Carlo Luigi
Lagomarsino
Antropologia Jeffersoniana
Thomas Jefferson: NOTE SULLO STATO DELLA
VIRGINIA. A cura Di Pierangelo Castagneto. Città del Silenzio, 2014
Nel
1802 il giornalista James T. Callenger rivelò che una delle schiave di Jefferson,
Sally Hemings, fu anche la sua amante. Vera o falsa che fosse la notizia, essa
venne usata per denunciare il carattere ambiguo della predicazione
jeffersoniana. Che Jefferson, come Washington del resto, fosse un proprietario
di schiavi non era un mistero per nessuno ma sulla base di fatti, sentito dire
e dichiarazioni (poche per la verità) storici e militanti per lo più radicali
ne difesero la reputazione come un sostanziale nemico dell'odiosa istituzione.
Le diverse visioni hanno accompagnato da sempre la figura del "saggio di
Monticello", prevalendo ora l'una ora l'altra. Alla fine degli anni
Novanta del secolo scorso l'analisi del dna sui discendenti delle due famiglie,
quella di Jefferson e quella (ora Hennings) della sua schiava, confermò definitivamente
gli antichi sospetti senza tuttavia risolvere l'annosa questione, lasciandola
ancora una volta aperta. La tutela predicata da Jefferson dei diritti degli
stati e delle libertà locali - assimilata a un anacronistico ruralismo
meridionale incompatibile con lo sviluppo industriale - ne fece per qualcuno
anche il precursore della ribellione sudista e della guerra civile (ma un
politico e intellettuale di poco successivo a Jefferson e sotto questo aspetto
interamente jeffersoniano come John C. Calhoun, associato allo schiavismo, ebbe
una visione complessiva e culturalmente fondata della "lotta di
classe" come non si ebbe al nord).
L'unico
libro pubblicato in vita dal terzo Presidente degli Stati Uniti - le Note
sulla Virginia che vengono adesso presentate per la prima volta
integralmente in italiano a cura del buon amico Pierangelo Castagneto, docente
di storia americana - non è in verità tranquillizzante - come poteva esserlo la
di poco precedente Dichiarazione di indipendenza - circa l'antropologia
jeffersoniana, per quanto la si voglia leggere fondata su un empirismo teso a
cambiare progressivamente lo stato delle cose (per ironia, va notato che Locke,
il più vicino alla sensibilità americana fra i fondatori filosofici
dell'empirismo, aveva interessi specificamente economici nella tratta degli
schiavi).
Il
libro fu scritto quando la guerra di indipendenza era ancora in corso per
soddisfare le richieste del segretario della legazione francese. Jefferson ne
fece un'opera ricca di dettagli su flora fauna, risorse e geografia della
Virginia che andavano bel al di là di un semplice trattato descrittivo,
esponendovi i propri punti di vista fino ad arieggiare il carattere che
avrebbero dovuto avere le istituzioni della nuova Repubblica. Pierangelo
Castagneto, nell'introduzione a questa edizione italiana, è abile e tutt'altro
che avaro nell'infilarsi nel carico dei problemi sollevati nella fitta
storiografia antica e moderna.
Ma
se si deve parlare di ambiguità, quelle sparse fra dichiarazione di
indipendenza, guerra e Repubblica, non sono meno - al contrario sono di più -
degli equivoci legati a Jefferson. Di contro alla giacobina e crudele
rivoluzione francese, quella americana continua a esser decifrata in
un'atmosfera di purezza, di autentica sollevazione popolare e adesione alla
guerra. In realtà non fu meno verticistica (anche nel famoso episodio del té
nel porto di Boston, avvenuto per mano di pochi facinorosi) di tutte le
rivoluzioni successive e non fu meno crudele nei confronti di una massa
imponente - in possesso fra l'altro delle testate di varie gazzette - che
continuava a rimanere fedele alla corona inglese. Si capisce che possa sapere
di complottismo, ma diverse delle celebri battaglie vinte dai patrioti
americani, con gli inglesi sulla carta invincibili, sono state rilette da
certuni come avvenute sulla base della comune appartenenza massonica dei capi
delle forze che si affrontavano (per inciso: quasi tutti i capi rivoluzionari
americani erano massoni, ma non si hanno notizie dell'affiliazione di Jefferson).
Che poi una Repubblica orgogliosamente fondata sulla ribellione alle tasse ne
mettesse quasi subito una sulle sostanze alcoliche, suscitando addirittura
reazioni contrarie a carattere guerrigliero, la dice lunga a proposito di
ambiguità.
“Fogli di Via”, novembre
2014