Charles de
Jacques
un ateo e un romanziere
I motivi di tanta
rapidità nel tradurre La possibilità di un’isola
di Michel Houellebecq (Bompiani) e Trattato di ateologia di Michel
Onfray (Fazi) non abbisognano di alcuna attenzione né di maliziose
supposizioni. Houellebecq è ormai
da tempo scrittore di sulfureo successo in numerosi altri paesi, oltre
che in Francia, e il suo editore italiano non ha dovuto soffermarsi a
riflettere per deciderne la pubblicazione, avvenuta pochi giorni dopo quella
originale. Il trattato di Onfray
– che in Francia è stato quest’anno in vetta alle
classifiche della saggistica – capita invece in un momento nel quale
l’enfasi religiosa e la “rivincita” cristiana contro la
“secolarizzazione” è così alle stelle – al
punto di volerne far quasi discendere il destino di tutto il pianeta –
che una voce dissonante e apertamente atea fa spontaneamente discutere al di
là dei meriti reali. Di Houellebecq devo precisare di aver letto
soltanto il libro su Lovecraft e Le particelle elementari, e nessuno
dei due mi convinse, né mi convinse tutta la cagnara da “scontro
fra civiltà” venuta insieme ai successivi romanzi, poiché a
quel punto l’idea che mi ero fatto di uno scrittore banalotto resisteva
al puro stimolo della curiosità indotta dalla forte pressione mediatica.
A giudicare dall’accoglienza nei confronti del suo ultimo sforzo (a
parte, forse, la recensione di “Le monde”) sembrerebbe che lo
zolfo di Houellebecq sia durato soltanto il tempo di un fiammifero. Staremo a
vedere. Di Onfray ho letto pressoché tutto, e se anche non mi senta di
tesserne sperticate lodi, devo ammettere di leggere sempre con una certa
piacevolezza quel che scrive, e di solito scrive di “piacere”. Lo
stesso posso dire del suo ultimo libro. Mi hanno fatto sorridere quelle
recensioni che rimproverano ad Onfray le sue invettive, il suo ribellismo che
sa di sempliciotto, il condimento biografico dei suoi libri,
l’affermazione che il cristianesimo è indifendibile, il suo
ragionare su Dio che non può essere morto perché non è mai
esistito. Il segreto della banalità sfugge ai cavilli della teologia:
chissà che non ne abbia paura.