i gusti dei genitori. Io ero non di rado assente per insegnare prima in Sicilia, poi a Udine, ma con l’aiuto dei suoceri Angela non aveva difficoltà a gestire i due ragazzini.

    Prese la patente e cominciò a insegnare danza nelle scuole di Genova. Non le piaceva il rituale delle bambine in tutù, ma insegnava danza moderna alle adolescenti. Prese anche nel 1998 un diploma di Maître de ballet alla Scala (un ruolo paragonabile al maestro del coro, raro in Italia dove i teatri hanno di rado un corpo di ballo stabile).** A Genova c’erano i Balletti di Nervi, soprattutto le proposte innovative del Teatro della Tosse (Lindsay Kemp, Peter Brook) e dell’Archivolto. Ma il balletto, una forma d’arte assai diffusa e discussa in altri Paesi, resta in Italia un’arte di nicchia, a parte i soliti noti, su cui Angela non di rado aveva delle riserve. Nel 1992 fu assistente coreografa di Larrio Ekson in una produzione originale creata a Genova, al Teatro Verdi, What’s Happening in the World Today, in cui ricopriva anche il ruolo di tenera barbona.

   Finita la stagione dell’insegnamento (anche di tedesco, all’Accademia Culturale di Rapallo), venne quella del giardino, delle passeggiate, delle nipotine, poi della malattia che la accompagnò per sette anni. Ma che non interruppe la sua acuta presa sulla vita, il tranquillo godimento del mondo. E la passione civile. Rispettava molto la sua omonima Angela Merkel (la g è pronunciata come in “ghetto” in entrambe – solo cinque anni le separavano) per il suo senso di solidarietà, e si inquietava se le si parlava di altri politici di tendenze opposte. Ma alla fine non voleva più sentire le tristi notizie su questi argomenti. Aveva imparato l’italiano senza difficoltà anche se non lo leggeva volentieri. Ma in italiano le si erano rivelati il Diario 1941-1943 di Etty Hillesum e Neiye. Il Tao dell’armonia interiore, una delle sue ultime letture. Le arti, il palcoscenico, rimanevano al centro dei suoi giudizi, sempre severi, mai maligni. Soprattutto non accettava le reputazioni assodate. Amava Barenboim e Said (che aveva conosciuto). Da giovane si era pressoché innamorata di Dietrich Fischer-Dieskau, con cui aveva avuto uno scambio di biglietti, prima di incontrare il suo combattuto amore ligure.

Un matrimonio ultraquarantennale, sempre imprevedibile, non routinario, anche esigente. Con Angela si doveva sempre tenere gli occhi e i sensi ben aperti. I suoi sarcasmi se uno si permetteva una battuta troppo facile… Era una lezione starle accanto, per i suoi gusti così decisi, e azzeccati. Il Giappone era la sua grande passione. Andammo ancora a vedere insieme una mostra di Hokusai e Hiroshige, e mi fece notare quanto fosse superiore il primo. La pittura: Beato Angelico, Rembrandt, ma la sua predilezione era per Mark Rothko. Pura meditazione. Non conosco tanti che sappiano amare senza snobismo il vuoto-pieno di Rothko.

E poi appunto la musica. A Genova il meglio rimaneva per lei le stagioni della GOG, anche se un tantino tradizionali. Ascoltava volentieri Radio3, i concerti, ma anche le lezioni di musica e la trasmissione di Gabriella Caramore, per cui aveva una stima particolare. La sua opera favorita era Le nozze di Figaro. Poi c’erano le sonate di Schubert, che la commuovevano profondamente. Mi pare di sentirla: “Che musica divina!”.

Negli ultimi anni scoprimmo la lettura ad alta voce, magari di un libro che mi incuriosiva e divertiva, e su cui la trovavo d’accordo. Se si legge ad alta voce si capisce molto meglio il senso e la qualità di un testo. Erano libri inglesi e americani. In ultimo Cape Cod di Thoreau, il dolce Paese dei pini aguzzi della Orne Jewett, il diario d’Inghilterra di Hawthorne, e una scoperta: Wild Wales di George Borrow (un viaggio a piedi in Galles del 1854). Quanto abbiamo sorriso (per non piangere) di Il vento nei salici di Kenneth Grahame. L’altro giorno, deponendo le sue ceneri nella cappella della famiglia che l’ha accolta con stupore e amore, abbiamo letto l’inizio di questo classico nella traduzione di Beppe Fenoglio. La talpa che nella sua casetta sotterra sente la primavera e abbandona le pulizie e gratta e gratta fino a uscire nel sole…

Del cinema, arte da lei poco considerata, amava (oltre a Mastroianni, la Huppert e la Swinton) il grande Totò. Una delle ultime risate ce la siamo fatta quando le ho riferito che alla radio si discuteva dei pregi rispettivi di Parigi e Roma, e qualcuno aveva mandato un messaggio: “Parigi più bella di Roma? Ma mi faccia il piacere!”.

Genova, 21 agosto 2018

“Xenia. Trimestrale di letteratura e cultura”, 2 (2019)

*https://www.youtube.com/watch?v=ncW2lZ7Y-x0&t=85s

**https://www.youtube.com/watch?v=gtrt5tRbZqs&t=681s

Un Canto in memoriam Angela Kirsten Bacigalupo, opera di Andrea Basevi Gambarana, è stato eseguito da Marcello Fera (violino) e Francesco Dillon (violoncello) -- insieme a Ständchen für Tini di Bruno Maderna -- come bis di un concerto tenuto a Palazzo Reale, Genova,  il 1 dicembre 2018, a cura dell'Associazione Pasquale Anfossi.  Vedi
https://www.dropbox.com/s/txsttxfsfugrc5s/IMG_6997.mov?dl=0