le voci che corrono

Homer & Langley

Edgar L. Doctorow, Homer & Langley, Mondadori, 2010

Ispirata a un famoso fatto di cronaca della New York del primo Novecento, la storia dei fratelli Homer e Langley Collyer assume nella rivisitazione di Doctorow, maestro nell'amalgamare avvenimenti reali con episodi romanzati, i contorni del mito. Homer, il fratello cieco, e Langley, tornato semifolle dalla Grande Guerra, sono due rampolli di una famiglia benestante che nel corso dei decenni trasformeranno il loro palazzo in un delirante ricettacolo di ciarpame, dove vivranno come reclusi fino a rimanere sepolti sotto le tonnellate di spazzatura da loro stessi accumulata. Questi personaggi tragici ed emblematici, che hanno perfino dato il nome alla cosiddetta "sindrome di Collyer", diventano la metafora di un mondo e lo specchio di un lungo periodo della storia americana. Homer e Langley, benché rinchiusi nella loro folle utopia, saranno infatti testimoni di tutti gli avvenimenti fondamentali di quegli anni, dalle guerre ai movimenti politici, dal progresso tecnologico a una serie di personaggi indimenticabili, immigrati, gangster, musicisti jazz, hippy.

L’Editore

§

«Radunare tutta la vita americana in una sola edizione»: questa era l’idea dei fratelli Homer e Langley Collyer, realmente esistiti nella New York del primo Novecento e oggi protagonisti del nuovo romanzo di Edgar Lawrence Doctorow Homer&Langley (Mondadori, pagg. 216, euro 19). Doctorow è un autore amatissimo negli Stati Uniti, ma non solo: tradotti in oltre 30 paesi, i suoi romanzi hanno sempre suscitato polemiche e plausi. Eppure in Italia resta di culto. Siamo lontani dalle vendite dei thrilleristi svedesi e dai compagni di merende del noir italiano, ma siamo anche ad un altro livello: Doctorow fa letteratura, non intrattenimento. Il che non significa che la sua scrittura sia complessa; anzi, è ricercata ma popolare. In Italia, purtroppo, alcuni suoi libri sono da tempo fuori catalogo: possibile che un capolavoro come Ragtime sia introvabile? La speranza è che Homer&Langley abbia un tale successo da far colmare queste lacune editoriali.

Gian Paolo Serino, “il Giornale”, 13 giugno 2010

§

Cosa l’ha spinta a lavorare sulla storia dei fratelli Collyer?
«Be’, è gente che ha una specie di statura mitica, qui a New York. Persone benestanti, ricche, membri della società che a un certo punto la rifiutano, la chiudono fuori. È una storia che tutti ti raccontano con meraviglia, ma è una storia tutt’altro che eccezionale, in America».
Vuol dire che è una storia esemplare?
«È una storia che si ripete, da noi. Ne trova esempi in ogni epoca. Sottrarsi al proprio mondo, mollare tutto... Prenda gli intellettuali, per esempio. C’è Thoreau che se ne va nei boschi, Kerouac e i beat che si buttano sulla strada, oppure Salinger, che si nasconde in provincia, taglia i ponti col mondo delle lettere, non vuol più parlare con nessuno...».
I fratelli Collyer non vanno da nessuna parte, però. Se la squagliano, per così dire, restando dove sono.
«Sì, è questa la cosa affascinante, di loro. Homer e Langley per tutta la vita non si allontanano mai dalla casa dove sono cresciuti, dal parco che le sta davanti, dall’isolato dove sorge. E invece di lasciarsi tutto dietro, come quelli che partono e dicono addio a ogni cosa, si portano tutto dentro. I detriti della civiltà che gli altri abbandonano, loro li accumulano all’interno della propria abitazione».

E.L. Doctorow a Maria Giulia Minetti, “la Stampa”, 17 giugno 2010