Jean Montalbano

Ginsberg recordet

Allen Ginsberg: At Reed College: The First Recorded Reading Of Howl & Other Poems (2021)

Ricordiamo in tanti il festival dei poeti a Castelporziano del 1979 in cui sembrò arenarsi, con una certa volontà di associare assemblearismo e poesia, lo stesso tragitto pluridecennale dei beat, là eletti a vedette del cartellone. Ma se da noi la lettura live

del poeta profumava ancora di “evento”, per Ginsberg, catalizzatore rasserenante di quell'appuntamento, il collaudo in diretta era sempre stato un passaggio naturale prima della definitiva e/o provvisoria stampa, test itinerante per saggiare la sua sintonia col popolo americano. Certo negli ultimi anni il pubblico cui si associò non era tanto quello scelto e sparuto delle librerie quanto quello scomposto e indisciplinato dei raduni rock, ma il momento del reading risultava sempre la dimensione congeniale, accompagnata da una poco appariscente vena blues, viva e persistente sotto il suo essere associato al be bop del dopoguerra o alle frequentazioni dei Grateful Dead o Dylan dei decenni successivi.

La più vecchia registrazione finora conosciuta di Howl, la cui prima lettura risale all'ottobre 1955 a San Francisco, datava marzo 1956 a Berkeley; quella pubblicata oggi da Omnivore Recording (etichetta specializzata in documenti storici, già suoi i precedenti Last  Word on First Blues e William Blake del Nostro) del 14 febbraio 1956 al Reed College di Portland, Oregon (e lì conservata negli archivi per decenni) è dunque ancora precedente. Grazie ad un microfono ravvicinato sentiamo voltare le pagine o il respiro del poeta-come-sassofonista prendere fiato; i toni variano per il fraseggiare bop alleato alle sequenze ritmiche del parlato comune (appreso da William Carlos Williams). L'esecuzione è per sola voce senza accompagnamento strumentale, come avverrà poi in futuro (spesso all'harmonium, vedi Future Blues a metà anni settanta) e, secondo l'insegnamento jazzistico, lascia spazio a variazioni rispetto al testo a stampa di pochi mesi successivo (la fine, inattesa, arriva quando il trentenne Ginsberg, emotivamente sopraffatto nella progressione drammatica, chiede ai presenti di poter interrompere la lettura, dopo averli avvertiti del venir meno delle forze) e, pur nella complessiva sobrietà del reading, spesso è contrappuntata dalle risatine dell'audience. Proprio la dimensione del piacere e dello spasso sarà la più sacrificata quando si tratterà di far passare la poesia beat al di qua dell'atlantico; gli eredi di Whitman o Pound verranno gravati di una missione palingenetica cui per primi si riconoscevano, libertariamente, inadeguati. La patente dell'impegno era più nell'occhio di chi ne agevolava la traduzione e l'acclimatamento, forzandone, sotto lo striscione della controcultura, l'arruolamento nei movimenti preparatori del famigerato sessantotto. Gesto che ripeteva d'altra parte, anche nell'equivoco, il giudizio che la retriva e conservatrice Portland dava del Reed College come covo di dissoluti e non conformisti. Giudizio cui la stessa istituzione scolastica ironicamente e fieramente rispondeva, lasciando circolare magliette con il motto  Comunismo, Ateismo, Amore Libero” e qualcosa di vero doveva esserci se il suo modo di festeggiare San Valentino consistette, quell'anno, nell'invitare Allen Ginsberg.

Tra le altre poesie che completano la registrazione ci sono “Epithalamion” ancora col titolo “Love Poem On Theme By Whitman”, “A Supermarket In California” e “Blessed Be the Muses”, lette senza sfoggi virtuosistici o gigioneschi, prima che le suggestioni dei mantra e dei sutra indirizzassero Ginsberg verso “esecuzioni” maggiormente improvvisate. Chissa se desiderava farne un folk-hero il Dylan che gli regalò un registratore, consigliandogli di imparare a suonare uno strumento; di sicuro lo incoraggò a frequentare altri palchi, confortandolo nel passaggio dal libro di carta al medium ritenuto (ecologicamente) più coerente col credo buddista abbracciato in quegli anni, ovvero l'assunzione consapevole di una calcolata impermanenza del testo (”Perché scrivere poesia su carta quando bisogna abbattere alberi per fare libri di poesia?). E la percezione poundiana, secondo cui canto e poesia procedevano insieme ben prima che s'inventasse la stampa, alla fine intuita, dopo tanto girovagare per orienti, nel giardino orfico di casa propria.

per “fogli di via”