Wolf Bruno
relativi
assoluti
Alla fine della scorsa primavera sono usciti due libretti che trattano,
da punti di vista divergenti, la questione del “relativismo”, peraltro rinforzata
nelle cronache dai moniti neopapalini del soave (ma ho idea solo
nell’apparenza) Ratzinger. Tutti e due portano con disinvoltura titoli assai battaglieri. Il
primo è di Giovanni Jervis – a suo tempo psichiatra cappellone – e si pone
senza mezze misure Contro il relativismo (Laterza, Bari 2005). Il secondo –
libricino più dell’altro – lo si deve a Giulio Giorello e rivendica l’essere Di
nessuna chiesa (Raffaello Cortina, Milano 2005). La fascetta di
quest’ultimo alimenta per giunta il fuoco: “i laici tendono a difendersi, è
tempo di attaccare” e Giorello già nelle primissime pagine, con la sola forza
della schiettezza, attacca: “troppo spesso si dimentica che il contrario di
relativismo è assolutismo”. Perfetto! Non c’è da dire granché di più, 70 paginette
per niente fitte si fanno leggere in una sola e sollazzevole botta cui l’ampia
marginatura fornisce un’eleganza demodé. Diverso il caso del Jervis, che ha i
caratteri “giustificati” quasi a bordo pagina per infittire un racconto che in
massima parte dà l’impressione della propria resa dei conti con dei fantasmi i
quali, se hanno ormai poco da tormentare, si librano pur sempre severi dagli
scheletri presenti nell’armadio di casa, siano essi - gli scheletri - quelli
dell’antropologia culturale, della psichiatria o del “sessantotto”. Sono pagine
comunque non sgradevoli che il tono affine a una certa “storia delle idee”
mitiga nelle intenzioni polemiche, peraltro banalmente giocate sull’illimitato
valore di nuove acquisizioni alle cui spalle piombano nel ridicolo – senza
salvarne nemmeno la ricerca empirica che in generale si vorrebbe difendere – le
passate infatuazioni. Anche nel caso del libretto di Jervis la parte
inderogabile è affidata a una sintesi avida di franchezza ma in questo caso
nient’affatto brillante, piuttosto confusa e imparagonabile all’icastica
rapidità della constatazione di Giorello. Il relativista per Jervis è un
soggettivista e il soggettivismo è idealista, dunque ogni soggettivista pensa
al mondo come irreale fuori dalla propria rappresentazione. L’individuo
concreto, naturalmente determinato, che soggettivamente ed empiricamente scopre
il mondo – e dunque, insieme a vari motivi di amore e odio, i limiti della
propria azione – per Jervis non esiste, però al suo opposto c’è l’empirista ...
Fine.