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Botto
Harlem Renaissance
Cherene Sherrard‐Johnson (edited by): A COMPANION TO THE HARLEM RENAISSANCE. John Wiley & Sons, 2015
Ben prima di Pavese e Vittorini, alla fine degli
anni Venti, quell'infaticabile poligrafo che fu Gian Dauli - sul quale ci ha
istruito innanzitutto Michel David - avviò in Italia la diffusione della nuova
letteratura americana, prima con la sua Modernissima e poi con le edizioni
Corbaccio di Enrico Dall'Oglio. Thornton Wilder, Sinclair Lewis, John Dos
Passos entrarono nel suo mirino (ma aveva messo gli occhi anche su Faulkner)
dopo essersi dedicato a Jack London e Upton Sinclair. Non si fermò tuttavia a
quelli che sarebbero diventati grandi classici della letteratura americana. Da
Corbaccio (pubblicato direttamente ne "i Corvi", l'antesignana delle
collane "tascabili" italiane) uscì, per esempio, nel periodo della
sua collaborazione con la casa editrice, Ebrei senza denaro, l'unico
romanzo del giornalista comunista Michael Gold.
Classico a tutti gli effetti della letteratura
americana è anche Claude McKay del quale Dauli pubblicò in Modernissima,
tradotto da Alessandra Scalero che reinventò in italiano il gergo razziale, Ritorno
ad Harlem. L'autore, "negro" di origini giamaicane, fu uno dei
precursori e poi un protagonista assoluto di quello che si sarebbe chiamato
"il rinascimento di Harlem", fenomeno che da noi, nelle sue pur varie
manifestazioni artistiche, ha avuto fino ad oggi scarsa letteratura. Ma non
finisce qui. Dauli pubblicò anche Sua Maestà nera di John W. Vandercook,
il romanzo su Henri Cristophe di un altro negro e, in particolare, pubblicò il
paradiso dei Negri di Carl van Vechten che se negro non era (era un
ebreo dello Iowa) entrò negli annali dell'Harlem Renaissance, non
senza sucitare controversie, con questo romanzo - gente di colore che
vorrebbe sbiancarsi - ma non solo.
Van Vechten si dedicò in seguito alla fotografia.
Bravo ritrattista, quando non era impegnato a fotografare nudi maschili,
ritrasse i protagonisti del "rinascimento" al quale - frequentatore
dei più diversi locali, collegato alle riviste di moda, ammiccante l'alta
società e amico di Gertrude Stein - portò quel tono mondano che conquistò gli
elementi più spregiudicati fra i bianchi danarosi. In un saggio di A
companion to the Harlem Renaissance, Belinda Wheeler osserva che il libro
di Vechten "fu un successo immediato che contribuì a rendere Harlem in
voga fra i bianchi. Molti Afro-americani, come Hughes, Thurman, Charles S.
Johnson, e Nella Larsen, sostennero il libro perché vi riconobbero
l'opportunità di far conoscere agli americani bianchi il nuovo stile di vita
Negro ad Harlem. Ce n'erano altri che furono di parere diverso, come Locke,
Cullen, e il potente Du Bois, che considerò il romanzo un affronto
all'intelligenza".
Interessante è notare la composizione dei due
gruppi. Se si prescinde dal fatto che Langston Hughes - cominciando col
frequentarne il salotto dove poteva incontrare grandi editori come Alfred Knopf
o influenti critici e polemisti come H.L. Mencken - fu un caro amico di Vechten
e lo rimase per tutta la vita (da vecchi furono fotografati insieme da Richard
Avedon), potrebbe un po' sorprendere trovare nel primo gruppo questo grande
diffusore della cultura Afro-americana (in una sorta di "lunga
rinascenza", come la definisce Cherene Sherrard‐Johnson, fatta di opere proprie, antologie e
agitazione) che, in qualità di comunista, poteva essere un probabile
stroncatore del carattere "piccolo-borghese" di certe manifestazioni
(ma lui stesso avrebbe avuto forti cedimenti, dei quali non smise di crucciarsi,
all'epoca del maccartismo). W.E.B. Du Bois, nel secondo gruppo, fu un critico
aspro dei leader pittoreschi tipo Marcus Garvey e si fece fautore di un buon
esempio da dare nell'alta cultura con un atteggiamento sostanzialmente
gradualista che si affidava al buon senso e ai comportamenti della buona
boghesia negra, quindi avrebbe dovuto trovarsi d'accordo con gli altri su
Vechten, ma così non fu.
Nel secondo gruppo troviamo inoltre Alain Locke,
professore alla Howard University di Washington. Sia Du Bois sia Locke
reggevano prestigiose riviste assai lette nell'ambiente della
"rinascenza": "The Crisis" il primo e "Opportunity"
l'altro. Con The New Negro: An interpretation - un'antologia che
comprendeva anche scrittori africani - Locke compilò quello che è probabilmente
da considerarsi il vero Manifesto dell'Harlem Renaissance ("seminal
volume" lo definisce Carla L. Peterson). Comunque, le ragioni del dissenso
fra i due gruppi vanno verosimilmente addebitate alle diverse concezioni della
letteratura, "modernista" e "bluesy" quella del primo ed
elevata e "ottocentesca "quella del secondo.
A companion to the Harlem Renaissance non è un vero manuale se non
nel senso più strettamente accademico del termine. È una raccolta di saggi
incentrati essenzialmente sulla letteratura (anche un capitolo sui "race
records" li mette in relazione all'attività di Hughes e insignificante è
l'apporto in relazione alle arti figurative tanto che non vengono citati né
Beauford Delaney né Jacob Lawrence) dove accanto a discorsi di carattere
generale e toretico (dal "black marxism" alla sessualità) si incappa
in qualche monografia su singole personalità, come le pagine dedicate a Zora
Neale Hurston. La Hurston, allieva di Boas e anche lei fequentatrice abituale,
sempre elegante, del salotto di Vechten. combinò la produzione letteraria con
la raccolta minuziosa e vasta di testimonianze orali, riconducibili in
particolare all'hoodoo, fra i neri del meridione e poi ad Haiti e in Giamaica.
Per l'acquisizione di materiale inerente i canti di lavoro consigliò e
accompagnò in giro per l'America anche un giovane Alan Lomax. Oggi la sua
figura di scrittrice è completamente annessa alla cultura ufficiale benché non
manchino coloro che storcono il naso di fronte alle ricerche svolte in ambito etno-culturale.
Nel Companion si trovano anche dei veri e
propri recuperi, come quello di Nella Larsen. Il saggio di Kathy L. Glass
sottolinea che "fu una delle tante scrittrici del Rinascimento di Harlem
relegate alle ultime pagine della storia letteraria del movimento ".
Eppure, insignita di un Premio Guggenheim nel 1930, fu ampiamente sostenuta da
Du Bois, James Weldon Johnson, Walter White e dallo stesso Carl Van Vechten.
Ciò non toglie che sia stata definita "la donna del mistero" del rinascimento
di Harlem. Da anni le sue opere non vengono ristampate.
“Fogli di Via”, marzo-luglio
2015