Jean
Montalbano
Pannonica. Una falena tra le blue notes
Dal momento che le gesta per cui la
Baronessa Nica di Koenigswarter, già K. A. Pannonica Rothschild (1913-1988)
divenne nota nel secondo dopoguerra erano disperse perlopiù nell'aneddotica
oralmente trasmessa dai jazzisti da lei generosamente protetti, primo fra tutti
Thelonius Monk (per cui si veda la biografia di Robin Kelley, Storia di un
genio americano recentemente tradotta da Minimum Fax) la pronipote Hannah
Rothschild, forte di una prossimità parentale alla storia, decise pochi anni fa
di fare il punto sulle dicerie con il documentario televisivo The Jazz
Baroness: figlio di quello sforzo arriva adesso il suo The Baroness: The
Search for Nica the Rebellious Rothschild (Virago, Londra 2012) a pochi mesi di distanza da un altro libro di
David Kastin, Nica's Dream, il cui sguardo è rimasto, per forza di cose,
esterno alle vicende di una famiglia tuttora comprensibilmente protettrice
verso la memoria dell'eccentrica rampolla. Non per questo il compito
dell'autrice è stato agevole, permanendo come una volontà, nei consanguinei e
diretti discendenti, di non sollevare polvere da un cumulo di aneddoti ancora
scottanti, lasciando che i “si dice” e i “mi ricordo” di testimoni, spesso
inaffidabili, non presenti o, se presenti, impasticcati, si screditassero o
smentissero a vicenda.
Quando il padre, più volentieri
ascoltatore di jazz ed appassionato entomologo che uomo d'affari, le donò un
nome, Pannonica, come il lepidottero notturno da lui studiato, la destinò forse
a quella particolare vita per cui sarebbe stata ricordata, una volta separatasi
da un marito, Jules de Koenigswarter, con cui pure aveva condiviso l'avventura
resistenziale da gollista.
Mentre il be-bop in ogni sua
declinazione si andava affermando, come rispondendo alla sua chiamata (galeotto
fu 'Round Midnight) nel 1952 Nica lasciò il marito diventato
ambasciatore (e che al jazz “preferiva le marce militari”), disertò senza
rimpianti i ricevimenti mondani e, stabilitasi a New York, prese a frequentare
i jazzisti diventandone confidente e sostenitrice fino a condividerne il tetto.
Nottetempo, la sua Bentley faceva la spola tra i clubs più noti, fossero Birdland, Five Spot o Village Vanguard. Fu come se la nobiltà, fino
ad allora sbirciata dalla porta di servizio ed inalberata dai neri come
pennacchio distintivo di eccellenze e competenze strumentali (King, Count o
Duke che fossero) scendesse in strada e nei sottoscala mischiandosi e
compromettendosi con i vari Charlie
Parker, Miles Davis, Bud Powell, Sonny Clark, Charlie Mingus, Art Blakey o
Thelonious Monk. Si fosse fermata qui, la nobildonna avrebbe potuto essere
scambiata per una groupie ante-litteram per quanto aristocratica, ma quando
Pannonica non li seguiva o difendeva (di alcuni divenne manager e per Monk, si
sa, andò in galera) nelle avventurose tournée
in un' America ancora segregazionista, accoglieva i musicisti prima
negli alberghi e poi nella villa vagamente bauhaus che fu di Joseph von
Sternberg (il quale, fiero del proprio gusto, ricordava come l'altra sua dimora
sulla costa ovest fosse passata ad una donna altrettanto indipendente:
Ayn Rand). Lì si trovava il porto sicuro di chi, momentaneamente senza alloggio
o con lo strumento impegnato, sognava, come Dizzie Gillespie, un mondo senza
passaporti. Questo sogno o desiderio del grande trombettista fu una tra le
tante risposte all'inchiesta svolta dalla baronessa tra i jazzisti e destinate
ad accompagnare le centinaia di polaroids raccolte nel libro "Three
Wishes. An Intimate Look at Jazz Greats". All'altezza di tanta
considerazione e generosità Monk e soci cercarono di portarsi dedicandole
almeno una ventina di “temi” più o meno fortunati, primi fra tutti Coming on
the Hudson e Pannonica del pianista a lei più caro.
Se i musicisti erano ospitati ai piani superiori,
nel giardino invece stazionavano altri randagi: i gatti raccolti durante le
spedizioni notturne. Alla fine se ne
contarono un centinaio, inverando in ogni senso la denominazione di “cathouse”
dato al promiscuo rifugio dalla proprietaria dopo quello, neworleansiano, di
“catsville”.
Morta, le sue ceneri sarebbero state disperse nelle
acque del fiume Hudson, “round midnight”, intorno a mezzanotte, naturalmente.
“Fogli di Via”, marzo-luglio 2013