Charles de Jacques
cominciamo
con Isou…
Il 28 luglio se ne è andato Isidore Isou. C’è da chiedersi cosa ne sarà
del Lettrismo ora che il suo fondatore è morto. Quel che ne faranno i vari
Sabatier, Satiè o Broutin – più il
consistente insieme di giovani e meno giovani , persino giovanissimi, che
ancora vi militano – resta da vedere, per quanto si possa ipotizzare che un
organismo senza alcun dubbio robusto quale Isou l’ha lasciato, difficilmente si
dissolverà in fretta, pur nella previsione di qualche scontro fra gli assi
ereditari. Il Lettrismo ha una storia lunga, sostanzialmente la più lunga fra
quella delle avanguardie artistico-letterarie e, malgrado quando lo si conosca
superficialmente (che è già qualcosa) si tenda a identificarlo col defunto, la
sua vicenda è tutta un rigoglio di gruppi e persone in un avvicendarsi
stupefacente di iniziative, benché per lo più celate e inesorabilmente
marginali rispetto a ciò che le cronache culturali per il solito propinano. La
morte del suo capo non poteva in ogni caso lasciarle indifferenti. Jean-Luc
Douin su “Le monde”, definendo l’Isou
dei tempi migliori come un “ragazzo superdotato”, l’ha onorevolmente commemorato,
al pari dell’etere di “France 3”.
Altrettanto si può dire di come la notizia, quando lo è stata, è stata riportata
in Italia – paese dove il Lettrismo è seguito e studiato - e per rigore vanno
segnalati innanzitutto gli interventi di Mirella Bandini su “La stampa” e di Sandro Ricaldone su “Il secolo XIX”, meno quello di Roberto
Silvestri su “Il manifesto”, inutilmente
enfatico nella caratteristica (e fastidiosa) ridondanza dello scrittura. Gli
onori a Isou sono stati resi anche da “La
republique des lettres”, con tuttavia uno spunto di icasticità che l’ha
portata ad assimilarlo agli ambienti dei “fous littéraires”. In effetti la tentazione
di riassumere metaforicamente il Lettrismo attraverso la celebre frase che
George Bernard Shaw riservava ai boy scouts è grande ma è anche ingiusta e,
alla fine, si deve concordare con quanto ha scritto Ricaldone nel suo articolo:
“al di là della qualità artistica degli interventi di Isou nelle diverse
discipline (nel teatro e nella performance, come nella fotografia e soprattutto
nel cinema, con il celebre ”Traité de bave et d’eternité”, del 1951) che hanno
profondamente influenzato tendenze come la poesia sonora, la scrittura visuale,
il cinema della Nouvelle Vague e dell’Underground americano, il Nouveau
Réalisme, risulta palese l’ampiezza e il carattere sistematico del tentativo di
rifondazione dell’arte contemporanea, compiuto da Isou lungo l’arco d’un sessantennio.”
Verrà magari il tempo in cui si tratterà Isou come quel genio che lui
diceva di essere senza essere creduto. Intanto, il tempo passato dalla morte di
Aragon affinché fossero dedicati due volumi della Pléiade alle sue OEuvres
poétiques complètes (3645 pagine)
è stato di venticinque anni. Sono trenta, invece, quelli passati dalla morte di
Jacques Prévert e Gallimard pubblica i testi scritti per il gruppo teatrale
Octobre: Sketches et choeurs parlés pour le Groupe Octobre - 1932-1936.
Siamo negli anni compresi fra le poesie pubblicate da “Bifur” e “Commerce”
e i films con Renoir e Carné. Sono anche passati cinquant’annni dalla morte di
Henri Calet e in Francia c’è chi esorta a rileggerlo (“uno dei più avvincenti
fra gli scrittori-giornalisti del XX secolo” ha scritto Jean Pierre Baril su “La
quinzaine”). Scrittori dimenticati se ne incontrano tanti fra le pagine critiche
di Albert Thibaudet proposte in un corposo volume di Gallimard (Rèflection
sur la littérature, Quarto, pag. 1754) curato da Antoine Compagnon e
Christophe Pradeau. Nel 2006 cadeva il settantesimo anniversario della morte
del grande studioso e critico francese. Laffont ne ha proposto le Réflection
sur la politique in un altro corposo volume (Bouquins, pag. 1044). Politicamente
moderato, come Bernanos seppe individuare nell’orrore per i massacri a spese
dei comunardi ciò che spinse Drumont a diventare quel che diventò. Non mancò
inoltre di segnalare il lato clericale del bolscevismo alla francese. Tomo tosto
è anche quello pubblicato da Belin che raccoglie sessant’anni di scritti di
Claude Lefort, dal giovane trotzchista che era al critico acuto di ogni
totalitarismo che diventerà (Le temps présent: écrits 1945-2005, pag.
1046). Per la loro parte, le edizioni Acratie propongono un’antologia di “Socialisme
ou barbarie”, la rivista fondata da Lefort nella cui storia si rinviene il
senso preciso del suo percorso e quello di altri famosi collaboratori (Castoriadis,
Mothé, Souyri, Lyotard).