Wolf Bruno
Alexandre Marius Jacob
Jean-Marc Delpech: RUBARE PER L’ANARCHIA. Alexandre Marius
Jacob, ovvero la singolare lotta di classe di un sovversivo della belle époque.
Elèuthera, 2012
Anni fa, nel
cimitero di Reully, Indre,
un’associazione di volenterosi locali aveva fatto apporre al cimitero
l’indicazione che vi giacevano le spoglie di Arséne Lupin. Attualmente la targa
è stata aggiornata col nome del vero occupante del sepolcro, Marius Alexandre Jacob, e il riferimento a Lupin è
diventato cautelativamente probabilistico. Con squisito senso di imparzialità
una panetteria del borgo offriva invece due dolci specialità, la torta Jacob e
la torta Lupin.
La sovrapposizione
fra l’eroe letterario di Maurice Leblanc e il ladro
anarchico dei “travailleurs de la nuit”
ha preso d’altra parte le mani a molti in Francia, dai giornali alle riviste
popolari di storia, perfino nei giornaletti per ragazzi e in qualche romanzo
poliziesco. La biografia di Delpeche ha messo ordine
in questo clima di leggenda, dopo che era stato alimentato dalle precedenti
biografie di tono schiettamente romanzesco, vale a dire quella di Bernard
Thomas (che aveva romanzato anche Bonnot) e quella di
William Caruchet. Diverso, almeno in parte, il
discorso sulla più antica delle biografie, quella di Alain Sergent
che risale al 1950, con Jacob, ormai da anni dedito al commercio
ambulante, ancora vivo e insostituibile fonte
orale.
Del resto il
creatore di Lupin, benché è ovvio ne conoscesse le imprese, non aveva assistito
al processo di Jacob (1905) e le coincidenze fra le imprese dell’ex mozzo
passato all’illegalismo espropriatore illuminato dall’anarchismo e il ladro
gentiluomo sono da consegnare alla spettacolarità dei furti rispettivamente
compiuti. Quella del ladro gentiluomo non era per altro una novità, essendo già
da anni vigente in letteratura la personalità del Raffles
di Hornung - come da anni si conoscevano d’altronde,
sempre tramite la narrativa romanzesca, le pagine de Il Ladro dovute alla penna dell’anarchizzante
Georges Hippolyte Adrien,
meglio noto come Darien, riscoperto poi negli anni
’50 da un giovane Jean Jacques Pauvert.
La biografia di Delpeche, che nel 2006 aveva sostenuto la tesi di dottorato
all’Università di Nancy su Jacob (pubblicata due anni dopo da un’associazione
libertaria di Lione) è dunque la prima che tenti di raccontare i fatti senza
mitologie e senza perdere di vista, insieme all’azione, scampoli di pensiero. Nello
stesso 2012 di questo libro, ne usciva un altro, dovuto al giornalista Jacques Colombat, che non si discostava, a detta di Delpeche, dalle biografie più vecchie.
È opportuno infine
segnalare che le edizioni Bepress di Lecce hanno
tradotto, a cura di Andrea Ferreri, due raccolte di Marius
Jacob: Abbasso le prigioni, tutte le
prigioni (nel 2009) e I lavoratori
della notte (nel 2010). Non guasta aggiungere a quella di questi due
volumi, la segnalazione del più recente (2012) Friedrich Nietzsche e la tradizione anarchica dello storico dell’anarchismo britannico John
Moore, morto prematuramente a 45 anni (tant’è che l’opera, Non sono un uomo, sono dinamite!, è stata risistemata e pubblicata
da Spencer Sunshine).
“Fogli di Via”, marzo-luglio 2013