Carlo Luigi Lagomarsino
giovani
Jon Savage, L'INVENZIONE
DEI GIOVANI, Feltrinelli, 2009
Matt Mason, PUNK
CAPITALISMO, Feltrinelli, 2009
Matteo Guarnaccia, RIBELLI
CON STILE, Shake, 2009
Perché
chiedersi se sia nato prima l'uovo o la gallina quando nell'immagine della
creazione si è nati giovani? Maturo e attempato, piuttosto, pare fosse il creatore.
Si sa che i giovani si ribellano ai padri, non c'è da stupirsi se noi umanità
gli abbiamo poi disobbedito. Che questa disobbedienza abbia avuto la
conseguenza di consegnarci al tempo è probabilmente terribile. ma ormai, per
quanto la rassegnazione non sia unanime, ci abbiamo fatto il callo. Si è dunque
giovani a tempo ma è convinzione comune che generazione dopo generazione, tutte
abbiano avuto i loro giovani. Nulla come l'argomento della gioventù è tuttavia
contrario alle comuni convinzioni. Malgrado la convinzione comune sia che i
giovani esistano da quando c'è l'umanità, non ci si deve per questa ragione
stupire se qualcuno possa arrivare a sostenere che la loro presenza sensibile
risalga a poco più di un secolo fa.
Un
autorevole tomo curato da Hobsbawn e Ranger fu clamoroso nell'affidare
tradizioni che sembravano vetuste a moderne invenzioni e Karl Polaniy posticipò
di secoli la nascita del "capitalismo, comunemente affidata ai Comuni e
alle Repubbliche dell'Italia medievale, alle Fiandre, ai Principati tedeschi.
Ma si tratta di "revisionismi" che non stentano a considerare
ammissibili nemmeno coloro che si mettono in allarme al solo udire la parola.
Affermare tuttavia che la creazione dei giovani consista in un processo che si
è iniziato a sviluppare verso la fine del XIX secolo lascia perplessi senza che
entrino in gioco pregiudizi o avversioni: è sufficiente il buon senso. Jon
Savage si è preso la briga di affermarlo ed ha seguito questo processo
fermandosi appena prima di quello che eventualmente il buon senso indicherebbe
come il suo culmine esplosivo, i giovani dopo il 1945.
Certamente
lungo la storia la gioventù è stata avvertita non soltanto nella sua naturale
evidenza, ma attraverso rituali e associazioni che per un verso la separavano
dal mondo adulto e per l'altro l'avviavano alle sue responsabilità. Parlare
dunque di "creazione" (come recita il titolo originale del libro) o
di "invenzione" (come nella variazione scelta per il titolo italiano
che l'avvicina al classico di Hobsbawn) parrebbe una forzatura, anche limitando
i termini a questi paletti separativi. Eppure il loro uso, per quanto
spregiudicato, non si oppone al senso comune che vede nei giovani moderni
assolutamente moderni un nuovo soggetto economico, politico e sociale. Casomai
le obiezioni da muovere al libro di Savage sono altre rispetto all'assunto
suggerito dal titolo.
Che ci
si debba dare un punto di partenza sufficientemente significativo e simbolico è
ovvio, ma la storia scelta, quella delle diciassettenne franco-russa Marie
Bashkirtseff morta di tisi, è di per sé significativa (lo sono senz'altro le
sue pagine di diario) ma è altrettanto poco simbolica e molto accidentale. Sul
piano di un simbolico inizio - per quanto lo si anticipasse di una ventina
d'anni - avrei scelto, per esempio, una storia, studiata in psichiatria, come
quella di Phineas Gage, un giovane operaio delle ferrovie al quale un tondino
di ferrò perforò il cranio, dopo di che la sua personalità mutò radicalmente.
Nel
contesto del racconto di Savage ci stanno anche Peter Pan e la Dorothy
del Mago di Oz, nonché i profili dei loro autori, ma non con
l'importanza che viene loro attribuita. Avrebbe fatto comunque meglio, a mio
parere, anticipare l'analisi di Adoloscence dello psicologo americano G.
Stanley Hall per tenersi poi sul divagante con gli elementi ricordati.
Si
tratta in fin dei conti di inezie. Ne L'invenzione dei giovani ci si
trova per la verità alle prese con un vasto e documentato studio che attraversa
"gang di New York",
Wandervogel tedeschi, "apache" parigini su su fino ai giovani
dello swing e alle allusive opposizioni giovanili all'intruppamento nazista.
Una ideale premessa a libri paradossalmente usciti molto prima - da quelli di
Harrison L. Salisbury a quelli di Dick Hebdige, con per giunta puntate nei
saggi di Ernesto De Martino - che trattano la questione giovanile nei caratteri
sensazionali coi quali si è presentata dopo il 1945.
Uno
sguardo d'assieme - prima e dopo la seconda guerra mondiale - lo fornisce
tuttavia l'ampia schedatura che Matteo Guarnaccia, uno specialista delle
"controculture", in maniera per nulla scontata (a suo maggior plauso
in un'epoca che dispone di Wikipedia) ha congegnato per Ribelli con stile.
Viceversa ho trovato insipido il libro di Matt Mason, basato in sostanza
sull'adagio che si è ribelli a vent'anni e reazionari a quaranta. Nel caso
specifico si vorrebbero diminuire i vent'anni attraverso lo sfruttamento
economico che qualcuno ne ha fatto quando ha raddoppiato l'età. Embè?
“Fogli di Via”, Marzo 2010